2024-09-14
Il Papa: «I candidati Usa sono contro la vita»
Kamala Harris, in corsa con i democratici per la Casa Bianca (Ansa)
Francesco bacchetta entrambi i contendenti: «Uno uccide i migranti, uno i bambini: gli elettori cattolici scelgano il male minore». Kamala Harris si vanta di un report favorevole di Goldman Sachs, ma il ceo la gela: «Il testo diceva che non c’è differenza con Donald Trump».In Francia il Rassemblement national ha chiesto il proporzionale in cambio del sostegno a Michel Barnier.Lo speciale contiene due articoli Papa Francesco entra a gamba tesa nella campagna americana. Ieri, il Pontefice ha detto che sia Donald Trump che Kamala Harris sono «contro la vita»: il primo perché «butta via i migranti», la seconda perché «uccide i bambini» (un riferimento alle sue posizioni pro aborto). Il Papa ha quindi invitato ogni cattolico americano a «scegliere il male minore», precisando di non sapere quale sia.Nel frattempo, la candidata dem è stata de facto scaricata da Goldman Sachs. Durante il dibattito di martedì su Abc con Trump, la Harris aveva dichiarato che, secondo un report della banca d’affari, le sue proposte economiche sarebbero state migliori di quelle dell’avversario. «Sto offrendo quella che descrivo come un’economia di opportunità. E i migliori economisti del nostro Paese, se non del mondo, hanno esaminato i nostri piani relativi per il futuro dell’America. Ciò che Goldman Sachs ha detto è che il piano di Donald Trump peggiorerebbe l’economia. Il mio la rafforzerebbe», ha affermato la Harris.Peccato che, il giorno dopo, il ceo di Goldman, David Solomon, sia intervenuto per raffrenare gli entusiasmi della candidata dem. Parlando su Cnbc con il conduttore Scott Wapner, ha infatti detto: «Quel report, di cui si è parlato ieri sera nel dibattito, è stato redatto da un analista indipendente, ed è interessante, Scott: credo che se ne sia parlato molto più di quanto si dovrebbe». «Quello che ha fatto il report è stato esaminare una manciata di questioni politiche che sono state sollevate da entrambe le parti. E ha cercato di modellare il loro impatto sulla crescita del Pil», ha continuato Solomon, per poi aggiungere: «Il motivo per cui dico che ne è stato fatto un caso più grande di che ciò che ha mostrato è che la differenza tra i set di politiche che i due candidati hanno proposto è di circa due decimi dell’1%». «Penso che i nostri clienti stiano cercando di guardare a ciò che sta accadendo da una prospettiva politica e di formulare giudizi. Penso che ciò sia esploso in qualcosa di più grande di quello che era destinato a essere», ha concluso.Insomma, non solo Solomon ha specificato che l’autore del report era un «analista indipendente» (quasi a volerne prendere le distanze), ma ha anche voluto aggiungere che lo studio si concentrava su alcune proposte specifiche dei due candidati e che, in termini d’impatto economico, non ci sarebbe poi stata tutta questa differenza. Il report, in particolare, criticava i dazi di Trump e prevedeva che la linea dei dem avrebbe creato più posti di lavoro oltre a portare a un «lievissimo incremento» della crescita del Pil tra il 2025 e il 2026. Forse i toni trionfalistici usati dalla Harris durante il dibattito erano quindi un tantino eccessivi: toni rispetto a cui, neanche a dirlo, i due moderatori di Abc non hanno avuto nulla da eccepire.Come che sia, sono ormai lontani i tempi del 2016, quando l’allora ceo di Goldman, Lloyd Blankfein, diede il proprio endorsement a Hillary Clinton. Evidentemente quest’anno la banca d’affari non è così sicura di una vittoria dem. Come se non bastasse, martedì il ceo di JPMorgan, Jamie Dimon, ha dichiarato che si prospetta all’orizzonte il rischio della stagflazione, mentre il mese scorso aveva lanciato l’allarme su una possibile recessione. Si tratta di una serie di previsioni che rischiano di mettere indirettamente in cattiva luce quella Bidenomics di cui la Harris, vicepresidente in carica da quasi quattro anni, è sempre stata una sostenitrice. D’altronde, a fine aprile, Dimon aveva detto che la Bidenomics stava funzionando soltanto «parzialmente». «Se vai nell’America rurale o nei quartieri poveri, non sono sicuro che si sentano sollevati da questa economia», aveva sottolineato. Non solo. Poche ore prima del dibattito di martedì, Reuters riportava che «Wall Street prevede un duro colpo per gli utili aziendali e il mercato azionario, se la candidata dem alla presidenza Kamala Harris vincerà a novembre e metterà in atto gli aumenti delle tasse promessi».Del resto, nonostante Trump non sia andato bene al dibattito di martedì e abbia rifiutato di farne un altro, i sondaggi condotti dopo il duello televisivo fotografano una situazione in chiaroscuro. Se due rilevazioni Morning Consult e Ipsos attribuiscono alla Harris un vantaggio di ben cinque punti a livello nazionale, Insider Advantage dà Trump avanti di un punto in uno Stato cruciale come il Michigan. È poi interessante un sondaggio di YouGov, secondo cui la candidata dem avrebbe stravinto il dibattito ma, nonostante questo, manterrebbe il medesimo vantaggio nazionale antecedente al confronto Tv: vale a dire appena un punto percentuale. La stessa rilevazione dà il tycoon quattro punti avanti negli elettori indipendenti, considerandolo inoltre più affidabile nella gestione dell’economia.Sia chiaro: il candidato repubblicano ha perso una grande occasione al dibattito di martedì. E, al netto della faziosità dei moderatori, ha le sue indubbie colpe, essendosi dato più volte la zappa sui piedi. Ciò detto, attenzione a chi sta dando la Harris già vincente. Come riportato mercoledì dal New York Times, gli elettori indecisi, durante il dibattito, hanno considerato la vicepresidente troppo vaga e, soprattutto, troppo simile all’impopolare Joe Biden. La stessa precisazione di Solomon sul report evidenzia che anche a Wall Street si nutrono dubbi sulla solidità della sua candidatura.Nonostante le difficoltà di Trump, i fondamentali della corsa elettorale restano per ora favorevoli a lui. Ecco perché, anziché evitare un altro dibattito, il tycoon dovrebbe non solo accettarlo ma addirittura chiederlo su un network ancora più ostile di Abc. L’intervista «protetta» che la Harris rilasciò in agosto alla Cnn non le giovò affatto, anzi. L’ex presidente dovrebbe quindi autodisciplinarsi e rilanciare, per inchiodare l’avversaria ai suoi fallimenti da vicepresidente e farne emergere l’assenza di concretezza. La partita è ancora apertissima. Ma, se vuole vincere, l’ex presidente non deve perdere tempo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/papa-candidati-usa-contro-vita-2669203209.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-francia-aspetta-il-lepenellum-una-legge-elettorale-per-governare" data-post-id="2669203209" data-published-at="1726269782" data-use-pagination="False"> La Francia aspetta il «Lepenellum». Una legge elettorale per governare Mentre nei palazzi del potere e nelle segreterie dei partiti francesi continuano le trattative per la formazione del futuro governo guidato da Michel Barnier, il Rassemblement national di Marine Le Pen si prende qualche rivincita e riesce ad imporre nel dibattito politico, l’introduzione del proporzionale in vista di future elezioni. Due mesi fa, questo partito aveva vinto il primo turno delle elezioni legislative anticipate, convocate frettolosamente da Emmanuel Macron come ripicca la sconfitta del suo partito alle europee di giugno. Poi però, prima del ballottaggio, praticamente tutti i partiti dell’«arco repubblicano», come lo chiamano in Francia, si sono coalizzati per impedire al Rn di ottenere la maggioranza e il governo. Risultato: nessuna formazione o coalizione politica ha ottenuto la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, la Francia è rimasta cinquanta giorni senza guida e Macron si è divertito quasi sadicamente a snervare le forze politiche. Tuttavia quello che macronisti, sinistre e Républicains della destra moderata, hanno cercato di cacciare dalla porta, è rientrato dalla finestra. Il partito della Le Pen è ora in posizione di forza e ha posto condizioni a Macron in cambio di una fiducia, o meglio una non censura, al futuro esecutivo di Barnier. Una di queste condizioni è l’introduzione del proporzionale. Tale conditio sine qua non, è stata recepita non solo dall’inquilino dell’Eliseo ma anche da vari altri leader politici. Ma la maggior parte dei partiti teme il proporzionale perché perderebbero seggi. Sarà anche per questo che, da qualche giorno, si moltiplicano le declinazioni di una ipotetica legge elettorale proporzionale. François Bayrou, leader dei centristi del Modem alleati dei macronisti, sarebbe d’accordo per il proporzionale integrale, ma non esclude una soglia del 5% su base dipartimentale. Anni fa il Modem aveva proposto una quota proporzionale ma solo nelle grandi città, dove l’Rn è più debole. Per La France Insoumise, bisognerebbe tornare alla legge elettorale in vigore prima del 1986 che prevedeva un proporzionale integrale. In casa Rn c’è dibattito tra il proporzionale puro e l’ipotesi di un premio di maggioranza. Nonostante le differenze di vedute sulla legge elettorale, c’è una cosa che accomuna tutti i partiti: l’attesa per delle nuove possibili elezioni anticipate entro la prossima estate. Questo perché la costituzione francese autorizza i presidenti a sciogliere l’Assemblea nazionale solo una volta all’anno. Nel caso la camera bassa risultasse essere assolutamente ingovernabile a causa della sua composizione attuale, Macron potrebbe convocare gli elettori dal luglio 2025. E mentre i partiti si preparano a nuove battaglie elettorali, i loro rappresentanti continuano a porre condizioni per la creazione del nuovo governo o per la definizione del suo programma. Il vice presidente Rn, Sébastien Chenu, ha dichiarato ieri che la sua formazione chiederà l’abrogazione della riforma pensionistica di Marisol Touraine. I verdi hanno invece reso noto che incontreranno il neo premier dopo la composizione del governo. Di esso non farà parte l’ex ministro socialista, Stéphane Le Foll, che ha rinviato al mittente la proposta di guidare un dicastero. Tra i marconisti, il ministro uscente Agnès Pannier-Runacher ha detto di auspicare un «rinnovo in profondità del governo». L’ufficio di presidenza dell’Assemblea nazionale ha reso noto che voterà martedì prossimo sull’ammissibilità della procedura di destituzione di Macron. Per la giornata di oggi sono attese nuove manifestazioni contro il governo Barnier organizzate in varie città da associazioni studentesche e formazioni di sinistra.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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