2020-05-17
Nelle chat del Csm l’indagato Palamara è il «capitano» anche di De Raho
Giovanni Legnini e Luca Palamara (Ansa)
Su Whatsapp il superprocuratore antimafia chiedeva appoggi e consigli all'ex capo dell'Anm. Che si confrontava con Marco Minniti.Gli scoop della «Verità» viaggiano tra le mailing list e scuotono i magistrati. Il sostituto pg di Messina: «Metodi e abitudini da mafiosi». Nicola Saracino: «Nessuno si chiami fuori».Lo speciale contiene due articoli«Grande capitano», scriveva il neo procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, a Luca Palamara, oggi indagato per corruzione a Perugia per i suoi disinvolti rapporti con l'imprenditore-lobbista Fabrizio Centofanti. È il 23 ottobre 2017, e il procuratore di Reggio Calabria sa già che la lotta per la poltrona più importante della Dna (Direzione nazionale antimafia) è vinta. In quinta commissione, al Csm, ha ottenuto una schiacciante affermazione per cinque a uno su Roberto Scarpinato, che poi si ritirerà, lasciando così la possibilità al plenum di votare all'unanimità per il magistrato napoletano. Le chat tra Palamara e Cafiero De Raho, allegate agli atti dell'inchiesta umbra, disegnano un rapporto di profonda stima e fiducia tra i due. Tanto che Cafiero De Raho si sente libero di scrivere al più giovane collega un giudizio tranchant sull'allora Guardasigilli, Andrea Orlando. «Carissimo Luca, è vergognoso che per Napoli il ministro dette il concerto in poche ore ed emise il decreto il giorno dopo il plenum per consentire la immediata presa di possesso e impedire la sospensiva; per Pna (Procura nazionale antimafia, ndr) sono passati dieci giorni. Non voglio esprimere valutazooni (sic, ndr) ma tra 20 giorni Roberti (Franco Roberti, suo predecessore e attuale parlamentare europeo del Pd, ndr) scade e non si può lasciare la Dna scoperta né si può pensare che il successore in una settimana lasci la propria sede e i propri effetti personali per raggiungere quella importante sede. Un fortissimo abbraccio». Ma è una delusione che dura un giorno. Il 26 ottobre, infatti, il magistrato che ha sgominato il clan dei Casalesi invia un altro Whatsapp a Palamara in cui gli segnala: «Carissimo Luca, il concerto è stato firmato. Nella settimana bianca fissare la nomina in straordinaria potrebbe indispettire alcuni e far registrare l'assenza di altri. Oramai è andata all'altra settimana. Valuta tu con la saggezza che ti contraddistingue». Una saggezza che è soprattutto politica se è vero che, quando l'incarico alla super Procura appare ormai cosa fatta, Cafiero gli chiede consiglio su come muoversi nella cristalleria del Consiglio superiore della magistratura. «Caro Luca, alle 11 vado a incontrare Canzio (Giovanni Canzio, primo presidente della Cassazione, ndr). Come va per il resto? Pensi che debba venire al Csm? Devo incontrare la Casellati (Maria Elisabetta Alberti Casellati, ex consigliere laico e oggi presidente del Senato, ndr)?». Palamara gli risponde che «un saluto alla Casellati va bene». Il dubbio di Cafiero è «con te o da solo?». Palamara decide: «Anche con me».Il destino professionale del magistrato partenopeo (ovviamente, non indagato) è al centro anche delle chat tra Palamara e Marco Minniti, all'epoca potente ministro dell'Interno. Quando Cafiero perde la corsa, contro Giovanni Melillo, per la Procura di Napoli, Minniti si rivolge al corregionale Palamara (sono entrambi calabresi) con una esplicita richiesta: «Cerchiamo adesso di salvare il soldato De Raho. Il risultato in qualche modo lo consente». E Palamara è d'accordo («Sì il mio intervento in plenum è stato in questo senso»). Tra ottobre e novembre, si chiude finalmente la partita per la Direzione nazionale antimafia. Palamara informa il ministro che la nomina è passata in commissione («Votato De Raho 5 voti Scarpinato 1») e che sarà presto ratificata («Domani Cafiero andrà all'unanimità, un caro saluto») ottenendo per entrambi i messaggi Whatsapp un «eccellente» come risposta dal capo del Viminale (anche lui, chiaramente, non indagato).Pure in occasione della corsa per la guida della Procura partenopea, Cafiero De Raho aveva dialogato a lungo con Palamara. I contatti risalgono alla fine di luglio 2017, quando le valutazioni dei candidati davanti al Csm sono nel vivo. Il 24 luglio è un giorno particolarmente delicato per il magistrato campano, che insiste ripetutamente per incontrare il potente consigliere di Unicost. «Scusa Luca a che punto siete?», gli domanda Cafiero. Palamara gli risponde: «Siamo ancora in audizione Fragliasso (Nunzio Fragliasso, ex reggente della Procura di Napoli, ndr)». Dopo un po', Cafiero lo sollecita: «So che è finita la commissione […]. Tieni conto che sono in piazza Esedra da quasi due ore. Non è tanto l'attesa quanto l'immagine che due autovetture blindate possono dare in questa piazza». Il giorno dopo, i due si risentono. La corsa è finita, Melillo - all'epoca capo di Gabinetto del ministro della Giustizia, Andrea Orlando - è il nuovo procuratore di Napoli, l'ufficio giudiziario più grande d'Italia per numero di magistrati. Palamara consola Cafiero: «Ho lottato insieme a te fino all'ultimo. Persa una battaglia, non la guerra». E lui gli risponde: «Carissimo Luca, sono convinto che ancora dobbiamo lottare insieme. Grazie, comunque, per avermi assecondato nella scelta, che non condividevi, di andare avanti. Sapevo della sconfitta ma per formazione vado avanti fino in fondo e non riesco a ritirarmi, mai. Un forte abbraccio. A presto». Come finirà con la Procura nazionale antimafia lo sappiamo. E, dal virus inoculato nel cellulare di Palamara, sappiamo pure che qualche tempo dopo sempre Palamara organizza un incontro riservato con il capo dell'Antimafia e David Ermini, neo vicepresidente del Csm. «Caro David, puoi bloccare se non hai altri impegni 22 o 24 ottobre sera volevo organizzare cena ristretta con Cafiero De Raho? Un abbraccio e quando vuoi caffè», è il testo del messaggio. Il numero due di Palazzo dei Marescialli replica: «Ok, per ora sono libero tutte e due le date. Fammi sapere». La data scelta sarà il 22 ottobre, ma l'argomento resta ignoto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nelle-chat-del-csm-lindagato-palamara-e-il-capitano-anche-di-de-raho-2646015483.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="panico-tra-le-toghe-sembra-la-p2" data-post-id="2646015483" data-published-at="1589651301" data-use-pagination="False"> Panico tra le toghe: «Sembra la P2» Viaggiano nelle mailing list dei magistrati italiani gli scoop della Verità sulle chat segrete di Luca Palamara e sollevano un fuoco incrociato sulla gestione assai dégagé del Csm e sui suoi protagonisti. Il sostituto pg di Messina, Felice Lima, usa toni forti e richiama la violentissima denuncia di un collega che, in tempi non sospetti, aveva parlato di «metodi mafiosi» all'interno del Consiglio superiore della magistratura: «Hanno fatto gli indignati quando Andrea Mirenda (magistrato veronese, ndr) ha fatto il paragone con la mafia, ma lo schema, l'iconografia, il lessico, le abitudini sono le stesse». Gli uomini in toga, scrive ancora Lima nello spazio comune, «hanno un problema culturale: credono che mafia sia solo pistole e stragi. Essendo ignoranti, non sanno che la mafia è molto altro». Cita poi il nostro articolo sull'incontro tra Palamara e Francesco Greco, procuratore di Milano, che pure aveva stigmatizzato le manovre occulte a Palazzo dei Marescialli. «E io ingenuamente gli ho creduto e, infatti, subito ho scritto qui che evidentemente Greco alla Procura di Milano lo aveva portato la cicogna». Aggiungendo subito dopo: «Greco poteva giustamente disprezzare quelli che si incontravano a mucchi con Palamara negli alberghi, perché lui Luchino lo incontrava da solo nel loro “solito posto"». Più politica la lettura del gip di Ragusa, Andrea Reale, altro commentatore abituale e controcorrente delle cose giudiziarie. Uno che, emerge sempre dalle chat di Palamara, secondo Francesco Minisci, ex segretario dell'Anm, «non va letto, ma i colleghi lo leggono». Sostiene Reale: «Dalle intercettazioni emergono i contatti del Luca nazionale anche con quella corrente (quelle correnti: MD e Movimenti) che ha fatto dello scandalo di Perugia il grimaldello per ribaltare le maggioranze dentro l'Anm e dentro il Consiglio superiore […] Ci vuole al più presto una nuova legge elettorale e le correnti devono essere allontanate al più presto da tutte le istituzioni rappresentative della magistratura per il bene dell'Ordine giudiziario». Un altro magistrato, che si firma MB, ricorda invece il caso del procuratore aggiunto di Roma, Giuseppe Cascini, «che al Csm ha accusato Palamara & C. di intrecci massonici, parlandone come se lui fosse estraneo a queste vicende occulte di spartizioni e favori, posti di vertice per l'amico, concorsi, raccomandazioni per fratelli e amici. Altro che contrapposizione tra correnti: qui siamo in presenza di consociativismo che sfocia in lobbismo e abuso. E Cascini lo aveva detto: “Avevo notato delle ombre nei colleghi; questa vicenda ricorda la P2". Eh sì, questa volta bisogna dargli proprio ragione. Questa vicenda, che emerge con tutti i suoi protagonisti ogni giorno di più, ricorda molto da vicino la P2». Nicola Saracino, giudicante a Verona, è breve e lapidario: «Nessuno si chiami fuori […] Alla logica spartitoria - sposata da tutti - è ineluttabilmente correlata la rinunzia al controllo sui prescelti per ogni tipo di incarico». E sarà forse per la delusione provocata dalla degenerazione del sistema che l'ex segretario generale di Unicost, Marcello Matera, nome storico dell'associazionismo in magistratura, ha deciso di rassegnare le dimissioni dalla corrente. Proprio lo stesso giorno in cui le toghe italiane si sono ritrovate i nostri articoli nelle caselle mail condivise.