
Sono più di 20 anni che l’America chiede maggiore intraprendenza europea e allargamento ad altri partner. La saggia politica africana di Roma, che dovrebbe coinvolgere anche gli Usa, può essere un banco di prova.Le recenti dichiarazioni di Guido Crosetto in un recente convegno presso l’Università di Padova hanno indicato una linea di pensiero per la sicurezza dell’Italia e delle democrazie alleate che dovrebbe essere globale e non limitata solo al perimetro tradizionale della Nato. Tali parole non erano contro il principio di difesa collettiva dell’ambiente euroamericano, anzi, ma un invito a pensare tale difesa in termini più estesi: Nato globale o qualcosa di simile perché gli interessi europei e statunitensi devono tenere conto del mondo emergente extraeuropeo da dove possono venire sia nuovi pericoli sia vantaggi economici, considerazione che spinge all’estensione mondiale dell’ombrello di sicurezza euroamericano, allargato. Non voglio essere un interprete del pensiero di Crosetto, ma suggerisco di utilizzare le sue parole di buona logica come innesco per nuove riflessioni sulla dottrina italiana della sicurezza collettiva da sviluppare entro l’alleanza che dovrà essere rinnovata.Per inciso, ricordo una cena con Francesco Cossiga, di cui ero consigliere per li scenari strategici, nel 1989. Commentavamo un’espressione che girava nell’ambiente Nato in quel tempo segnato dalla fine della Guerra fredda: out of area or out of business (fuori dall’area oppure fuori dalla rilevanza). La mia posizione fu di estendere il metodo Nato (interoperabilità tra sistemi militari nazionali) ad un’evoluzione graduale del G7 verso un G7+ inclusivo di nuove nazioni compatibili in particolare nel Pacifico con sua strutturazione come mercato integrato ed alleanza militare. Il presidente sobbalzò, ma mi disse di avviare una ricerca, forse osservando l’espressione positiva del generale Carlo Jean che ne era il consigliere militare. A metà degli anni ’90, in un incontro tra Centro militare italiano di studi strategici (Cemiss) presso il Casd, ministero della Difesa, e l’ufficio scenari del Pentagono (Net Assessment) - testimone il generale Giuseppe Cucchi - chiesi agli americani come definivano il periodo post-Guerra fredda nell’orizzonte temporale dei futuri 25 anni, periodo necessario per sviluppare nuovi strumenti di superiorità tecnologica. La risposta, con un po’ di imbarazzo, fu post-post-Guerra fredda, con dettagli che indicavano caos. Avendo in mente il rapporto di quell’ufficio dove indicava alla Casa bianca (ma Bill Clinton non volle tenerne conto sul piano della deterrenza) che la Cina avrebbe ottenuto capacità tecnologico-militari quasi simili all’America entro il 2024, scenarizzai come probabile una seconda Guerra fredda tra America e Cina e quindi lo spostamento degli strumenti di sicurezza verso il Pacifico, l’Africa e l’America del Sud. Non annoio con ulteriori ricordi, ma segnalo una mia analisi corrente e prospettica del nuovo contesto mondiale nel libro Italia Globale (Rubbettino, 2023). In sintesi, da più di due decenni ci sono motivi per aumentare il raggio degli strumenti di sicurezza dell’alleanza tra democrazie. Crosetto va ringraziato perché ha espresso con lucidità una visione evolutiva dell’esperienza Nato. Il punto. L’America non è più grande abbastanza e con consenso interno sufficiente per provvedere alla difesa degli europei: deve concentrare le risorse nel Pacifico e dintorni per contenere l’espansione della Cina, spostandole pur non totalmente dall’area europea. Non è una novità: tale rischieramento era già previsto dalla Dottrina dell’interesse nazionale di George W. Bush (e Condolezza Rice) agli inizia del 2001, poi invertita per rispondere all’attacco terroristico del settembre di quell’anno. Dottrina ripresa da Barack Obama con la formula lead from behind, cioè guidare da dietro. Semplificando: ingaggi diretti solo per rischi di interesse vitale statunitense, ed indiretti (ombrello) agli alleati invitati a spendere di più per la difesa della loro regione. Joe Biden è stato e Donald Trump è in continuità, pur non nei modi bruschi, con una linea statunitense sia democratica sia repubblicana più che ventennale. Piaccia o non piaccia questa è una realtà generata dal limite di potenza corrente dell’America, pur superpotenza. Ma il tema per gli europei è: dobbiamo spendere centinaia di miliardi in un decennio solo per difenderci dalla Russia imbizzarrita oppure dobbiamo spenderli anche per rendere globale e non solo euroasiatico il presidio di sicurezza? Per rispondere un esempio concreto. L’Italia è molto ingaggiata nel corridoio ferroviario con sbocco nel porto angolano di Lobito per portare minerali critici dall’Africa centrale. Nell’intelligente connessione, recente, tra Progetto Mattei e Programma Global Gateway dell’Ue, dove è probabile una convergenza statunitense, più nazioni africane ed istituti finanziari pubblici internazionali, è ancora da trovare l’architettura di sicurezza per tale opera infrastrutturale di oltre mille kilometri che passa tra territori turbolenti. Un’azione di Nato globale sarebbe perfetta. Possibile? L’America vuole mantenere alleanze regionali diversificate per evitare che gli alleati prevalgano sulle scelte di interesse nazionale e ciò ostacola una Nato formalmente globale. Ma il metodo Nato potrebbe essere applicato a programmi di sicurezza specifici in diverse parti del mondo, così andando fuori area di fatto anche se non formalmente. Da studiare. Così come vanno studiati i nuovi sistemi di superiorità militare anche con il criterio di scegliere tecnologie innovative che possano trasferirsi, pur degradate, all’industria civile. In conclusione, la priorità contingente è mantenere attiva la Nato per la sua missione di sicurezza contro l’aggressività russa per poi avviare progetti di un’alleanza più vasta di cui la Nato sia parte e che usi il metodo di interoperabilità della Nato stessa. Progetto Nova Pax. www.carlopelanda.com
Giovanni Gastel, 4 colori almeno! copertina per rivista Donna, marzo 1982/Archivio Giovanni Gastel
Alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (PR) una mostra che racconta l'Italian Style dal 1950 agli anni 2000. In un intreccio di moda, fotografia e pubblicità, esposte (sino al 14 dicembre 2025 ) oltre 300 opere, fra cui iconiche campagne pubblicitarie di Armando Testa e Olivieri Toscani e straordinari scatti di Giovanni Gastel e Gian Paolo Barbieri.
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Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso sull’ineleggibilità immediata della leader del Rn. L’Ue intanto bacchetta Parigi.
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Nicola Petrosillo in commissione: «Dal farmaco previsto dai protocolli zero effetti sul virus. E io, come medico, lo do pochissimo».