2020-05-16
Per accedere al Mes bisogna dichiararsi sull’orlo del baratro
Mettere nero su bianco che il Paese è a «rischio finanziario» è l'unico modo per ricorrere al fondo. Altro che condizioni nulle.Il Parlamento, con il voto di M5s, Pd e Fi, approva una risoluzione sullo strumento. Ma sono soldi già nostri ridati in prestito, e senza la libertà di essere usati per ciò che serve.Lo speciale contiene due articoli.Non smetteremo mai di essere grati alla burocrazia dell'Ue: la necessità di far circolare una massa enorme di documenti in così tanti Paesi ogni tanto lascia in giro qualche traccia che forse sarebbe stato meglio nascondere. Ci riferiamo al modulo per la richiesta dell'assistenza finanziaria al Mes, apparso sul sito ufficiale del Parlamento finlandese (il file è stato creato il 4 maggio). In esso si materializzano i peggiori timori sul fatto che sia ormai tutto pronto per una storica umiliazione dell'Italia. Neanche nei giorni più bui della storia della nostra Repubblica avremmo mai potuto immaginare che il nostro ministro dell'Economia avesse anche solo valutato di firmare una richiesta come quella qui riprodotta.Infatti, la domanda di assistenza finanziaria si rifà necessariamente alle motivazioni che, da Statuto, giustificano l'intervento del Mes: l'esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria del nostro Paese («given the risk to the financial stability of…», si legge nello strappo qui a fianco).Si deve in pratica dichiarare di essere in fin di vita per accedere alla sala di rianimazione e, col paziente in buone condizioni, si rischia di causare proprio la malattia dal quale si vorrebbe guarirlo. Ove mai il ministro Roberto Gualtieri decidesse di firmare quella richiesta (si spera senza bypassare ancora l'Aula), metterebbe nero su bianco che l'Italia è un Paese «il cui regolare accesso al finanziamento sul mercato risulti o rischi di essere compromesso», così come recita il «considerando» 13 del relativo Trattato. Non è difficile capire, di fronte a una simile ammissione, cosa potrebbero pensarne gli investitori. Si rischia una delle più classiche profezie autoavveranti, evento peraltro abbastanza frequente sui mercati. Ci sarà tempo fino al 31 dicembre 2022 per presentare tale richiesta, dalla cui data decorrerà un anno per utilizzare i fondi disponibili. La bozza specifica inoltre l'obbligo di uso «esclusivo» di tali somme per finanziare costi diretti e indiretti connessi a cura, prevenzione e assistenza sanitaria sostenuti per la crisi da Covid-19. Rinforzare gli organici ridotti all'osso o costruire nuovi ospedali potrebbe rimanere un sogno, stante lo specifico nesso causale che si dovrà dimostrare. Per non parlare di chi sognava - con errore anzitutto economico - di finanziare l'abolizione dell'Irap.Le avvisaglie c'erano già state giovedì, quando il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, parlando al Bundestag aveva dichiarato che riteneva probabile che Italia, Spagna, Portogallo e Grecia richiedessero il Mes. La chiusura del cerchio è avvenuta ieri pomeriggio, con la delibera del Consiglio dei governatori del Mes. È stata infatti approvata la linea di credito Pcs (Pandemic crisis support), basata sulla linea di credito a condizioni rafforzate (Eccl). La settimana scorsa, per portarsi avanti con il lavoro, la Commissione Ue aveva già presentato l'analisi della sostenibilità del debito degli Stati membri e la valutazione dell'esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria dell'eurozona, che sono condizioni essenziali per la concessione del prestito. E che però devono essere verificate solo dopo la domanda dello Stato membro. Stavolta hanno fatto tutto prima, in modo da consentire al Consiglio dei governatori e al consiglio di amministrazione del Mes di adottare i due documenti fondamentali per accedere al prestito: il protocollo d'intesa e il dispositivo di assistenza finanziaria. Il primo sarà firmato dalla Commissione, per conto del Mes, e dallo Stato richiedente; il secondo, contiene tutte le condizioni finanziarie della linea di credito. Il comunicato ribadisce che il Mes erogherà i fondi a rate (almeno 7 mesi) perché deve, nel frattempo, finanziarsi sul mercato dove non può irrompere all'improvviso con ingenti emissioni. Quelle previste per il 2020 (11 miliardi) restano confermate, e saranno eventualmente aumentate solo qualora ci fossero effettive richieste di prestiti da parte degli Stati. Insomma, per essere un reparto di rianimazione non sembrano essere proprio così attrezzati.Il Mes stesso si affretta poi a precisare che «secondo la Commissione» non ci sarà la sorveglianza rafforzata prevista dal Trattato fino all'erogazione del prestito ma, e qui sta il cavallo di Troia, sarà normalmente approntato il sistema di allerta per la verifica della capacità del debitore di ripagare le rate. Il malcapitato Paese richiedente sarà sotto le missioni semestrali di monitoraggio fino al 2030. Lo strumento ideale, agli occhi di Bruxelles, Berlino e Francoforte, per far rientrare finalmente il nostro debito/Pil.Il dispositivo di assistenza finanziaria rivela un'altra trappola per il nostro Paese. Infatti il tasso d'interesse applicato al debitore è dato da un tasso base («base rate») a cui si somma un margine (0,105% punti base annui e commissione di servizio di 0,25%). Oggi questo tasso per le operazioni in essere è pari a 0,76%: altro che zero. E Regling ha specificato che, al momento, il tasso base sarà quello della massa («pool») dei fondi già raccolti. Tuttavia, esso potrà variare negli anni in relazione alla loro politica di raccolta. Si sottoporrebbe quindi il nostro Paese a un rischio tasso su un orizzonte temporale lungo. Non sembra una grande idea in un momento di tassi molto bassi. Chissà come Gualtieri potrà giustificare la convenienza di questo finanziamento a tasso sostanzialmente variabile, rispetto a un Bot a 12 mesi, comprato a piene mani dal mercato o a un Btp decennale a tasso fisso senza privilegio per il creditore.La Ue aveva fretta di dimostrare che nella sua cassetta degli attrezzi ci fosse comunque qualcosa di utile per fronteggiare la crisi, stante l'inconsistenza o la lentezza degli altri strumenti, ma, purtroppo per noi, aveva disponibile solo un micidiale coltello a serramanico.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-accedere-al-mes-bisogna-dichiararsi-sullorlo-del-baratro-2646008837.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ce-il-trucco-anche-nel-recovery-fund" data-post-id="2646008837" data-published-at="1589567541" data-use-pagination="False"> C’è il trucco anche nel Recovery fund La scena è più o meno questa. Arriva un signore che vi ruba il portafoglio con dentro 260 euro. E ve ne restituisce 171. Cosa ne deducete? Che vi ha donato 171 euro oppure ve ne ha rubati 89? Ma non finisce qui. Perché questo signore vi obbliga anche a spendere i 171 euro che vi «dona» per acquistare un paio di scarpe piuttosto che fare la spesa al supermercato. Purtroppo però voi non siete scalzi e avete fame. Ma tant'è! Dovete comprarci le scarpe di cui non avete bisogno e rimanere a stomaco vuoto. Ma non finisce qui perché vi viene pure imposto di acquistare coi 171 euro un paio di scarpe che costano almeno 342 euro perché ce ne dovete mettere altri 171 di tasca vostra. E può essere che questi 171 euro da aggiungere non li abbiate perché c'è un altro signore sottomesso a quello che vi ha preso il portafoglio che però vi obbliga a pagare tasse e gabelle cui non potrete sottrarvi perché se no vi pignora ciò che ancora vi rimane. Infine arriva un terzo signore che sul giornale scrive che voi siete stati incapaci di spendere i 171 euro che il primo signore vi ha donato. Lo so che questa storia può sembrarvi assurda. Ma purtroppo è vera. Quello che vi ruba il portafoglio è l'Unione europea, il secondo è lo Stato italiano, il terzo è un qualsiasi giornale che conduce inchiestone su come l'Italia non sappia spendere i fondi europei. Pure i numeri non sono dati a caso: 260 sono infatti i miliardi che l'Italia ha trasferito al bilancio Ue dal 2000 al 2017 vedendosene riaccreditare 171 che devono essere spesi in progetti da «cofinanziare», che spesso l'ente assegnatario di turno (un Comune, la Regione, eccetera...) non è in grado di utilizzare perché gli altrettanti fondi da mettere sul piatto non li ha in quanto i trasferimenti agli enti locali sono tagliati. Eh già, altrimenti esplode il debito pubblico che peserà come un «fardello» sulle spalle dei figli dei vostri figli. Così funziona in pratica il bilancio Ue su cui dovrebbe basarsi il Recovery fund che, secondo Giuseppi, dovrebbe salvare il nostro Paese dalla crisi innescata dal Covid. Con una particolarità. I trasferimenti al bilancio Ue dovrebbero raddoppiare. Ah, dimenticavo. Questi soldi vi sarebbero dati a prestito, neppure donati. Come se il signore di prima praticamente vi avesse prestato quei 171 euro. Ursula Von Der Leyen ha presentato con tanti giri di parole il Recovery fund lo scorso 13 maggio. Fondo che non sarà comunque disponibile prima del 2021 perché tanto ora c'è il Bei, il Sure e il Mes, che è comunque la stessa cosa del Recovery fund. In pratica dovremmo donare altri soldi sperando di riceverne indietro altrettanti (se ci va bene) perché la Commissione Ue ci dice che se il coronavirus è stato uno choc che ha colpito tutti (la simmetria) c'è chi come l'Italia ne ha sofferto di più (l'asimmetria). Peccato che questi «altrettanti» sarebbero a prestito. Pure il Parlamento Ue con una risoluzione proposta e votata da popolari (con dentro Forza Italia), socialisti, liberali, riformisti e verdi ha deliberato che questa è la strada giusta. Grillini e Pd hanno votato a favore come gli azzurri, Lega e Fratelli d'Italia si sono astenuti. D'altronde, dice ancora Ursula, «non c'è un vaccino contro il cambiamento climatico» e bisogna investire nel green new deal. Post scriptum: tanto perché lo sappiate, dentro quei 260 miliardi dati all'Ue non ci sono i 58 spesi per il Mes e i prestiti bilaterali a Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda. Quelli sono a parte perché sarebbero «investimenti». Tipo l'auto che sull'Aurelia investe un gatto. Credo.
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)