2021-07-17
Moto Maserati: quando il tridente aveva due ruote
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Un dettaglio del Maserati 50TZ/SS detto "rospetto". (courtesy Andrea Ascari)
Tra il 1953 e il 1960 un ramo della Maserati entrò nel settore motociclistico con una produzione di nicchia di altissima qualità. Storia di un'eccellenza italiana da non dimenticare.Tutti conoscono i capolavori a quattro ruote del Tridente. Molti ne conoscono l'evoluzione tecnica e stilistica, alcuni i successi nelle competizioni del glorioso passato dell'automobilismo mondiale. Pochissimi sanno che Maserati produsse anche motociclette, che meritano di condividere il successo delle auto che seppero portare la passione e la maestria emiliana a primeggiare nel mondo. La storia delle due ruote Maserati cominciò nei primi anni cinquanta, l'età dell'oro di quei ciclomotori e di quelle motoleggere che contribuirono alla ripartenza del Paese dopo le terribili distruzioni belliche. Il settore delle due ruote di piccola e media cilindrata, in fortissima espansione tra la fine degli anni quaranta e il decennio successivo, attirò molte aziende che convertirono al nuovo business la produzione prebellica e che si affiancarono ai grandi marchi italiani (Guzzi, Gilera, Benelli) nell'occupazione di una fetta del mercato che si allargò nell'Italia della ricostruzione. Per quanto riguardò il marchio Maserati, l'avventura delle due ruote nacque da un ramo aziendale, quello delle candele, lampadine e accumulatori guidato da Ida Orsi (figlia di Adolfo) dopo la divisione dell'azienda tra i membri della famiglia. Al fratello Omer andò la direzione del settore automobilistico, alla sorella Bruna ed al marito le Acciaierie Ferriere di Modena. Fu dunque Ida (una donna alla testa di un'azienda negli anni cinquanta, caso raro) ad assumere la guida dell'azienda di candele ed accumulatori, con la partecipazione gestionale del figlio Balilla Vaccari. La base di partenza per la produzione motociclistica non fu da zero, ma avvenne attraverso l'acquisizione di una piccola fabbrica di Bologna, la Italmoto, che all'inizio degli anni cinquanta aveva in listino un 160 e un 125cc. La produzione con il marchio del tridente negli stabilimenti modenesi di via Filippo Paolucci iniziò nel 1953. Quella delle moto Maserati sarà una storia breve, ma non per questo poco interessante. A guidarci tra i modelli e la tecnica delle due ruote nate a Modena è proprio un modenese doc, Andrea Ascari. Nato e cresciuto tra i motori della sua terra, è nipote di William Vaccari, nientedimeno che il telaista di fiducia del "Drake" Enzo Ferrari. La sua collezione di motocicli Maserati è unica nel mondo. Con 15 pezzi perfettamente restaurati dopo una lunghissima ricerca e duro lavoro, Ascari copre praticamente tutta la storia produttiva del marchio, a perenne memoria di un pezzo di storia dell'eccellenza emiliana che rischierebbe irrimediabilmente di perdersi. Come già detto, i primi modelli usciti dalla fabbrica modenese erano equipaggiati dai propulsori Italmoto e costruite con i pezzi della fabbrica bolognese: un 125cc. due tempi ispirato a quello della tedesca DKW e il 160cc quattro tempi, montati rispettivamente sui modelli 125 L/T2 da 4,8 Cv 3 marce e 100 Km/h di velocità di punta e sul 160 T4 (normale e in seguito anche in versione "Special"), da 7,5 Cv con cambio a 4 velocità. Per il resto della produzione le moto saranno assemblate nello stabilimento di Modena. La gamma Maserati fu arricchita da motociclette sia di media che di piccola cilindrata, comprendendo motori dai 48cc fino ai 250cc. I ciclomotori, protagonisti della motorizzazione di base degli anni '50 giocarono un ruolo importante nella produzione della casa del tridente, essendo in quel momento i mezzi più popolari e vendibili. La gamma si divise in modelli più "tranquilli", disponibili come tipico del periodo in mezzi da uomo e da donna e in motorini "pepati" ispirati alle moto da pista di cilindrata maggiore. Si trattava del TZ/U (dove "U" stava per "uomo") con telaio tubolare e del TZ/D con il telaio a "V" per alloggiare comodamente le signore in abiti femminili e realizzato in lamiera stampata dalla Viberti di Torino. Il motore in entrambi i casi era "tranquillo" e concepito per uso quotidiano. La vocazione sportiva di Maserati tuttavia non lasciò delusi gli amanti dei ciclomotori più "spinti". Per questi clienti la casa modenese realizzò un piccolo "cattivo" da 48cc, il 50 TZ/SS (Super Sport) chiamato affettuosamente il "rospetto", un motorino spinto da un monocilindrico due tempi da 2,8 Cv per 80 Km/h di velocità di punta (siamo ancora nel periodo pre riforma del codice che limiterà la velocità massima per i ciclomotori a 45 Km/h), caratterizzato dal serbatoio a gobba, i semimanubri sportivi e lo scarico a trombincino. Il cambio era a tre marce con comando al manubrio e l'avviamento a pedali, come molti ciclomotori precedenti all'avvento del kick starter sulle piccole cilindrate. La gamma comprendeva anche un 75cc. targato, ma il vero gioiello della casa modenese fu una moto di cilindrata superiore, costruita in soli 20 esemplari. Si trattava della 250 T4/GT, la prima moto al mondo a montare due candele per cilindro, ossia una configurazione oggi diffusa e conosciuta come "twin spark". Caratterizzata come gli altri motocicli della gamma dalla elevatissima qualità costruttiva, la quarto di litro Maserati sviluppava 12,5 Cv. e le sue linee armoniose e filanti furono frutto della matita del tecnico Luciano Fochi. La T4/GT raggiungeva i 120 Km/h, una velocità di tutto rispetto per l'epoca. Sull'onda dei successi della Maserati negli anni cinquanta nelle corse automobilistiche, anche il settore delle due ruote si cimentò nelle competizioni nazionali allora molto seguite, le estenuanti gare di endurance come il Motogiro del 1956 nella classe 125cc. di serie dove ottenne un ottimo terzo posto. Le moto del tridente parteciparono con onore anche alla gara delle gare, la Milano-Taranto, nonostante la mancanza di un reparto corse come quello dei marchi storici delle due ruote italiane Gilera e Benelli, dominatrici delle corse di quel decennio. A decretare il veloce declino delle moto Maserati furono una serie di fattori concomitanti come la crescita rapidissima del mercato delle auto utilitarie nella seconda metà del decennio e la difficoltà per il settore candele e accumulatori di reggere ad una concorrenza sempre più aggressiva sul piano della competitività economica, dove Maserati aveva fatto della qualità artigianale un punto fermo della produzione industriale. A dare il colpo di grazia fu la perdita di una grossa commessa in Argentina, uno dei mercati esteri principali della produzione motociclistica italiana. Le moto Maserati furono vendute fino al 1960, ma la produzione si fermò prima con un bilancio finale di alcune migliaia di unità prodotte, i cui prezzi erano maggiori di circa il 20-30% rispetto alle concorrenti di pari segmento. Ma questo era il prezzo giusto per chi voleva mostrare sul serbatoio il marchio del tridente, ispirato alla fontana del Nettuno di Bologna, che da quelle parti chiamano "al zigànt", il gigante.