2022-07-17
Miocarditi, ciclo, ragazzini disabili. Lampi di verità sui danni da vaccino
Dopo mesi di reticenze, sui media fanno capolino le tesi tabù: dal risarcimento a un sedicenne «menomato» dall’iniezione, all’articolo del «Bmj» sulle reazioni cardiache, al maxi studio sulle alterazioni del mestruo.Nella fascia 12-39 anni ricoveri rari, però più frequenti tra i tridosati che tra i no vax. Intanto, i numeri degli anestesisti confermano: nessun allarme in terapia intensiva.Lo speciale contiene due articoli.Quatti quatti, con la faccia fresca, come se niente fosse, cominciano a dire la verità. Il sacro vaccino? Proprio infallibile non è. Qualche volta fa persino male. Il terrorismo pandemico? Da sconsiderati. Le cure anti Covid? Ci aiutano a contenere l’impatto di Omicron 5. Ma tu guarda: dove prima si scorgevano solo le farneticazioni di «complottisti» e «negazionisti», adesso baluginano lampi di realtà.Ieri, ad esempio, Adnkronos rilanciava un comunicato del Codacons. L’associazione informa che un sedicenne, residente a Pisa, sarà risarcito per i danni permanenti riportati in seguito alla vaccinazione. Il dipartimento militare di medicina legale di La Spezia, infatti, ha riconosciuto il nesso causale tra la puntura e la trombocitemia immune che lo ha colpito, poche settimane dopo che aveva ricevuto una dose di Moderna.Il ragazzo, «uno sportivo che ha sempre goduto di ottima salute», a luglio 2021 si reca diligentemente a farsi inoculare il farmaco anti Covid: in fondo, sono i giorni in cui il suo presidente del Consiglio, Mario Draghi, racconta che chi non si vaccina si ammala e muore. Un mese dopo, però, sulle braccia e le gambe del giovane compaiono i primi puntini rossi. A settembre, un ematoma esteso sul braccio destro e sul collo, bolle di sangue su palato, lingua e interno delle guance. Al pronto soccorso pisano gli viene diagnosticata una grave carenza piastrinica: resta ricoverato fino al 18 ottobre e i medici segnalano all’Aifa che, probabilmente, la patologia è stata provocata dal vaccino. A dicembre 2021, la famiglia lo porta al Gaslini di Genova, che conferma la piastrinopenia. I tecnici spezzini concludono: trattasi di «menomazione permanente dell’integrità psicofisica» del malcapitato. Gli sarà riconosciuto un indennizzo. Ma nessuna cifra potrebbe ripagare un adolescente che scoppiava di salute, che magari avrebbe reagito al coronavirus con qualche starnuto e qualche linea di febbre, per una vita intera da disabile. Intanto, Science Advances aggiunge un tassello alle ricerche di cui, sulla Verità, vi davamo conto da mesi: i vaccini possono alterare il ciclo mestruale. Un gruppo di luminari americani ha condotto un maxi studio su 35.000 donne, il 42,1% delle quali ha riferito di sanguinamenti più intensi e inaspettati dopo le iniezioni. Per fortuna, in questo caso non parliamo di disturbi invalidanti. Però colpisce il commento di Kathryn Clancy, prof in un ateneo dell’Illinois, che ha coordinato il progetto: «I medici che si sono occupati dell’argomento, dopo aver raccolto le prime segnalazioni sulle alterazioni mestruali post vaccinazione», si sono mostrati «spesso sprezzanti nei confronti delle preoccupazioni dei pazienti». È l’effetto collaterale del «clima infame» costruito attorno alle siringhe: anziché spingere i dottori a monitorare gli inconvenienti dei farmaci, per migliorarne i profili di sicurezza, s’è creato l’incentivo a insabbiare, o almeno a minimizzare il problema. Ve li ricordate, i cardiologi che snobbavano le miocarditi? Sono rare, pontificavano, e poi si curano con un paio di settimane di terapia. Intanto, negli Usa si pubblicavano le autopsie sugli adolescenti morti nel sonno, con il cuore ricoperto di tessuti fibrotici. Ebbene, quattro giorni fa, il British medical journal - già bersaglio dei fondamentalisti del vaccino, quando denunciò irregolarità in alcuni trial di Pfizer - ha diffuso un paper sui disturbi cardiaci innescati dalle inoculazioni a mRna. Il saggio canadese incrocia 46 report e 8.000 casi, ribadendo i dati già noti sull’aumento di miocarditi nei maschi tra 12 e 29 anni, specie in seguito alla vaccinazione con Moderna. Il suggerimento è di allungare l’intervallo tra le dosi, perché il tasso della patologia decresce se tra prima e seconda puntura passano più di 30 giorni. La scienza funziona così: verificando, sperimentando, parlando apertamente. L’opposto della stampa addomesticata. Resta l’esigenza di definire rischi e benefici del vaccino, in un contesto epidemiologico in cui, al di sotto dei 40 anni, esso sta mostrando un’efficacia negativa persino sui ricoveri in terapia intensiva. Verrà il giorno in cui qualcuno sdoganerà l’interrogativo proibito.Un po’ come ha fatto ieri, su Facebook, Francesco Vaia: «In questi giorni di preparazione per le meritate vacanze», ha scritto, «si sta scatenando una ressa per i tamponi. Tutti vogliono, legittimamente, essere tranquilli e partire. In caso di positività, che magari si allunga oltre la settimana, crescono l’insofferenza, la rabbia e la paura determinate da sciagurate campagne catastrofiste. Serve calma». Finalmente si può dire: sciagurati i terroristi dell’ondata estiva, degli ospedali in affanno, delle mascherine abbandonate «troppo presto». Parola del direttore scientifico dello Spallanzani, mica di quei puzzoni del giornale di Maurizio Belpietro. Sulle cui colonne, Andrea Crisanti ha già ammesso: a morire di Covid non sono i no vax, bensì i fragili trivaccinati. Quatti quatti, con la faccia fresca, come se niente fosse, dopo averci sbeffeggiato in quanto gazzettino dei no vax, gli ex gendarmi del regimetto sanitario, di colpo, ci danno ragione. Meglio tardi che mai. Non chiederemo il risarcimento. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/miocarditi-ciclo-verita-danni-vaccino-2657683168.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="rianimazione-e-flop-delle-punture" data-post-id="2657683168" data-published-at="1658015974" data-use-pagination="False"> Rianimazione, è flop delle punture La nota congiunta di ministero della Salute, Aifa e Istituto superiore di sanità ha dato il via libera alla quarta dose perché è aumentata la «circolazione virale con ripresa della curva epidemica, associata ad aumento dell’occupazione di posti letto nelle aree mediche e, in minor misura, nelle terapie intensiva». Il rapporto dell’Iss, aggiornato al 13 luglio, e l’analisi condotta sui dati Siaarti, la società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, forniscono informazioni del tutto diverse e sorge spontanea la domanda: che razza di comunicazione esiste ai vertici della nostra Sanità? Partiamo dalla rilevazione degli anestesisti che, a livello nazionale, il 13 luglio non ha segnalato un’impennata di ricoveri in rianimazione. Dei 1.252 pazienti nei 155 centri campione, solo 211 (16,9%) erano positivi al test. Al 5 luglio erano il 13,5%, la variazione è molto piccola ed è confermata l’assoluta prevalenza di ricoverati con altre patologie: 83,1%. Una settimana fa erano l’86%, siamo lontanissimi da un’emergenza Covid in terapia intensiva dove, per altro, l’età media delle persone è 70 anni, come ci comunica l’Iss. Quindi i 57 pazienti su 211 positivi, con supporto respiratorio invasivo, ci immaginiamo che non scoppiassero di salute prima di finire ricoverati. Lo stesso presidente di Siaarti, Antonino Giarratano, ha così commentato le analisi fornite dal suo network: «Il virus sta determinando una quota di malattia grave inferiore alle precedenti ondate e questo è dovuto principalmente a due fattori: la gran parte della popolazione è protetta da malattia grave dalla vaccinazione o dalla precedente infezione, e Omicron Ba5 sembra colpire più frequentemente le vie respiratorie superiori». Quindi non c’è emergenza, l’allarme non è giustificato da reparti al collasso e 405 pazienti nelle terapie intensive di tutta Italia sono un nulla. Agenas, l’Agenzia regionale per i servizi regionali, ieri indicava una percentuale del 3,7 % di pazienti Covid in terapia intensiva rispetto agli ospedalizzati. Sempre in data 15 luglio, il rapporto tra pazienti Covid ospedalizzati e totale positivi in Italia è appena dello 0,8%. Sempre nella confusione di non sapere se vengono conteggiati gli infettati o gli ammalati. C’è dell’altro, che smentisce l’urgenza di ricorrere alla quarta dose. Il report del 13 luglio dell’Iss, quando calcola il rischio relativo per età e stato vaccinale su 100.000 abitanti, segnala che nelle diagnosi con ricovero in terapia intensiva, tra il 27 maggio e il 26 giugno scorsi, la fascia 12-39 anni dei tridosati ha il doppio di probabilità in più rispetto ai non vaccinati di finire in terapia intensiva, mentre la popolazione di persone della stessa età e con due dosi effettuate da meno di 120 giorni, hanno un rischio relativo cinque volte più elevato. Nella fascia 40-59 anni, i vaccinati con ciclo completo da meno 120 giorni, hanno il 25% di probabilità in più di finire in terapia intensiva rispetto a un non vaccinato, se si infettano. Non va meglio con la stima dell’efficacia vaccinale per fascia di età. Tra i 12-39 anni con ciclo completo e richiamo, si ferma al 45,4% nei confronti dell’infezione e del 46% tra i 40-59 anni, per la fascia 60-70 è al 60%. Potremmo scommetterci, anche se in tema di vaccinazioni sarebbe di pessimo gusto: dopo una quarta dose, con un vaccino ancora sul ceppo di Wuhan che non esiste più, la situazione non cambierebbe affatto. Con il rischio che vaccinazioni ripetute e ravvicinate «la nostra macchina immunologica possa andare in corto circuito», come ha dichiarato Antonio Cassone, professore all’American academy microbiology.
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