2025-09-19
Elkann ricava 4 miliardi dall’Italia e va a caccia di affari (all’estero)
Buona parte della liquidità arriva da Ferrari e Iveco. Ora si punta su tech, sanità o lusso.Brinda Exor e brinda John Elkann, l’amministratore delegato della cassaforte degli Agnelli che ha chiuso il primo semestre dell’anno con un patrimonio netto di 36 miliardi di euro e 4,1 miliardi di cassa pronti per essere impiegati in nuove acquisizioni. Brinda con lo champagne il successore dell’Avvocato, da buon esterofilo, ma farebbe bene a stappare una prestigiosa bottiglia di prosecco, visto che la stragrande maggioranza della liquidità gli arriva dall’Italia. In primis dalla cessione di un quota pari al 4% del marchio più prestigioso tra quelli controllati: Ferrari. «L’eccezionale performance dalla sua quotazione in Borsa», ha spiegato Jaki commentando i risultati del primo semestre, «aveva portato il suo peso a quasi la metà del nostro Nav (patrimonio netto). Abbiamo monetizzato 3 miliardi (2 saranno destinati a transazioni straordinarie) della nostra partecipazione, mantenendo il 20% dei diritti economici e generando un ritorno di 11 volte per Exor». Bell’affare. Peccato che il Cavallino (ex) rampante non sia altrettanto performante in pista dove continua a deludere milioni di fan che da circa tre lustri aspettano un ritorno delle Rosse sulle vette del mondo. Così come non vanno affatto bene gli affari nelle catene di montaggio di Stellantis (altra partecipata di Exor). Tutti i siti italiani fanno ricorso agli ammortizzatori sociali. E i numeri su produzioni e vendite continuano ad aggiornare record negativi. La situazione peggiore la troviamo a Cassino dove si lavora a singhiozzo da mesi e pure a settembre le giornate di chiusura si sono alternate con drammatica puntualità a quelle di apertura, mentre i nuovi modelli Alfa (Stelvio e Giulia) sono in grave ritardo. Ma se prendiamo Melfi, Pomigliano, Mirafiori, Termoli e Atessa non è che la situazione migliori granché. Del resto l’allontanamento dell’ex Fiat dall’Italia non non ha origine recenti, ma parte da precise scelte del passato che hanno sempre avuto John Elkann quale protagonista. Con le cessioni di Magneti Marelli, Comau e buon ultima Iveco sono state prese decisioni strategiche (batterie, robotica avanzata e difesa) e di cassa. La dismissione di Magneti 2018 e il 2019 ha avuto un valore simbolico (addio a un pezzo storico della componentistica dell’automotive) ma anche finanziario, visto che ha portato a casa Exor una ricca plusvalenza da circa 1 miliardo. Mentre l’addio a Comau, ceduto da Stellantis al fondo di investimento statunitense One equity partners, è legato a stretto filo all’operazione del 2020-2021 che aveva portato alla fusione tra Fca e Peugeot. Quindi arriviamo all’oggi e a Iveco. Poche settimane fa, infatti, Exor ha annunciato la cessione del suo 27,1% al colosso automobilistico indiano Tata motors. Incassando poco più di 1 miliardo. Nello stesso momento Iveco ha ceduto la divisione Difesa a Leonardo e dall’operazione la cassaforte degli Agnelli ha ricavato altri 440 milioni. Il totale, mal contato si aggira intorno al miliardo e mezzo di euro.Insomma, se oggi Jaki e compagni si guardano intorno e dall’alto di una cassa superiore ai 4 miliardi cercano nuove prede da azzannare, lo devono alla liquidazione dell’Italia. E adesso? Dove rivolgerà lo sguardo l’erede dell’Avvocato? «Exor non ha preferenze a priori sul settore», ha evidenziato ieri il direttore finanziario Guido de Boer, conversando con gli analisti, «può trattarsi di sanità, può trattarsi di lusso (si parla molto anche di tech ndr), che sono settori specifici in cui abbiamo conoscenze specifiche all’interno del team, ma potrebbe anche trattarsi di altri ambiti, se l’opportunità di investimento fosse sufficientemente interessante per noi». Priorità? «Quando valutiamo una potenziale acquisizione», ha continuato, «esaminiamo i fondamentali, se è strategicamente adeguata, se è culturalmente in linea con noi, quali sono i punti di forza della leadership, quali sono le proposte di governance, e basiamo su questo l’analisi di ogni singola azienda». Armani? «Su Armani», ha chiuso l’argomento, «non ho veramente nulla da dire, non diamo commenti su singole transazioni, ovviamente non lo facciamo mai». Tante parole, molte scontate, che nascondo però alcuni dati di fatto. Le ultime scelte di Exor si sono orientate su partecipazioni del 10-15%, di multinazionali ben dimensionate e non italiane. Vedi Philips. Saremmo felici se Jaki ci sorprendesse.
Giusi Bartolozzi (Imagoeconomica)
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