Nonostante le polemiche montate dall’opposizione acquisti sui decennali e spread giù a 162. Senza il sì alla riforma.
Nonostante le polemiche montate dall’opposizione acquisti sui decennali e spread giù a 162. Senza il sì alla riforma.Si è solo appena placato il clamore suscitato da un presunto via libera del ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti alla ratifica del Mes. Cose che accadono quando non ci si prende cura del tenore letterale e del contesto della nota firmata dal capo di gabinetto di via XX Settembre avvocato Stefano Varone.Se andaste dal gommista e gli chiedeste cosa accadrebbe ai vostri pneumatici percorrendo un sentiero accidentato, la risposta rassicurante non vi garantisce che quel sentiero non vi conduca in fondo ad un burrone. Ed è esattamente ciò che accaduto in occasione della lettura di quella nota. Non sappiamo se per dolo o semplice colposa sciatteria o, peggio, ignoranza, è stata clamorosamente capovolto il senso delle parole. L’unica attenuante è quella del legittimo uso strumentale a fini di opposizione politica, che però rischia di tornare indietro come un boomerang.Il presidente di commissione Giulio Tremonti ha chiesto ai tecnici cosa accadrebbe ai saldi di finanza pubblica con la ratifica ed è normale che questi ultimi rispondano che non accadrebbe (quasi) nulla. Perché a tutti è sfuggito che noi siamo azionisti del Mes (17,7% del capitale) e la prospettiva della risposta è quella del creditore/investitore, non quella del (speriamo che non avvenga mai) debitore. Invece la canea mediatica si è scatenata riferendosi erroneamente a quest’ultima ipotesi. È infatti ampiamente prevedibile che, dal punto di vista dell’azionista, non ci siano effetti diretti sulla finanza pubblica, perché abbiamo già versato 14 miliardi di capitale nel 2012 e la ratifica, di per sé, non è causa scatenante del versamento di ulteriori 110 miliardi che ci siamo comunque obbligati a versare a prima richiesta entro 7 giorni. Ma i tecnici del Mes – sempre nella prospettiva dei rischi per l’azionista/prestatore – si interrogano sulla probabilità che le modifiche apportate con la riforma rendano «il Mes più rischioso» e quindi ci sia bisogno un giorno di versare altri 110 miliardi per rafforzarlo. E qui addirittura dal Mef forniscono, indirettamente, un argomento contro la ratifica. Leggendo che «non si rinvengono nell’accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio legato a suddetta istituzione», a nessuno viene in mente di unire i puntini e comprendere che il rischio non peggiora proprio perché la riforma blinda ancora di più le ragioni del creditore Mes verso il malcapitato Paese debitore, e quindi l’azionista può dormire sonni tranquilli? Invece il debitore, simmetricamente, deve preoccuparsi ancora di più. Che razza di meccanismo di stabilità è quello che costringe ad una cura da cavallo il debitore e minimizza i rischi del prestatore, come confermano i tecnici del Mef?Certo è del tutto fuori dal petitum, riportare che «sulla base di riscontri avuti da analisti ed operatori di mercato» (Chi? Come? Quando?) si avrebbe un «migliore merito di credito dell’Italia» ed una «possibile riduzione del costo di indebitamento del nostro Paese, tuttavia molto difficile da prevedere». Ecco, da queste parole molto prudenti siamo passati a titoli come «il Mes conviene» o, peggio, «un no che rischia di colpire i titoli di Stato». Peccato che ieri mattina gli investitori - incuranti di tali irresponsabili previsioni e incentivati dall’agenzia di rating Fitch che ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell’Italia - abbiano acquistato a piene mani il Btp decennale, facendo calare il rendimento sotto il 4%, molto vicino ai minimi degli ultimi 6 mesi. Non a caso lo spread tra Btp e il bund tedesco è sceso a 162 punti base. Soglia che non si vedeva da tempo, tenendo conto che a luglio 2022 eravamo a 250 punti. Poiché però gli investitori apprezzano la stabilità politica - come abbiamo letto su Bloomberg - sarebbe proprio una spaccatura sulla ratifica a creare instabilità sui mercati. Invece una granitica maggioranza che respingesse al mittente il ddl dell’opposizione sarebbe segnala di stabilità molto apprezzato dai mercati, che ieri infatti non si sono scomposti di fronte a «fibrillazioni» inventate ad arte.I tecnici del Tesoro osservano anche la prospettiva del debitore ed offrono ancora argomenti sulla pericolosità del Mes per le nostre finanze pubbliche, ovviamente ignorati da chi voleva suonare una sola nota con la grancassa. A proposito del costo dei prestiti del Mes, spiegano bene il ginepraio in cui ci si infilerebbe. Poiché il Mes non trova i soldi sotto l’albero nel campo dei Miracoli, ma si indebita emettendo obbligazioni (con il capitale a garanzia), al malcapitato Stato debitore sarà applicato il tasso base, più commissioni di «impegno», più commissioni di servizio, più margine variabile da 5 a 35 punti base. Si tratta di almeno 100 punti base, oltre alla condizione di creditore privilegiato, che si aggiungono al tasso a cui si indebita il Mes sui mercati. Certo, se l’alternativa è quella di non avere compratori a tassi decenti per i nostri Btp, anche lo strozzino conviene, ma costa. Ma come azionisti ci guadagneremmo, è la tragicomica conclusione del documento, che fornisce l’ennesimo buon argomento per fare scappare il debitore e per archiviare questo residuato di una stagione di scelte economiche che ci hanno solo danneggiato.
Simona Marchini (Getty Images)
L’attrice Simona Marchini: «Renzo mi vide e volle il mio numero, poi mi lasciò un messaggio in segreteria per il ruolo in “Quelli della notte”». Sul divorzio dall’ex romanista Cordova: «Mi tradiva. Herrera? Terribile: lasciava che le fanciulle rimanessero in ritiro per giorni».