
Dopo la Siria, è nella penisola arabica che si gioca la partita.L'attenzione verso la crisi in corso nello Yemen è destinata a crescere nel prossimo futuro. Con lo scemare della guerra civile siriana, quello yemenita diverrà il principale terreno di scontro fra versante arabo-sunnita, caratterizzato principalmente da Arabia saudita ed Emirati arabi uniti, e quello incarnato dall'Iran sciita e dalle sue numerose propaggini regionali. Tra queste, vanno certamente annoverate le milizie sciite houthi, impiegate da Teheran nel tentativo di stabilire il proprio controllo sullo Yemen. Gli houthi hanno occupato militarmente la fascia costiera settentrionale del Paese con il relativo entroterra, immediatamente a ridosso dell'Arabia saudita, e una volta insediatisi nella capitale Sana'a hanno costretto il governo legittimo alla fuga nella città di Aden più a sud. Se non fosse intervenuta la coalizione guidata da Riad e Abu Dhabi, il regime khomeinista oggi controllerebbe lo stretto di Bab Al Mandab, località strategica per le rotte marittime, mentre la minaccia al confine con il territorio dell'Arabia saudita, dove gli houti hanno spesso tentato di sconfinare, si sarebbe fatta ancora più pressante. I luoghi più sacri per l'islam, la Mecca e Medina, si trovano infatti a qualche centinaia di chilometri dalla frontiera. La rivalità con Riad ha favorito la convergenza nello Yemen tra Iran e Qatar. Quest'ultimo ha deciso da tempo d'intraprendere la ricerca dell'egemonia regionale a scapito dei Paesi vicini, contrapponendosi all'alveo arabo-sunnita simboleggiato dal Consiglio di cooperazione del Golfo. Di qui il supporto all'organizzazione transnazionale islamista dei Fratelli musulmani, che Doha intendeva insediare al governo di Egitto, Tunisia, Libia, Giordania e Siria, approfittando del caos politico e istituzionale causato dalla cosiddetta «primavera araba». Un piano fallito, ma le intenzioni che lo animavano restano vive. L'alleanza tra Iran e Qatar nello Yemen è dunque il dato essenziale che emerge dal complesso intreccio di relazioni tribali e dinamiche confessionali che contraddistingue l'attuale situazione del Paese, dove estremismo e terrorismo sono ben radicati. La presenza dell'Isis è più recente di quella di Al Qaeda, che controlla vasti territori a est, mentre l'Hezbollah libanese ha ammesso recentemente per bocca del suo leader Hassan Nasrallah di sostenere gli houthi contro il governo centrale yemenita. Con la riduzione dell'impegno in Siria, è molto probabile che Hezbollah incrementi gli sforzi militari nello Yemen.La questione delle milizie sciite legate a doppio filo a Teheran va oltre il Medio Oriente. Da Yemen, Siria, Libano e Iraq, basta volgere lo sguardo più a est per accorgersi di come gruppi armati filo-iraniani siano attivi anche in Afghanistan e Pakistan.
- Dopo lo scandalo mazzette, Confimprenditori si ribella: «Piuttosto che finanziare ville e bagni d’oro, aiutiamo i nostri settori produttivi». Matteo Salvini ancora polemico: «Al Consiglio di Difesa le decisioni erano già prese. Per il futuro vogliamo più chiarezza».
- Il documento sulla guerra ibrida: «Per contrastarla ci servono 5.000 uomini».
Lo speciale contiene due articoli
Non sapendo dove prendere le risorse per il Paese invaso, la Commissione riesuma il salva Stati, la cui riforma è bloccata dal veto di Roma. Poi mette l’elmetto pure alla libera circolazione e lancia la «Schengen militare».
Come non averci pensato prima? Alle «tre strade senza uscita» per dare soldi all’Ucraina elencate da Giuseppe Liturri pochi giorni fa su questo giornale se ne aggiunge una quarta, ancor più surreale, resa nota dalla Stampa di ieri. Ursula von der Leyen avrebbe proposto di utilizzare «a fondo perduto» per Kiev le giacenze del famigerato Mes, il Meccanismo europeo di stabilità la cui riforma è di fatto bloccata dalla mancata ratifica parlamentare del nostro Paese.
Cibo italiano farlocco
Il market di Bruxelles vende imitazioni delle nostre specialità. Come la carbonara (in vasetto). Il ministro: «Subito verifiche».
Verrebbe da dire: Ursula, spiegaci questa. Perché nei palazzi dell’Ue si spaccia una poltiglia in vasetto definita Carbonara che è a metà strada tra un omogeneizzato e una crema da notte? Va bene che la baronessa von der Leyen pecca per abitudine in fatto di trasparenza - dai messaggini sui sieri anti-Covid con Albert Bourla della Pfizer costati una valanga di miliardi fino alla corrispondenza con i generali tedeschi, senza contare il silenzio sulla corruzione in Ucraina - ma arrivare a vendere nel «suo» supermarket il falso cibo italiano pare troppo. Anche se sappiamo da tempo che l’Ue è tutta chiacchiere e distintivo, in questo caso falso.
Il Parlamento europeo (iStock). nel riquadro, la copertina del libro di Gabriele Guzzi
Alcuni esponenti del centrodestra hanno cambiato registro: parlano come Elsa Fornero.
Eurosuicidio è il titolo di un gran bel libro scritto da Gabriele Guzzi con prefazione di Lucio Caracciolo sull’impatto dell’Unione europea rispetto alle crisi in corso. Un’analisi severa e puntuale, dove i dati reggono le tesi che conducono all’arrivo: l’Europa non è in crisi, è la crisi.




