2025-11-25
Il padre di Ramy ancora contro i carabinieri
Il signor Yehia Elgaml, padre di Ramy (Ansa)
A un anno dal tragico incidente, il genitore chiede che non venga dato l’Ambrogino d’oro al Nucleo operativo radiomobile impegnato nell’inseguimento del ragazzo. Silvia Sardone: «Basta con i processi mediatici nei loro confronti, hanno agito bene».È passato ormai un anno da quando Ramy Elgaml ha trovato la morte mentre scappava, su uno scooter guidato dal suo amico Fares Bouzidi (poi condannato a due anni e otto mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale), inseguito dai carabinieri. La storia è nota: la notte del 24 novembre scorso, in zona corso Como, i due ragazzi non si fermano all’«alt» delle forze dell’ordine che avevano preparato un posto di blocco per verificare l’uso di alcolici nella zona della movida milanese. Ne nasce così un inseguimento di otto chilometri che terminerà solamente in via Ripamonti con lo schianto dello scooter, la morte del ragazzo e i carabinieri che finiscono nei guai, prima con l’accusa di omicidio stradale in concorso e poi con quelle di falso e depistaggio. Un anno di polemiche e di lotte giudiziarie, con la richiesta di sempre nuove perizie che sembrano pensate più per «incastrare» le forze dell’ordine che per scoprire la verità di quel 24 novembre.Ieri il padre di Ramy, Yehia Elgaml, è tornato a parlare e, al Tgr, ha detto: «Continua la fiducia nelle giustizia ma non va bene così, non devono fare il regalo degli Ambrogini». Il riferimento è al fatto che, il prossimo 7 dicembre, l’onorificenza potrebbe essere assegnata anche al Nucleo operativo radiomobile dei carabinieri di Milano, proprio quello coinvolto nell’inseguimento. La proposta era stata avanzata dall’europarlamentare leghista Silvia Sardone, che, così, ha cercato «un modo per chiudere le polemiche che ci furono contro i carabinieri».Ovviamente, sul caso Ramy è intervenuta anche la parlamentare europea, Ilaria Salis, che su Twitter lo ha descritto come un «ragazzo di periferia, nuovo italiano, giovane proletario. Per qualcuno solo un “maranza” in meno, una vita di serie B, uno dei quartieri problematici. Per noi figlio del popolo, per sempre». Nessuno, come è ovvio, ha esultato per la morte di Ramy e nessuno, come è altrettanto scontato, ha esultato per la fine di un maranza. Semplicemente da più parti si è fatto notare come questa morte si sarebbe potuta evitare se solo Fares, l’amico che guidava lo scooter, si fosse fermato davanti all’alt dei carabinieri. E ancora. Non si può parlare di questo ragazzo senza ricordare che la fuga, quel 24 novembre, è stata innescata dal fatto che Bouzidi aveva con sé una collanina, probabilmente rubata, mille euro in contanti (non proprio una cosa comune nelle tasche di chicchessia), un coltello e dello spray al peperoncino. I due, poi, erano noti alle forze dell’ordine per i loro precedenti penali. Non erano dunque dei santarellini e i carabinieri non hanno fatto - nonostante in quei giorni lo si è ripetuto in continuazione - alcuna profilazione razziale.L’onorevole Sardone, sentita dalla Verità, commenta così le parole del padre di Ramy: «Sono orgogliosa dell’ambrogino d’oro al Nucleo Operativo Radiomobile di Milano che lo riceverà dopo la mia candidatura. Un’eccellenza dell’Arma dei carabinieri, da sempre apprezzata dai cittadini per la professionalità e per il coraggio dimostrati in tante azioni in città. Rappresentano un simbolo di affidabilità e credibilità nella Milano di oggi. Lo hanno dimostrato anche la notte del 24 novembre 2004 durante un inseguimento che è poi finito sulle cronache dei giornali alimentando assurde polemiche da sinistra. Un’azione legittima e corretta, confermata anche da recenti sentenze. Meritano la massima onorificenza della città di Milano, anche per mettere fine agli attacchi semplicemente per aver svolto il proprio lavoro a tutela della collettività. Sarebbe assurdo far ripartire processi mediatici nei loro confronti».
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