2022-08-04
«Niente tagli alla CO2. Con acqua e sole è alla base della vita»
Alberto Prestininzi (Youtube)
Il geologo Alberto Prestininzi tra i promotori della petizione sul clima: «Il caldo va affrontato producendo più energia per benessere e lavoro».Alberto Prestininzi è professore ordinario di geologia applicata all’università La Sapienza di Roma. Fondatore e per 15 anni direttore del Centro per la previsione, prevenzione e controllo dei rischi geologici e ambientali, e dell’Italian Journal of engineering geology and environment, direttore del programma di master su Rischio idrogeologico e rischio sismico, Prestininzi è stato anche membro del comitato scientifico per la costruzione del Ponte di Messina e presidente della sezione rischi idrogeologici della Commissione nazionale grandi rischi. Uno degli otto promotori della Petizione italiana sul clima, è stato scelto quale ambasciatore italiano della dichiarazione internazionale «Non v’è alcuna emergenza climatica».Professore, come mai vent’anni fa cominciò a occuparsi di clima?«Nell’ambito delle ricerche sui rischi naturali, mi occupavo dell’analisi di pericolosità degli eventi naturali per costruire modelli previsionali destinati alla prevenzione. È opinione diffusa che piogge, uragani o cicloni tropicali siano caratterizzati da aumenti per frequenza e intensità. Ma le nostre ricerche - approfondite e meticolose fino alla noia - non confermavano questa narrazione. Cosicché, da geologo, cominciai a interessarmi della questione climatica. La circostanza citata è stata poi confermata anche da altri colleghi nel mondo. Per esempio, gli americani della National oceanic and atmospheric administration hanno contato e classificato gli uragani che avevano colpito l’America negli anni 1850-2010, trovando che negli 80 anni 1930-2010 furono, per intensità e numero, inferiori a quelli degli 80 anni 1850-1930. E un gruppo di 12 ricercatori australiani, tutti appartenenti a prestigiose università, lo scorso giugno hanno pubblicato i dati che certificano che v’è in corso, dal 1880 a oggi, una inequivocabile diminuzione, in termini di frequenza e intensità, di cicloni tropicali. Siccome quel che scoprivo io veniva scoperto anche da altri, ho pensato fosse cosa giusta, anzi doverosa, prendere una posizione esplicita anche al di fuori della ristretta comunità scientifica». Così lei prima ha promosso la Petizione italiana che, sottoscritta da oltre 200 accademici, è stata inviata al presidente Mattarella, e ora è ambasciatore italiano di quella internazionale inviata al segretario generale dell’Onu. Gli altolocati destinatari delle petizioni hanno preferito Greta Thunberg e seguaci a lei. Qui ha l’occasione, se crede, di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.«Non sento di avere alcun sassolino da togliermi. Del presidente Mattarella ho altissima stima e ammirazione. Il fatto è che la scienza - cioè la costatazione dei fatti per come essi sono - ci dice che il nostro pianeta si trova in una fase calda in quanto è uscito da una fase fredda che ebbe il minimo intorno al 1690. Quindi è dal 1690 che il pianeta si scalda. E non dal 1950, come ci raccontano, con lo scopo di accreditare come necessaria la riduzione delle emissioni di CO2».Perché non dovremmo ridurre le emissioni di CO2?«Non ne vedo la ragione. Questo gas, l’acqua e la radiazione solare costituiscono gli ingredienti fondamentali della vita sulla Terra. Quanto al clima, la geologia ci insegna che in tutti e quattro i periodi interglaciali degli ultimi 400.000 anni la temperatura raggiunse massimi ben superiori ai valori odierni del periodo interglaciale nel quale viviamo, e ciò sebbene la concentrazione atmosferica di CO2 sia oggi 400 ppm (parti per milione) mentre nei periodi interglaciali precedenti non avesse superato i 300 ppm. Ogni evidenza ci dice che l’influenza della CO2 sul clima è insignificante. E potrebbe anche essere benefica. Sicuramente è benefico l’effetto sulla fotosintesi: maggiore CO2 garantisce una più rigogliosa vegetazione».E le ondate di calore che allarmano parti del mondo?«Le cronache del passato ne registrano di simili. La temperatura più alta mai registrata occorse il 10 luglio 1913».E la temperatura più bassa mai registrata fu il 10 agosto 2010, manco a farlo apposta in pieno global warming. Come ridurre questi eventi estremi?«Non si può. Ma proteggersi e adattarvisi, sì. Nell’agosto 1896 il Nordest americano fu colpito da un’ondata di calore che durò 10 giorni e uccise 1.500 persone. Se accadesse oggi sarebbe imperdonabile: grazie agli impianti di climatizzazione riusciremmo a far fronte a simili momenti. L’umanità, quindi, ha bisogno di maggiore - e più equamente distribuita - energia, e non di minore uso come chiedono gli stessi che attraverso scelte scriteriate stanno mettendo in crisi il sistema energetico. I seguaci di Greta Thunberg non sembrano comprendere che maggiore uso dell’energia significa maggiore benessere e più opportunità di lavoro». Alcuni sostengono che l’energia andrebbe prodotta solo con le rinnovabili.«L’unica fonte rinnovabile che veramente funziona è l’idroelettrico. Il geotermico è insignificante e la biomassa sottrae spazi all’agricoltura per il cibo. Alcuni Paesi producono la propria elettricità al 100% dall’idroelettrico, eppure noi, che abbiamo condizioni morfo-altimetriche favorevoli grazie alle Alpi e alla dorsale appenninica, abbiamo cessato di realizzare invasi e dighe che consentirebbero anche una più razionale distribuzione idrica, cruciale per l’agricoltura».Per l’Enciclopedia Treccani lei ha curato il capitolo sul dissesto idrogeologico. Questo spesso emerge proprio in conseguenza di eventi climatici, a volte neanche miti. Come proteggersi da essi?«Affrontare il dissesto idrogeologico è esattamente la mia storica professione. E si affronta attraverso la prevenzione e l’adattamento, e non agendo nella vana speranza di modificare eventi che sono naturali. E invece continuiamo a sperperare risorse inseguendo il mito del solare e dell’eolico a svantaggio di azioni efficaci a prevenire gli effetti di eventi naturali che continuano a produrre disastri economici e dolore a intere comunità sol perché non ci industriamo ad adattarvici».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?