2025-09-01
Più immigrazione e meno welfare: la triste eredità politica della Merkel
Il governo Merz deve fare i conti con la crescita della spesa previdenziale, la crisi dell’occupazione, la sanità al verde e l’integrazione fallita degli stranieri accolti. L’Spd vuole alzare la tasse, Cdu e Csu chiedono tagli.L’offerta di case scarseggia, frenata da burocrazia e balzo dei costi. I canoni di affitto salgono, i rendimenti scendono.Lo speciale contiene due articoliDopo gli equivoci sulla presunta efficienza del «modello tedesco», ecco arrivare la realtà, ovvero le tensioni sullo stato sociale. Nel 2024 il totale della spesa sociale in Germania ha raggiunto 1.300 miliardi di euro (il 31% del Pil). I contributi a carico di lavoratori e imprese per pensioni, sanità, disoccupazione e assistenza sono circa il 42% della retribuzione lorda e saliranno al 45%. I tedeschi versano più del 40% del loro reddito da lavoro in tasse, cifra vicina al massimo storico.Secondo uno studio Ifo, la spesa per l’assicurazione pensionistica obbligatoria passerà dal 9,4% del Pil del 2019 all’11,1% nel 2050, e l’aliquota contributiva media dal 18,6% al 22%. La spesa per i sussidi federali salirà da 100 a 154 miliardi di euro. Il governo Cdu/Spd intende garantire il livello pensionistico al 48% fino al 2031, sospendendo il «fattore di sostenibilità» della formula, ma questo avrà un costo vicino a 10 miliardi nel 2030.Gli economisti dell’Ifo suggeriscono di abolire la pensione a 63 anni (possibile con 45 anni di anzianità) e legare l’età pensionabile alla speranza di vita. Il ministro dell’Economia, Katherina Reiche (Cdu), ha indicato l’innalzamento dell’età pensionabile come necessità, ma la Spd ha respinto l’ipotesi. Monika Schnitzer (presidente del Consiglio degli esperti economici) giudica «non a prova di futuro» la previdenza sociale e chiede di evitare nuovo debito non destinato a investimenti. Schnitzer, memore della lezione di Elsa Fornero, afferma che è necessario affrontare il tema dell’età pensionabile e la dinamica delle prestazioni. Curioso che le battaglie per queste politiche vengano spesso intestate a donne.Il governo propone l’estensione obbligatoria del sistema pensionistico pubblico a ripartizione ai dipendenti pubblici (che hanno una loro cassa finanziata direttamente dallo Stato e non da contributi). Ma l’Associazione dei datori di lavoro (Bda) boccia l’ipotesi, perché comporterebbe risparmi nell’immediato ma maggiori oneri per lo Stato nel lungo termine.Il governo studia una sorta di «pensione anticipata» per i minori (10 euro/mese dai 6 ai 18 anni su piani azionari, per un costo annuo stimato di 1,5 miliardi di euro), per «alfabetizzare finanziariamente» e integrare le future pensioni. Secondo le ipotesi del governo, la dote iniziale varrebbe circa 2.200 euro a 18 anni e - senza altri versamenti - 65.000 euro dopo 50 anni (nominali, non reali).Non va meglio sull’immigrazione. La grande manovra di Angela Merkel, l’integrazione in Germania di milioni di rifugiati («Ce la possiamo fare», disse il 31 agosto 2015 la cancelliera) non è riuscita. E pensare che l’allora ad di Daimler, Dieter Zetsche, dichiarò che, sebbene accogliere centinaia di migliaia di rifugiati fosse una sfida, avrebbe potuto anche «gettare le basi per il prossimo miracolo economico tedesco». Come no. Il Segretario Generale della Cdu, Carsten Linnemann, qualche giorno fa ha detto: «Dal 2015, 6,5 milioni di persone sono arrivate da noi e meno della metà ha un impiego: lo trovo a dir poco insoddisfacente». Per quanto riguarda i rifugiati, si contano circa 1,1 milioni di occupati tra i principali Paesi d’origine dei richiedenti asilo e dall’Ucraina. Però, il tasso di occupazione dei rifugiati degli otto Paesi a maggiore afflusso è 47,6%, contro il 56,8% della popolazione straniera complessiva. Tra i rifugiati ucraini questa percentuale è molto bassa, intorno al 35%. Spesso questi lavoratori sono sotto-inquadrati e con salari inferiori alla media. Intanto l’industria perde posti di lavoro: -114.000 in un anno (giugno su giugno) attestandosi a 5,42 milioni di occupati, con -51.500 nel solo automotive (-7%).Le casse della sanità pubblica (Gkv) sono in difficoltà. Le riserve a fine 2024 erano pari a circa 2,1 miliardi (sotto la soglia minima legale). Il ministro della Salute, Nina Warken (Cdu), propone di finanziare con le tasse i contributi sanitari dei percettori del reddito di cittadinanza (circa 10 miliardi l’anno). L’economista Wolfgang Greiner invoca le celeberrime riforme strutturali: riforma ospedaliera con eliminazione di duplicazioni, standard di qualità basati su volumi minimi, più assistenza ambulatoriale. Se vi suona familiare è perché noi italiani ci siamo già passati, negli anni dei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni.La spesa per il reddito di cittadinanza (Bürgergeld) ha raggiunto i 52 miliardi per il 2025. Quasi metà dei beneficiari nel 2024 non aveva cittadinanza tedesca; ai soli ucraini sono andati 6,3 miliardi. La Ba (Agenzia federale per l’impiego) ha le casse vuote e per il 2026 è previsto un prestito federale di 3,8 miliardi. Il governo valuta risparmi a partire dal 2026, ma Andrea Nahles (Ba) li definisce ardui con disoccupazione vicina ai 3 milioni di persone e una ampia platea di «integratori» (occupati poveri che integrano salario con sussidi). Il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato che «lo stato sociale così com’è non è più sostenibile» e ha annunciato un autunno di riforme. Detto fatto, una apposita Commissione elaborerà entro fine 2025 proposte su reddito di cittadinanza, assegno per gli alloggi e integrazione per i figli. La Cdu, tramite il segretario generale Linnemann, chiede un «cambio di paradigma» e ribadisce il suo no ad aumenti di tasse. La Spd del vicecancelliere e ministro delle Finanze Lars Klingbeil insiste sul maggiore contributo di redditi e patrimoni elevati, aumentando le tasse sui redditi maggiori e l’imposta di successione. Ricette che, già sappiamo, non faranno che peggiorare la situazione. Alla Spd non piace l’idea dei piani pensionistici azionari per i minorenni e il sindacato Ig Metall bolla l’idea come «pericolosa».La Csu di Markus Söder propone l’abolizione del reddito di cittadinanza, tagli ai sussidi green, risparmi su immigrazione e riduzione dei sussidi all’alloggio, e chiede tagli fiscali per Pmi. All’interno della Cdu cresce l’insofferenza verso il governo. C’è chi chiede «meno annunci e più risultati» e c’è la pressione a consegnare in fretta le riforme su pensioni, assistenza sanitaria, reddito di cittadinanza evitando però una crisi di coalizione.Insomma, la Germania non si sente molto bene. L’ondata migratoria del 2015 si è rivelata un boomerang: dopo dieci anni, molti rifugiati restano senza lavoro o in lavori a bassa qualifica, mentre è aumentata l’incidenza degli stranieri tra i beneficiari del reddito di cittadinanza. L’ingresso di immigrati sostiene l’occupazione totale, ma si concentra su segmenti a bassa retribuzione, aumentando la pressione al ribasso sui salari e rafforzando la richiesta di salario minimo e sussidi integrativi.La coalizione Cdu/Csu e Spd è divisa su strumenti, tempi e finanziamenti delle riforme. Nella Cdu crescono pressioni interne su Merz per risultati rapidi, mentre proposte come l’innalzamento dell’età pensionabile alimentano tensioni.Insomma, la situazione è vicina ad esplodere, dato il paradigma tedesco. Sembra un film già visto e in effetti lo è: qui in Italia sappiamo perfettamente come finirà.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/piu-immigrazione-e-meno-welfare-la-triste-eredita-politica-della-merkel-2673943666.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="immobiliare-a-picco-le-aziende-falliscono-e-i-prezzi-aumentano" data-post-id="2673943666" data-published-at="1756627989" data-use-pagination="False"> Immobiliare a picco: le aziende falliscono e i prezzi aumentano Il mercato immobiliare tedesco zoppica da parecchio, ma ora una ripresa dei prezzi può diventare l’inizio di una nuova crisi. Qualche numero. Nel secondo trimestre il Verband Deutscher Pfandbriefbanken (Vdp, Associazione delle banche di credito immobiliare) registra in Germania un +3,9% dei prezzi su base annua (+1,0% sul trimestre). Il traino è il settore residenziale (+4,1%), con gli immobili plurifamiliari a +5,6%. Nelle sette maggiori città i canoni di affitto dei nuovi contratti crescono invece del +4,3%. Eppure, i rendimenti da locazione - il guadagno annuo atteso rapportato al prezzo - calano dell’1,9% (Top-7 -1,6%). Perché? Perché il prezzo d’acquisto cresce più dei canoni: il rapporto prezzo/canone si allarga e ciò che rientra ogni anno si assottiglia. Con tassi che non sono più a zero, il portafoglio soffre.Il quadro a livello locale lo conferma. A Francoforte e Colonia i valori d’acquisto sono oltre il +5% rispetto al 2024, ma il rendimento scivola. Il vecchio rapporto di valore tra prezzo e canone (l’uno 20-25 volte l’altro) è sempre meno frequente. Gli investitori possono contare sulla rivalutazione futura, ma nel frattempo il flusso di cassa è più magro, nonostante canoni in rialzo. I proprietari provano a raddrizzare i conti alzando gli affitti, spinti anche da costi cresciuti: tra marzo 2020 e marzo 2025 i prezzi al consumo sono saliti di circa il 21%, i costi di costruzione fino a +25%. In Assia, nello stesso periodo, i canoni sono aumentati di appena il 10%. Quando la forbice resta aperta, la tentazione è scaricare la pressione sugli inquilini.Mentre i canoni corrono, ma non abbastanza, l’offerta latita. Sul fronte dei permessi si intravede una ripresa (+7,9% a giugno), ma da basi assai depresse. I completamenti delle costruzioni previsti per il 2025 difficilmente supereranno le 200.000 unità, contro un fabbisogno strutturale ben oltre le 300.000. La filiera è zavorrata da quattro freni: materiali più cari, finanziamenti meno generosi, burocrazia che allunga tempi e costi, carenza di manodopera qualificata. La costruzione in serie viene spesso utilizzata per ridurre i costi, ma le banche hanno stretto i cordoni della borsa e i materiali costano di più. Risultato: la richiesta di case sale, ma le case non si costruiscono, hanno tempi di consegna lontani, e i prezzi salgono.Sul versante finanziario, il termometro da guardare è l’insolvenza delle aziende del settore. Il tribunale di Amburgo ha aperto le procedure fallimentari per otto società del perimetro Magna Real Estate, un nome notissimo in Germania. Poco dopo, la corte di Francoforte ha dato il via all’insolvenza di Benchmark, developer attivo tra uffici, hotel e residenziale. Nel mezzo, il 5 agosto, a Wiesbaden è stato aperto il fallimento del fondo Wohnimmobilien Deutschland 2, con perdite pesanti in vista per gli investitori.Il segnale più rumoroso è quello del Trianon. No, niente a che fare con la reggia di Versailles, si tratta del grattacielo di 186 metri nel cuore di Francoforte. Messo in vendita nell’ambito di una procedura d’insolvenza del proprietario, con un fardello debitorio nell’ordine dei 370 milioni di euro e valutazioni di qualche anno fa ben più alte delle attuali, è diventato il test pubblico del nuovo prezzo per gli uffici di alta gamma. Se un’icona del potere finanziario tedesco nella città sede della Bce deve arrendersi al ribasso, possiamo solo immaginare la sorte degli immobili meno centrali e nelle città più periferiche.La legge sulla limitazione degli affitti (Mietpreisbremse) e la sorveglianza comunale sugli annunci frenano gli eccessi, ma i problemi restano. La città di Francoforte, per esempio, ha spinto la sua società immobiliare pubblica a limitare gli aumenti all’1% annuo fino al 2030. La misura è socialmente popolare, ma richiede denaro pubblico per pagare le manutenzioni e avviare nuovi cantieri. Mancando le case, cioè, l’intervento pubblico può solo redistribuire i costi nel tempo e tra soggetti diversi.Dunque, i fallimenti immobiliari sono in aumento, a segnalare che il ciclo di credito facile è finito. I prezzi delle case salgono, ma i rendimenti scendono perché il rapporto prezzo/canone si dilata e il costo del denaro si mangia il resto. Proprio mentre servirebbero più case, il settore delle costruzioni è in crisi, per via delle poche autorizzazioni, dei costi alti, del credito più prudente e la mancanza di mano d’opera qualificata (legata a un ciclo di deflazione salariale lungo 20 anni).Questa combinazione sta diventando esplosiva. Di quanto dovranno salire i prezzi per recuperare i costi di costruzione delle nuove case? Con una domanda di case in crescita, il mercato è bloccato da un’offerta insufficiente e non sembra che il governo di Friedrich Merz abbia idea di che cosa fare.Non siamo nel 2008, ma il rischio è evidente: qualcuno tra banche, fondi e proprietari dovrà rinunciare a qualcosa. Se non si sblocca l’offerta di case, la Germania si troverà coinvolta in una scrollata epocale.