2019-10-02
Pompeo ci vuole allineati sull’Iran
Il braccio destro di The Donald in visita in Italia chiede di seguire la linea morbida di Washington su Teheran in funzione anti Cina. Ultima chiamata per il governo Conte.In questi giorni Mike Pompeo, segretario di Stato Usa e fidato braccio destro di Donald Trump, si trova nel Bel Paese. Tra i messaggi che consegnerà ai suoi contatti (dal presidente Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte fino al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oltre che a papa Francesco) vi sarà anche una richiesta di chiarimento della posizione del nostro Paese sul dossier iraniano. Pompeo - che ieri ha potuto conoscere anche Le Iene che con un blitz gli hanno consegnato una forma di Parmigiano in segno di protesta contro i dazi - farà notare che la strategia Usa porta risultati e che ci si attende un'Italia più schierata a favore di Washington. Donald Trump, infatti, sta nuovamente deludendo chi lo taccia di ignoranza e non sta agendo da guerrafondaio, togliendo cartucce ai suoi detrattori. Le dimissione forzate dell'oramai ex consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton hanno eliminato l'ultimo vero falco all'interno della Casa Bianca e confermato che Trump con Pompeo, rimane legato al rispetto delle sovranità altrui. Trump, anziché attuare la strategia di gestione delle relazioni internazionali tipica del primo impero romano, fondata sul controllo territoriale, ha optato per la strategia d'influenza portata al suo massimo splendore dalla corte bizantina. Sulla questione iraniana questo significa che, anche se le posizioni di Teheran sono per gli Usa inaccettabili Trump ha scelto di aumentare la pressione internazionale in modo da far deflagrare lo scontro politico interno. Lo ha dimostrato il lancio della proposta di una «coalizione per la speranza» tra i Paesi del Golfo da parte del presidente iraniano Rouhani per gestire le tensioni nella regione. Si tratta di una mossa diplomatica parallela e in risposta alla missione di sicurezza marittima gestita dagli Usa in coordinamento con Regno Unito, Australia, Bahrein e Arabia Saudita con il compito di garantire la sicurezza della navigazione nelle rotte del Golfo Persico, del Golfo di Oman, del Mar Rosso, dello Stretto di Hormuz e di Bab El Mandeb. La proposta iraniana è un velato messaggio di cooperazione basato su due punti fondamentali. Il primo è l'accettazione del presupposto che i flussi di petrolio vanno mantenuti stabili, il secondo che l'Iran sta provando ad aumentare la propria posizione negoziale. In una prima versione della coalizione infatti erano esclusi i Paesi occidentali. Una posizione attenuata dal ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, a cui ha fatto seguito un passo in avanti dello stesso Rouhani che si è dichiarato pronto a perdonare gli errori commessi dagli avversari. Il passaggio della Francia, del Regno Unito e della Germania sulle posizioni di Trump sulla necessità di rivedere l'accordo sul nucleare ha ulteriormente indebolito i falchi di Teheran che rischiano ora di far rimanere il proprio Paese senza riferimenti legali e diplomatici favorevoli. Trump da parte sua ha fatto capire di essere disposto, una volta intavolate le trattative, ad approvare un primo pacchetto di aiuti finanziari di sostegno all'economia iraniana. Vi è inoltre un ulteriore indizio del fatto che la Casa Bianca non ha alcuna intenzione seria d'avventurarsi in un cambio di regime sulla punta delle baionette. Il porto iraniano di Chabahar è stato escluso dalle sanzioni. Nella visione americana, e in quella del suo alleato indiano che tanto vi ha investito, Chabahar si contrappone al potenziamento del porto pachistano di Gwadar sotto il protettorato cinese. Non potendo da tempo più contare su un'alleanza con Islamabad gli Usa puntano su Chabahar quale porto di Kabul e quale baluardo di contenimento dell'influenza marittima cinese. La connessione Chabahar-Kabul dovrebbe rappresentare in futuro la direttrice di sviluppo economico della regione Asiatica centrale di spettanza americana. Una guerra potrebbe inficiare i piani di lungo termine ma anche creare qualche problema di smobilitazione alle truppe occidentali dall'Afghanistan. Per questi motivi Mattarella, Conte e Di Maio si stanno giocando un'occasione importante con Washington, dopo il passo falso relativo al dossier cinese.