2022-03-23
Il Papa adesso fa sul serio e Zelensky cambia registro
Jorge Bergoglio lo chiama prima del suo intervento al Parlamento italiano: «Farò di tutto per fermare questa guerra». Il presidente ucraino abbassa i toni: non chiede armi né no fly zone. Paradossalmente più da falco la replica di Mario Draghi. Anche Joe Biden fa l’incendiario: «Putin pensa di usare bombe chimiche». Ma il Pentagono lo smentisce.Prima del suo discorso al Parlamento italiano, ieri il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ricevuto una chiamata del Papa. «Il Santo Padre ha chiamato il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky», ha commentato in un tweet l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andryi Yurash, «con cui ha avuto una conversazione molto promettente. Il Papa ha detto che la Santa Sede sta pregando e facendo tutto il possibile per la fine della guerra; il presidente ha ribadito che Sua Santità è l’ospite più atteso in Ucraina».Nonostante si continui a provare di tirarlo per la talare, il Papa continua incessante il suo pacifico bombardamento con un unico scopo: «Tacciano subito le armi» e si apra un negoziato. È questa la linea di Francesco, senza ondeggiamenti, nonostante, appunto, ci siano falchi che vorrebbero farlo sbandare. C’è soprattutto chi desidererebbe che il Papa aprisse il fuoco con un’accusa diretta ed esplicita alla Russia e a Vladimir Putin e, magari, vorrebbe vederlo pronto a benedire l’invio di armi agli ucraini, cose entrambe lontane dal pensiero di papa Jorge Mario Bergoglio. Non bisogna arruolare le recenti dichiarazioni di Francesco contro la spesa per le armi e metterle in contrasto con le parole del cardinale Pietro Parolin, quando ha dichiarato che «il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e la propria patria comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi». Entrambi, sia Francesco sia il segretario di Stato, danno assoluta e totale priorità al cessate il fuoco e conoscono la dottrina della legittima difesa con limiti molto precisi. Francesco sa come sono le cose sul campo, e lo ha fatto intendere nelle sue uscite in questi giorni dove ha parlato di «violenta aggressione contro l’Ucraina», di «un massacro insensato», ma altrettanto bene sa che per bombardare la pace deve tenere aperto anche il canale di dialogo con la Russia di Putin. Davanti al Patriarca di Mosca Kirill, che in più occasioni è parso «giustificare» la guerra, Francesco ha detto che «la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù», un messaggio chiaro per chi ha orecchie. Tuttavia, anche in questo caso occorre guardare le cose da più lontano, tenendo conto delle istanze ecumeniche con il mondo ortodosso, un altro importante fronte per fare la pace e per non arrivare a benedire massacri tra fratelli cristiani. Nel ruolo assolutamente unico che sta giocando il Papa nella crisi Ucraina non bisogna dimenticare che nei suoi nove anni di Pontificato ha incontrato per ben tre volte il presidente Putin, e questo non accade a caso. C’è nella diplomazia vaticana una secolare capacità di guardare il mondo in modo appunto cattolico, cioè universale, tenendo conto di tutti gli attori sulla scena globale e sulla necessità di non escluderne nessuno per impostare una pacifica convivenza tra i popoli. Quanto accaduto nel 2013 in Siria lo testimonia più di molte parole: l’intesa fra Francesco e Putin fu essenziale per fermare il massacro. In questi anni, mentre si raffreddavano i rapporti tra la Russia e il Patto atlantico, proprio il canale tra Francesco e il Cremlino è rimasto aperto e caldo. Un’altra importante indiscrezione di ieri in qualche modo lo attesta, visto che l’Adnkronos, citando «fonti informate», ha diramato la notizia che «Alexei Paramonov, il direttore per l’Europa del ministero degli Esteri russo ed ex console a Milano che nei giorni scorsi in un’intervista a Ria Novosti ha parlato di conseguenze irreparabili per il rapporto bilaterale tra Roma e Mosca nel caso di ulteriori sanzioni, è stato indicato nelle settimane scorse come prossimo ambasciatore presso la Santa Sede». Un segnale che, se confermato, suona come un gesto di distensione, indirettamente anche verso l’Italia, ma che rileva ancora una volta il ruolo fondamentale del Papa e della Santa Sede.Al centro dei pensieri e delle preghiere del Papa c’è innanzitutto la tregua delle armi, perché la gente venga risparmiata dal massacro. «Sarebbe apprezzato il ruolo di mediazione della Santa Sede nel porre fine alla sofferenza umana», ha commentato in un tweet il presidente Zelensky, «Ho ringraziato per le preghiere per l’Ucraina e la pace». Le preghiere del Papa ci saranno sicuramente, compreso quel gesto carico di significato che avverrà venerdì 25 marzo alle 17 con la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e della Ucraina. Francesco ha invitato a unirsi tutti i vescovi del mondo e, lì vicino a lui, al Monastero Mater Ecclesiae, si unirà anche un altro vescovo vestito di bianco. «Naturalmente, il papa emerito Benedetto XVI risponderà alla richiesta di papa Francesco unendosi in preghiera riguardo alla consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria», ha confermato il suo segretario particolare don Georg Gaenswein.
Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)
L’ad di Volkswagen,Oliver Blume (Ansa)
John Elkann (Getty Images)