
Dall’ascesa in Rai grazie alla sponsorizzazione di Bettino Craxi alla candidatura con l’Ulivo, la signorina Rottenmeier dei talk show ha sempre pencolato a sinistra. Se accetta qualche ospite di destra in trasmissione è solo per interromperlo e bistrattarlo.Cognome e nome: Gruber Lilli. All’anagrafe di Bolzano: Dietlinde. «Nell’antica lingua germanica significa colei che guida il popolo», mica cotica, ha spiegato lei. Professionalmente, si è reincarnata più volte, rimanendo sempre sé stessa, «con quel viso di porcellana senza età» (Giampaolo Pansa, Carta straccia, 2011). Inventrice, ai tempi, della famosa conduzione «di sbieco», dovuta alla scoliosi: «Ho sempre cercato di regolare inconsapevolmente la postura in base alle esigenze della mia schiena».Ergo: giornalista dalla schiena diritta per antonomasia.Per quanto basculante a sinistra.Lilli. Travolgenti passioni (professionali) in confezione pocket, non è una watussa, manco io in verità, ma si sa: nella botte piccola...La signorina Rottenmeier del talk engagé di successo, «l’unico capace di raggiungere share elevati, in media intorno all’8% con punte fino al 10» (così Giandomenico Crapis, La democrazia non è un talkshow, Baldini+Castoldi 2025).Colpita - ma non affondata: Lilli è eterna come la storia - dal sarcasmo di Beppe Grillo, quando nel settembre 2013 riceve Matteo Renzi, in quel momento sulla rampa di lancio del consenso. L’Elevato (di torno) sul suo blog ironizzò: «La conduttrice ha preferito non partecipare alla trasmissione: Renzi, unico ospite, ha infatti parlato da solo». Titolo scartavetrante del post: «Gruber, l’ancella del potere». Look in pelle da biker con tacco 12 da dominatrix, alternato alla sobrietà rigorosa firmata Giorgio Armani, cui ha dedicato un necrologico, commosso ricordo in memoriam per il Corriere della Sera, «la sua giacca diventò il mio biglietto da visita».A Ottoemezzo su La7 ogni tanto s’affacciano anche i destri. Che soffrono dei bistrattamenti gruberiani.Ma s’offrono volentieri, foglie di fico nel ruolo di vittime sacrificali della Gruberova, la vera belva della tv italica (non la sedicente).Ultimo punching ball: Gianfranco Fini, che dopo aver reagito alle «domande insensate» (peraltro seguite a un monologo di oltre 10 minuti sulla situazione a Gaza e dintorni), si è sentito domandare, non a torto: «Ma scusi, che ci è venuto a fare in trasmissione?».L’ex leader della destra, non potendo replicare «che fa, mi caccia?» - la volta precedente non gli ha portato benissimo - ha liquidato lo scontro con «risolviamo dopo, in privato». Poi ha realizzato che lì poteva andare peggio, sicché si è scusato in chiusura per i toni utilizzati.Anche Elly Schlein, la miracolata del Pd, fu presa virtualmente per il bavero. Sull’immigrazione: «Parlando di Lampedusa, lei ha detto che è la dimostrazione del fallimento delle politiche di esternalizzazione del governo. Ma chi la capisce se lei parla così?». Il corpo a corpo con l’evanescentElly potrebbe spingerci a ritenere che Lilli sia equidistante. Errore.Lei è smaccatamente left oriented.Tendenza club Bilderberg.«Sinistrismo ben temperato dall’Auditel», l’ha fotografato Aldo Grasso che nel 2014 sul Corriere della Sera si fece 10 domande (retoriche) sull’anchorwoman, una per tutte: «Perché interrompe spesso i suoi ospiti? Lo si fa con chi la pensa diversamente da noi».Lilli l’Eletta una volta lo è stata davvero, eletta.Con l’Ulivo all’Europarlamento, 2004, più di 1.100.000 voti (in due circoscrizioni). Una bella nemesi: approfittare del potere della videocrazia per cui i sinistrati avevano crocifisso Silvio Berlusconi, ma tant’è.Si dimetterà nel settembre 2008, prima della scadenza, come un Michele Santoro qualsiasi.Salutò Bruxelles non senza far notare: «Lascio rinunciando a 3.300 euro mensili di pensione».Te credo: La7 aveva deciso di affidarle l’Ottoemezzo orfano di Giuliano Ferrara, finito nel frattempo «spernacchiato» - immagine dello stesso Elefantino - dagli elettori alle politiche, dove aveva presentato la sua lista «per la vita» (mors sua...). Dettaglio forse non del tutto ininfluente: l’editore de La7 era Telecom, che aveva come amministratore delegato l’altoatesino Franco Bernabè, presente al suo matrimonio nel 2000.Da allora, un costante gradimento da parte del pubblico.Per la qualità degli interventi (non di tutti: «Ma figuriamoci se Mario Draghi vuole fare il premier, non ci pensa proprio, e comunque i 5 stelle non lo voterebbero», parola del noto analista politico Marco Travaglio, che si appalesa in collegamento dall’alto dei cieli, e che per Lilli la Rossa riveste il ruolo che Toni Servillo ha per Paolo Sorrentino, un volto cui non rinuncia mai) più che per la tecnica della padrona di casa.Che consiste nel fare il copia e incolla dell’ultimo spezzone di frase di un ospite, girandola come domanda a quello successivo. Metti che un esperto sostenga: «Non c’è alcun bipede di sesso maschile che non avrebbe copulato furiosamente con Madre Teresa di Calcutta».Gruber, invece di azzannarlo: «Ma cosa sta farneticando? È ubriaco?», passa la palla a un altro giocatore: «Insomma, tutti i bipedi avrebbero copulato furiosamente con Madre Teresa. È davvero così? Che ne pensi Beppe Severgnini?», il quale, nonostante venga strappato improvvisamente al suo torpore, sfodera un’obiezione micidiale per quanto è urticante: «Mi pare un’affermazione un tantinello sopra le righe».Con Enrico Mentana, invece, sono scintille fin dall'arrivo di Mitraglietta al Tg de La7.O forse le ruggini sono antecedenti, vai a sapere.Entrambi sono infatti transitati nel Tg2 ai chiodi di garofano.Stefania Craxi a La Verità, 2019: «A Maria Giovanna Maglie, anche lei al Tg2, si è sempre rinfacciata la colpa di essere una “pericolosa craxiana”, come mai questo non vale per Mentana? Non si capisce, anzi un po’ di capisce. Gruber era una giovane promettente. Fece bene lei e fece bene Antonio Ghirelli, direttore del Tg2, a chiamarla a Roma. Certo, la si potrebbe raccontare in un altro modo: la Gruber raccomandata dal già portavoce di Craxi a Palazzo Chigi. A seconda delle convenienze, una cosa può essere descritta in un modo e nel modo opposto».Clemente Mimun, direttore del Tg5, nel suo libro di memorie Ho visto cose le ha dedicato un capitolo di deliziose perfidie: «Quando nel 2002 approdai alla direzione del Tg1, mi disse che si aspettava di essere la prima inviata a Baghdad, in quel campo considerandosi la massima esperta. Mi sconsigliò in modo tranchant alcuni altri giornalisti degli esteri, Ennio Remondino e Carmen Lasorella». Ma come era passata dal Tg2 al Tg1? «È stata lei a chiedere il trasferimento» spiegò Bruno Vespa nel 1990 a Repubblica. Conferma Mimun: Gruber - che con lui scambiava al massimo «rapidi saluti quando ci s’incrociava» - gli propose un caffè. All’incontro, gli chiese la cortesia di far sapere al direttore Vespa, estimatore di Mimun, di voler traslocare al Tg1, pronta perfino a rinunciare al video. Mimun riferì a Vespa, che chiamò il presidente della Rai Enrico Manca, che chiamò Craxi, che alla fine della «fiera dell’est della lottizzazione» diede il suo placet. Ancora Grasso, 2010: «Non sembra esserci molto feeling tra la Gruber e Mentana», aggiungendo: «Lei rappresenta un vecchio modo di giornalismo. Nel suo talk non c’è mai un percorso di conoscenza, ma solo uno scontro di opinioni, una parata di idee contrastanti». L’ultimo casus belli nel maggio 2024.Davanti a un (significativo) sforamento del Tg, Lilli ha esordito: «Buonasera e benvenuti alle 20:46 e non alle otto e mezza. L’incontinenza è una brutta cosa. Scusateci del ritardo».I telespettatori l’avranno pure fatto, Mentana no. Anche per quello che è parso un (involontario?) riferimento alle sue 69 primavere: «Prendo le distanze dai maleducati e dagli ignavi», una stilettata nei confronti di Urbano Cairo che - secondo me divertendosi un sacco - aveva assistito fino a quel momento silente al match Godzilla vs King Kong. Nel 2010 Gruber giurava ecumenicamente: «Per principio non do pagelle ai colleghi, ognuno ha la sua cifra stilistica». Eccezion fatta per Mario Giordano, per cui la papessa è passata direttamente alla scomunica: «Non è un mio collega». Facendogli il verso, con tanto di sgradevole imitazione vocale «incredibile». Nel senso: non ci si crede che una paladina del politicamente corretto sia scaduta a tale livello, attaccando una persona per un suo difetto fisico (per cui Giordano ha confessato di aver sofferto). Immaginate lo sturm und drang che si sarebbe scatenato a ruoli invertiti, uomo - per di più «di destra» - su donna, tanto più «de sinistra». Lilli in realtà non disdegna la modalità «diciamo pane al pane» (o «pene al pene», visto l’argomento). «Noi donne siamo ridotte ai nostri orifizi. A disposizione dell’esplosione del piacere maschile». Un’immagine «abrasiva», evocata in prima serata su La7, che manco il Guido Cavalcanti, poeta del dolce stil novo.Poi ho appreso che, avendo sul tema appena licenziato un volume, dal titolo elegantemente eloquente: Non farti fottere - Come il supermercato del porno online ti ruba fantasia, desiderio e dati personali, Rizzoli 2024, si trattava di lasciva autopromozione. Del resto, come canta il Liga, «chi si contenta gode / così così».
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






