2019-12-21
Parlamento a valanga pro Brexit. Sì al piano di Boris per l’addio all’Ue
Johnson porta a casa il via libera alla sua proposta per lasciare l'Europa entro il 31 gennaio: Westminster approva con 358 voti contro 234. E si prepara a indagare sulle ingerenze di George Soros nelle campagne elettorali.Boris Johnson passa ai fatti. Ieri pomeriggio, la Camera dei comuni ha votato lo Eu withdrawal agreement bill, avviando così formalmente il processo che porterà Londra al divorzio da Bruxelles entro il prossimo 31 gennaio. I favorevoli sono stati 358, mentre i contrari 234: una maggioranza di 124 voti, ben superiore a quella di 80 seggi conquistata dai Tory alle elezioni del 12 dicembre. «La Brexit sarà attuata per il 31 gennaio e il Paese potrà guardare avanti», ha dichiarato Johnson. «Il prossimo sarà un grande anno per il nostro Paese, l'anno della Brexit realizzata, ma anche di un boom di fondi per la sanità pubblica, d'investimenti nelle infrastrutture e di accesso a nuove opportunità nella nostra grande nazione». L'iter legislativo proseguirà nei prossimi giorni e, secondo la tabella di marcia prevista, dovrebbe concludersi entro la metà di gennaio. Laconico il commento della Commissione europea. «Prendiamo nota del voto alla Camera dei comuni. Seguiremo il processo di ratifica nel Regno Unito da vicino. Siamo pronti a fare i passi formali per chiudere l'accordo anche in Ue», ha affermato ieri un portavoce. Tutto questo mentre gli indipendentisti scozzesi sono tornati a chiedere l'indizione di un secondo referendum per «una Scozia indipendente».Il premier conservatore sostiene da tempo di voler arrivare a un'intesa di libero scambio con Bruxelles entro la fine del prossimo anno: una prospettiva che ha tuttavia irrigidito il capo negoziatore dell'Unione europea per la Brexit, Michel Barnier, e gli stessi partiti britannici d'opposizione, a cominciare da laburisti e liberaldemocratici. Se i primi - nonostante alcune defezioni parlamentari nel voto di ieri - considerano una tale tempistica troppo stringente, i secondi sono notoriamente contrari alla Brexit in sé. Del resto, gli attriti con le opposizioni nascono anche da alcune modifiche sostanziali che sono state introdotte nel disegno di legge, a partire dal divieto imposto al governo di prolungare oltre il 2020 il periodo di transizione per il divorzio. Gli elementi di novità tuttavia non si fermano qui: la nuova legge permetterà infatti a tutti i tribunali del Regno Unito di riesaminare le sentenze della Corte di giustizia europea e obbligherà i ministri ad aggiornare periodicamente il parlamento sulla situazione dei negoziati con Bruxelles.Nonostante le polemiche politiche, Johnson ha incassato una netta vittoria con il voto di ieri. E adesso sembrerebbe essere pronto ad aprire un ulteriore fronte di scontro: quello con George Soros. A novembre, il Daily Mail ha riportato che i Tory hanno chiesto alla commissione elettorale l'apertura di un'indagine sulla nota fondazione del magnate, la Open society. Il sospetto è che il miliardario l'abbia utilizzata per finanziare delle campagne anti Brexit, versando - dal 2017 a oggi - quasi tre milioni di sterline all'associazione europeista Best for Britain. Peccato che, così facendo, il magnate avrebbe nei fatti eluso il divieto di donazioni straniere a organizzazioni con finalità politica. Soros - di noti sentimenti europeisti - ha sostenuto che i suoi contributi economici non avevano un obiettivo di natura politico-elettorale ma che erano orientati a «educare il pubblico britannico». Resta però il fatto che nel sito internet di Best for Britain si legge: «Ci siamo concentrati sulla vittoria di un voto significativo in parlamento che consenta ai parlamentari di rifiutare qualsiasi accordo sulla Brexit». Senza poi dimenticare l'invito al voto tattico, per favorire l'avanzata delle compagini europeiste e boicottare i piani di Johnson. L'intento di natura politica, insomma, sembra abbastanza chiaro, visto che - tra l'altro - l'associazione ha investito moltissimo in spot tra ottobre e novembre: nel dettaglio, secondo il Daily Mail, si tratterebbe di circa 137.000 sterline.Sebbene Best for Britain abbia dichiarato di aver usato «donazioni consentite nel Regno Unito», i sospetti di intersezione tra Soros e l'ultima campagna elettorale britannica restano abbastanza solidi. Sospetti rinsaldati da alcune dichiarazioni recentemente avanzate da figure politiche molto vicine al miliardario. Un mese fa, Hillary Clinton attaccò duramente l'inquilino di Downing Street per aver ritardato la pubblicazione di un rapporto parlamentare sulle influenze russe nella politica britannica: una decisione da lei definita «inaccettabile». Che l'ex senatrice americana sia non poco vicina a Soros non risulta esattamente una novità: si pensi solo che, stando a quanto riportato dal portale Politico nel gennaio del 2016, il miliardario elargì finanziamenti a organizzazioni clintoniane per otto milioni di dollari nel solo 2015. Un sostegno proseguito nell'anno successivo, vista la totale avversione nutrita dal finanziere nei confronti di Donald Trump. Un'avversione similare a quella nutrita per la Brexit. Con buona pace della volontà popolare.
Jose Mourinho (Getty Images)