2025-09-19
Corte dei Conti indagata per i bilanci di Zinga
Per i pm scontri tra toghe sui controlli. Chi voleva vederci chiaro sulle Asl del Lazio «diffamato e allontanato». Per allungare i tempi «inventata» una richiesta di rinvio a data da destinarsi. Spunta anche il sindaco Roberto Gualtieri.La Corte dei Conti del Lazio, quella che avrebbe dovuto vigilare sulle spese della sanità durante la gestione di Nicola Zingaretti, avrebbe «impedito» il controllo tempestivo sui bilanci delle Asl. Un’inchiesta della Procura di Roma ora svela che all’interno della Sezione di controllo contabile si sarebbero consumati scontri feroci tra toghe. Chi chiedeva trasparenza sui bilanci delle Asl sarebbe finito nel mirino, «diffamato e colpito da procedimenti disciplinari», poi archiviati. E quando bisognava guadagnare tempo, la soluzione era trasformare una richiesta di rinvio ordinario in un comodo «rinvio a data da destinarsi», lasciando nel limbo i controlli sulla spesa sanitaria.È tutto ricostruito nell’informazione di garanzia notificata a Roberto Benedetti, presidente pro tempore della Sezione regionale di controllo (lo è stato fino al 2024). Secondo il pm Carlo Villani, con un meccanismo di rinvii, proroghe e modifiche ai collegi sarebbe stata rallentata, e in alcuni casi paralizzata, la macchina dei controlli. «Con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso», si legge nel primo capo d’imputazione, «indebitamente ometteva atti del proprio ufficio che, per ragioni di giustizia, dovevano essere compiuti senza ritardo».In particolare avrebbe «omesso di concludere i procedimenti di controllo sui bilanci relativi agli esercizi 2017, 2018, 2019» di sei Asl e ospedali laziali, «così di fatto impedendo alla competente sezione regionale della Corte dei conti da lui presieduta un tempestivo controllo contabile». Non solo: avrebbe persino attestato falsamente che un magistrato istruttore al quale era stato appena affidato un fascicolo lasciato dalla collega Laura D’Ambrosio, la consigliera Giulia Ruperto, avesse chiesto il rinvio «a data da destinarsi» dell’adunanza pubblica sulla Asl Roma 3, quando in realtà, ricorda il pm, «la consigliera aveva richiesto un mero e semplice rinvio al fine di poter approfondire le complesse tematiche trattate».Per l’Asl di Latina era anche già stata fissata l’adunanza pubblica (per il 12 marzo 2024). Ma questa viene rinviata lo stesso, ignorando il parere contrario del magistrato Francesco Sucameli e persino la sua «richiesta formale», protocollata il giorno stesso, di tenere l’udienza in tempi rapidi «per consentire lo svolgimento della funzione di controllo». Le ipotesi d’accusa sono di quelle che, per un giudice, pesano come macigni: omissione di atti d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico e perfino diffamazione perché nel frattempo, ricostruisce il pm, chi provava a mettere il naso nei bilanci e a chiedere udienze rapide sarebbe stato «colpito da procedimenti disciplinari». Sucameli e la collega Vanessa Pinto sarebbero stati deferiti addirittura «per opinioni di diritto espresse in camera di consiglio». Un ambiente nel quale era diventato difficile lavorare, con minacce di provvedimenti disciplinari e fughe di magistrati «costretti» a chiedere, «tramite interpelli», il trasferimento. E ogni spostamento «determinava ulteriori ritardi nello studio dei fascicoli», evidenzia il sostituto procuratore, «e dunque nella definizione dei procedimenti di controllo». L’inchiesta racconta anche un retroscena tutto interno alla magistratura contabile: nel gennaio 2024 Benedetti cambia la composizione dei collegi deliberanti, «portando a tre il numero dei componenti […] in luogo della precedente composizione con la partecipazione di tutti gli appartenenti alla Sezione». Una mossa che, secondo l’accusa, avrebbe «determinato una negativa parcellizzazione delle decisioni, un depauperamento della dialettica ermeneutica e una compressione del contraddittorio all’interno delle camere di consiglio». Il risultato, però, non è stato l’aumento, «auspicato», della produttività, ma una valanga di tensioni con i magistrati più critici. Il fascicolo, gestito dallo stesso pm, era partito a modello 45, quello dedicato agli «atti non costituenti notizia di reato» ed era nato nelle more del procedimento penale che scandagliava i bilanci truccati. Nella sua richiesta di archiviazione, Villani aveva sostenuto che i bilanci della sanità laziale erano «ideologicamente falsi». E che nei conti delle Asl, per anni, erano finite «note di credito da ricevere» mai ricevute, quindi inesistenti. Un miliardo di euro virtuale che ha permesso di chiudere in pareggio e, nel luglio 2020, alla Regione di uscire dal commissariamento.Nonostante il pasticcio, gli otto direttori generali indagati per falso si salvarono perché «hanno adottato i bilanci in osservanza di precise linee guida della Regione» e dei decreti del commissario ad acta Zingaretti. All’epoca, la Procura aveva puntato il dito contro due decreti in particolare, il 521 del 2018 e il 297 del 2019, che avrebbero consentito «l’alterazione del conto economico» e la «sistematica chiusura a zero» grazie ai «ritocchi di entrate a esercizio ormai scaduto». Alla fine, però, il gip Claudio Carini ha accolto l’archiviazione: per la Procura, alla luce delle norme, «i fatti descritti» non costituivano «reato». Ma solo perché i decreti applicati erano della Regione. Materia per la Corte dei conti. Dalla quale, però, arrivano agli inquirenti voci sui rapporti tra controllato e controllore.Decollano le prime accuse e il fascicolo, a luglio, passa a modello 21. Ed è ancora nella sua fase iniziale. Tra gli aspetti esplorati c’è un’audizione davanti alla presidenza della Corte, risalente al 31 gennaio 2024, quando Benedetti avrebbe «offeso la reputazione e l’onore» della consigliera D’Ambrosio, affermando «falsamente», secondo il pm, che aveva rivelato esiti di istruttorie non ancora concluse durante un intervento al convegno nazionale di contabilità pubblica a Venezia. Dichiarazioni che hanno scatenato un procedimento disciplinare (pure questo archiviato). Ma intanto l’effetto, stando all’accusa, era stato raggiunto: toghe sotto pressione e controlli che si allontanavano sempre di più. Quest’ultima contestazione ieri è stata anticipata sul dorso romano del Corriere della sera. E contiene anche una ulteriore accusa alla D’Ambrosio: l’aver rivelato a una giornalista gli esiti di una camera di consiglio prima della pubblicazione della deliberazione del collegio. Si trattava di un procedimento sul Comune di Roma in ritardo con il Pnrr.A quel punto Benedetti avrebbe anche accusato «falsamente» la collega di nutrire «una grave inimicizia nei confronti del sindaco di Roma» Roberto Gualtieri, «paventandone», scrive il pm, «un difetto di imparzialità nell’espletamento di istruttorie sulla gestione dei fondi Pnrr». E avrebbe evitato, ricostruisce l’accusa, «di assegnare alla stessa affari sulla gestione di Roma Capitale, laddove la D’Ambrosio non si era mai occupata, fino a quel momento, di questioni dell’amministrazione capitolina, né aveva mai avuto modo di confrontarsi per ragioni personali o istituzionali con il sindaco di Roma». Anche questa accusa nei confronti della D’Ambrosio è finita in archivio. I controlli, invece, sarebbero stati impediti, sia sulle giunte di Zingaretti che di Gualtieri.
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