2025-09-19
Dolce addio per Nagel: già incassati 43 milioni
Alberto Nagel (Getty Images)
L’ad di Mediobanca si dimette dopo la scalata di Mps e vende un’altra tranche di azioni. Le indiscrezioni parlano di circa 100 milioni in arrivo dalla liquidazione. Nella lettera ai dipendenti si autocelebra: con me i soci hanno guadagnato il 500%.C’è chi lascia la scena con un inchino. Chi con una lacrima. Alberto Nagel saluta Mediobanca con una lettera ai dipendenti e un bonifico da 43 milioni di euro. Il saluto commosso e una plusvalenza da standing ovation. Dopo 34 anni in banca e 18 al timone, il grande capitano abbandona la plancia di comando mentre sul pennone sale il gonfalone di Siena. Piazzetta Cuccia sta per diventare una traversa di Piazza del Campo. Ieri Monte dei Paschi ha annunciato che la sua quota di partecipazione è salita al 64,8%. L’operazione si chiuderà lunedì. Il traguardo del controllo quasi totalitario è sempre più vicino. Il consiglio d’amministrazione si è dimesso per intero tranne Sandro Panizza che ne faceva parte in quota Delfin (la cassaforte degli eredi Del Vecchio) gran regista della scalata insieme al gruppo Caltagirone. Nagel esce di scena con un patrimonio arricchito di oltre 43 milioni avendo venduto le azioni Mediobanca ottenute come stock-option. Una cifra importante che potrebbe irrobustirsi ancora. C’è da aggiungere la maxi-liquidazione che, con tutti i benefit connessi potrebbe arrivare, secondo le indiscrezioni a 100 milioni.La lettera di addio è un distillato d’alto bordo, tra Orazio, evoluzione darwiniana e l’eco lontano di Cuccia e Maranghi. Mentre i ricordi scorrevano sui monitor dei dipendenti, Nagel concludeva la liquidazione delle sue azioni Mediobanca. Prima tranche: 1 milione a 22,08 euro: incasso 22 milioni. Seconda tranche: 1 milione a 21,30 euro. Altri 21 milioni. Totale: 43 milioni e rotti. Una dolce sinfonia per il conto corrente. Il valzer delle stock option non si è fermato qui. Francesco Saverio Vinci, direttore generale, ha venduto 400.000 azioni per oltre 8,5 milioni. Totale? Più di 18 milioni. Renato Pagliaro, presidente, ha ceduto 100.000 azioni incassando 2,1 milioni in un giorno, e 6,5 milioni in totale. Altri dirigenti minori con plusvalenze inferiori. Un congedo meno teatrale, ma altrettanto proficuo. Un brindisi collettivo. In fondo, chi ha detto che solo le startup hanno il problema della cosiddetta «wxit strategy»?Nella missiva Nagel cita «il darwinismo bancario». Un bel termine coniato per spiegare come le banche, se non si adattano al cambiamento, sono destinate a «estinguersi». Un concetto che sicuramente i dirigenti di Mediobanca hanno fatto proprio, adattando la banca ai nuovi tempi con acquisizioni strategiche e investimenti accorti, tanto da riuscire a quadruplicare i ricavi nel corso di due decenni. «Nell’ultimo ventennio», scrive Nagel , «la banca ha sempre investito in talento umano, triplicando il personale sino a raggiungere gli attuali 6.200 colleghi, a differenza di molti intermediari che hanno dovuto effettuare forti ristrutturazioni; ha distribuito agli azionisti circa 8,5 miliardi, senza mai fare aumenti di capitale ed ha conseguito un rendimento totale per gli azionisti del 500%» Conclude con Orazio, che parla dell’espansione di Roma: «Graecia capta ferum victorem cepit», che tradotto vuol dire: «La Grecia vinta conquistò il feroce vincitore». Traduzione parallela: «Mps ha vinto Mediobanca, ma sarà Mediobanca a cambiarle il Dna». La nuova proprietà «non potrà prescindere dal valorizzare il vostro non comune patrimonio di professionalità».Ottimismo? Forse. Strategia narrativa? Sicuramente. Ma l’effetto è da tragedia greca: Mediobanca, baluardo dell’indipendenza finanziaria italiana, ha perso la sua nobiltà. Il tempio della finanza milanese si è fatto succursale senese. E il darwinismo, anche qui, ha fatto le sue selezioni naturali.Nagel si dice erede spirituale di Enrico Cuccia e del suo delfino, Vincenzo Maranghi. Ma mentre Cuccia lasciava alla famiglia un’eredità di un milione scarso Maranghi è andato via rifiutando i bonus milionari che gli venivano generosamente offerti. Ha chiesto solo che gli venisse corrisposta la liquidazione cui aveva diritto per i suoi anni di lavoro in banca. Non un centesimo in più nonostante Cesare Geronzi, incaricato di trattare l’uscita, gli avesse offerto un bonifico molto robusto. Ora che il sipario è calato, resta da capire chi sarà il nuovo primattore della Piazzetta. Il 28 ottobre l’assemblea deciderà il nuovo consiglio, ma i sussurri sono già urla nei salotti buoni della finanza. In pole position Giorgio Cocini (Pimco) e Francesco Pascuzzi (Goldman Sachs). Ma c’è anche il cavallo esterno: Flavio Valeri di Lazard, outsider elegante che potrebbe piacere ai nuovi padroni di casa. Per la presidenza si fa strada l’ipotesi di Vittorio Grilli, oggi in forza di Jp Morgan.
Giusi Bartolozzi (Imagoeconomica)
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