2021-09-24
Gli affari di Amara nel dossier del corvo
Nelle carte dell'inchiesta sulla postina del Csm spunta una lettera anonima su un carico di greggio iraniano destinato all'Eni. L'autore non è l'ex segretaria di Davigo, ma un informatore che voleva colpire la multinazionale e far saltare il business.La vicenda del corvo che ha consegnato a giornalisti e consiglieri del Csm i verbali del faccendiere Piero Amara si arricchisce di un nuovo capitolo. Infatti spuntano altre manine misteriose, come conferma un documento inedito depositato agli atti del procedimento contro Marcella Contrafatto, l'ex segretaria di Piercamillo Davigo indagata per calunnia e licenziata dal Csm con l'accusa di essere la postina che ha distribuito in giro gli interrogatori del faccendiere siciliano. È una lettera anonima riguardante un carico di greggio iraniano (sottoposto a embargo) acquistato dall'Eni e mai sbarcato in Sicilia. La missiva è stata consegnata dal giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari ai pm di Milano nell'interrogatorio reso sulle chat di Vincenzo Armanna (ex manager della compagnia petrolifera, vedere articolo qui sotto) il 2 novembre 2020 e trasmesse alla Procura di Roma per «un errore materiale» nella vicenda Contrafatto il 9 aprile 2021. «Trattasi di verbali che attengono a fatti che nulla hanno a che vedere con le vicende oggetto del procedimento a carico di Marcella Contrafatto e sono tuttora coperti da segreto istruttorio» ha scritto il procuratore aggiunto Laura Pedio lo scorso 15 giugno, salvo richiedere il 30 luglio anche la trasmissione di «copia delle note allegate ai verbali». Ovvero l'anonimo inedito inviato al Fatto nella primavera del 2019 e analizzato dal consulente tecnico della pm capitolina Rosalia Affinito, la grafologa Ilaria Gaetana Gozzi. La quale ha concluso con certezza: «Non può essere attribuito alla signora Contrafatto il documento con incipit “Eni compra con la sua società"». Massari l'aveva consegnato a Milano ricollegandolo alla postina che aveva consegnato alla redazione i verbali di Amara. Ma, scopriamo ora, che non era stata la Contrafatto a informare il quotidiano diretto da Marco Travaglio del carico di petrolio fuorilegge in arrivo sulle coste italiane. Allora chi è il misterioso informatore molto ben informato? Si tratta certamente di qualcuno che aveva poco in simpatia l'Eni e che forse cercava di incastrarla. Ma anche di una persona che non aveva problemi a far saltare l'affare del greggio iraniano che in quel momento la Napag Srl, riconducibile ad Amara, stava cercando di concludere con lo schermo di uno spedizioniere africano. Il testo del documento mandato al Fatto è il seguente: «Eni compra con la sua società di trading a Londra una nave di greggio iraniano nonostante embargo. Ultimo scandalo dei Descalzi boys. A Londra Ets (Eni trading shipping, ora in liquidazione, ndr) compra greggio Iran spacciato per greggio Iraq dalla soc. trading nigeriana Oando (sì, la solita Nigeria) 600.000 barili (valore 50 milioni di euro) ancora fermi da 20 giorni davanti a Milazzo raffineria (pagati a 5 giorni, di solito dopo un mese). La struttura tecnica se ne accorge: ogni greggio ha caratteristiche proprie e si vede che viene da Iran e non Iraq. Allora si deve rifiutare la merce che però ancora ferma a Milazzo raffineria. Eni però ha pagato e chi restituisce i soldi?» chiede un po' retoricamente il corvo. Che aggiunge: «A Londra opera sempre la struttura di Mantovani (Massimo, ex capo dell'ufficio legale Eni, ndr) ora però spostato e sta sempre a Londra il solito amico di Amara. Descalzi ha sostituito Mantovani con un giovane (ballista) che ovviamente non ha visto niente e quindi i soliti manager nominati da Descalzi fano il loro comodo». La notizia deve essere parsa subito succulenta al Fatto e, infatti, il 13 giugno 2019 Massari scrive un articolo intitolato: «La nave col petrolio “sbagliato" bloccata dall'Eni a Milazzo». Ecco l'incipit: «La White Moon è al largo di Milazzo dal 23 maggio scorso: da 20 giorni la nave petroliera battente bandiera liberiana è lì ferma, con il suo carico di greggio, destinato alla raffineria siciliana. Ma non può scaricare un solo barile. Una fonte che ha scelto l'anonimato ci segnala l'anomalia arricchendola di dettagli». Ossia che sospettava che i barili provenissero dall'Iran e che «le qualità del prodotto erano differenti da quelle previste». E che «il contratto stipulato dalla Eni Trading & shipping Spa con la nigeriana Oando, che le ha venduto il petrolio» non era stato rispettato. Come è specificato nel manoscritto. Tutte informazioni riproposte ai lettori anche il giorno seguente in un secondo articolo che dava conto delle domande poste sul tema proprio il 13 giugno a Descalzi in commissione Industria al Senato, presieduta dal grillino Gianni Girotto. Chi aveva spedito la noticina anonima al Fatto voleva mettere in imbarazzo l'ad della compagnia petrolifera durante l'audizione? Chissà.Massari assicura di aver fatto le dovute verifiche prima di pubblicare e di non conoscere l'identità del mittente, tanto che, dopo l'arrivo dei verbali di Amara alla sua redazione, ha ritenuto di consegnare anche quell'anonimo: «Sospettavo che l'associazione (la loggia Ungheria, ndr) che aveva sottratto i verbali di Amara dei pc dei pm (in quel momento è quella l'ipotesi della Procura, ndr) potesse essere la stessa che aveva inviato in redazione quella lettera» ci ha spiegato. «Non potevo immaginare che quei verbali avessero fatto invece un altro percorso come poi si è scoperto».Gli inquirenti meneghini, il 2 novembre 2019, fecero sapere a Massari che cinque mesi prima stavano monitorando quel carico e che in un certo senso avevano ricevuto nocumento dall'articolo. Ma va detto che nonostante la notizia della provenienza sospetta del greggio fosse stata riferita ai magistrati, attraverso una denuncia depositata proprio in quelle ore, anche dai vertici dell'Eni, che avevano da tempo smascherato gli affari di Amara, quel carico non è stato mai sequestrato e quindi restituito alla Napag. In pratica Amara, che da lì a poco avrebbe iniziato la sua ennesima collaborazione, proprio sotto la Madonnina, ha ottenuto la possibilità di conservare il suo tesoretto.Il mandante dell'articolo del Fatto voleva colpire lui o solo Descalzi? Sarebbe interessante scoprirlo, ma prima occorrerà individuare l'autore della velina e le sue fonti, visto che il misterioso scrivano era a conoscenza di notizie che non potevano che provenire dall'interno della compagnia petrolifera.
Philippe de Villiers (Getty Images)
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