
Sven Liebich, oggi Maria-Svenja, ha sfruttato la legge dell’esecutivo Scholz. Che gli attivisti ancora difendono.Le sorti carcerarie di un noto neonazista tedesco, Sven Liebich (54 anni) stanno facendo discutere da settimane, anzi da mesi, la stampa e i media del pianeta. Perché Liebich, ex militante del gruppo «Sangue e onore», è stato condannato due anni fa per crimini di odio e violenza, commessi quando era maschio e fiero di esserlo. Ma ora, grazie alla legge pro trans voluta dalla coalizione semaforo che governava la Germania con Olaf Scholz cancelliere, è stato appena trasferito in un carcere femminile dopo aver cambiato legalmente sesso. Senza però che sia intervenuta alcuna mutazione biologica, né una «rettificazione chirurgica». Il solo cambio di abito e di nome è bastato al neonazi per sfruttare, furbescamente, le leggi arcobaleno.Le condanne subite da Liebich erano quelle tipiche del militante estremista, in particolare «incitamento all’odio, razzismo e diffamazione». A ben scavare, Liebich era stato giudicato pure per delitti che vanno direttamente contro ciò che ora pretende legalmente di essere. Per esempio si era macchiato di «insulti e aggressioni verbali» contro persone omosessuali, definite «parassiti della società», durante «il gay pride del 2022». Non pareva proprio, almeno dall’esterno, uno che dubitasse della sua identità sessuale, eppure...Per questi delitti e altri della stessa natura, l’inflessibile legge teutonica lo ha condannato nel 2024 a 18 mesi di prigione, mentre da ieri Liebich sconterà il residuo della pena nel penitenziario femminile di Chemnitz. Infatti, poco dopo l’arresto, il virile militante Sven ha cominciato a presentarsi come donna e a farsi chiamate Maria-Svenja.Per dar forza e credibilità all’avvenuta «trasmutazione di genere», l’ex militante si presenta da tempo alle udienze mettendo rossetto, orecchini d’oro e top leopardati. Ma tutto questo è possibile e legalmente produttivo, solo grazie alla nuova legge progressista sull’identità sessuale approvata nel 2024. Secondo la quale, in materia di genere, non conta nulla la biologia naturale e nativa, e nemmeno ciò che dicono i documenti di identità di un cittadino, seppur rilasciati dallo Stato. Anzi, pirandellianamente, «così è si vi pare»: se mi dichiaro uomo o donna è solo affar mio, e si rischia la denuncia e l’infamia se si fa ironia sulla «autodeterminazione sessuale» di qualcuno.Per il ministro dell’Interno, Alexander Dobrindt, il caso Liebich dimostrerebbe che «magistratura, opinione pubblica e politici» vengono presi in giro e la colpa sarebbe tutta nella «legge sull’autodeterminazione», che dà ai cittadini «l’opportunità di farlo». Dopo decine di casi simili, si svegliano solo ora che è un neonazi a essere implicato? Solo dopo questo caso emblematico si osa dire, come ha fatto lo stesso conservatore Dobrindt, che urgono «regole chiare» per evitare «l’abuso del cambio di genere»?In soccorso del neonazi, però, hanno parlato proprio i gruppi Lgbtq tedeschi, per i quali «l’abrogazione della legge» che permette a Liebich di prendere in giro società e media porterebbe «a una maggiore discriminazione».
Giovanni Gastel, 4 colori almeno! copertina per rivista Donna, marzo 1982/Archivio Giovanni Gastel
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