
L’ex presidente della Commissione contro l’unanimità in Europa. Proprio adesso che Giorgia Meloni blocca il Mes. Elly Schlein si accoda.Ieri l’ex premier Romano Prodi è parso piuttosto perentorio. «Il passaggio progressivo di potere dalla Commissione al Consiglio ha portato a un cambiamento radicale accompagnato da uno dei drammi dell’Europa, ovvero il diritto di veto e l’aumento degli estremismi e dei populismi», ha detto Prodi partecipando al Forum organizzato da Pd dal titolo «Sociale, verde, giusta: l’Europa che vogliamo».Per questo, come ha ribadito, «sono due le direzioni in cui il riformismo si deve spingere: la fine dell’unanimità, perché con l’unanimità non si governa nemmeno un condominio, e perché l’Ue ha diversi livelli di integrazione». In linea teorica l’affermazione del professore ha un senso. La sola possibilità che uno Stato membro dell’Ue possa opporsi con un veto e questo basti a far naufragare qualunque trattativa europea, rende di fatto la governance di Bruxelles piuttosto fragile. Poi dipende da temi e dal ricasco che hanno sulla politica e la vita dei singoli Stati membri. Perché se eliminando il diritto di veto i singoli Paesi si vedono imposte anche le singole leggi di Bilancio grazie al voto degli altri, si rischia di sfociare in una Unione antidemocratica. Fa pensare poi che a dirlo sia uno dei fondatori di quella che oggi è l’Unione europea e che lo si dica in questi giorni in cui si discute del Mes e del Patto di stabilità, con l’Italia che non ha ratificato l’ultima versione del fondo salva Stati. Senza considera che bocciare il diritto di veto Ue potrebbe apparire anche antidemocratico perché significa cambiare le regole del gioco in corsa e un Paese membro potrebbe vedersi approvate ad esempio regole di bilancio non condivise.Giorgia Meloni, del resto, non ha lasciato nulla al caso facendo sapere già giorni fa che «non esclude nessuna opzione». E dopo la due giorni del Consiglio europeo di Bruxelles, la premier ha detto che ci sono ancora distanze sulla nuova governance economica. «Dobbiamo tenere aperte tutte le strade finché non sappiamo qual è il punto di caduta. Non posso dare l’ok a un Patto che nessun governo potrebbe rispettare», ha ribadito anche ieri la Meloni. Le frasi di Prodi, insomma, sembrerebbero dette proprio con lo scopo di mettere in difficoltà il governo in questa difficile decisione. Anche perché, prima di Prodi, sul tema dell’unanimità si erano già espressi in molti. «Bisogna sbarazzarsi della regola dell’unanimità per passare a quella della maggioranza su temi fiscali come su altri temi», aveva sottolineato il ministro delle Finanze di Parigi, Bruno Le Maire a metà 2022. «Perché questo dona a qualunque Paese potere di veto». A maggio di quest’anno il cancelliere tedesco, Olaf Scholz aveva fatto sapere che «non è l’unanimità, non l’accordo al 100% su tutte le decisioni che crea la massima legittimità democratica possibile, ma la ricerca di compromessi che rendano giustizia anche agli interessi della minoranza. Questo è esattamente ciò che intendiamo per democrazia liberale», aveva sottolineato. Senza considerare che anche l’ex premier Mario Draghi e il presidente Sergio Mattarella avevano già ribadito la loro contrarietà al tema dell’unanimità nell’Ue.Un concetto ribadito peraltro ieri anche dalla stessa segretaria del Pd, Elly Schlein, durante l’evento organizzato dal suo partito. «Riformare i trattati, superare l’unanimità, perché è impossibile pensare di fare avanzamenti sociali fondamentali finché qualunque Paese può mettere un veto per interessi nazionali come abbiamo visto fare a Orban», ha detto ieri Schlein riferendosi al veto ungherese per gli aiuti all’Ucraina.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.