
Nelle accuse relative al caso delle chat, emergono le pressioni di alcuni magistrati per far approvare in Parlamento un emendamento che avrebbe agevolato le carriere: «Luca, è il momento di muoversi per noi».Le indagini della Procura generale della Cassazione sui risvolti disciplinari delle chat dei magistrati con Luca Palamara sono entrate dentro ai palazzi della politica. In un modo che farà discutere. La pietra dello scandalo è l'emendamento approvato nella legge di Bilancio del 2017 dal governo di Paolo Gentiloni che consentiva ai consiglieri uscenti del Csm di gareggiare subito per posti direttivi non appena lasciato Palazzo dei marescialli. Ai tempi del governo di Silvio Berlusconi bisognava attendere due anni, con Matteo Renzi uno, con Gentiloni la moratoria venne azzerata. Di quell'emendamento parlarono nelle chat consiglieri del Csm come Massimo Forciniti e Luca Palamara: «Palama' stai lavorando per emendamento Tancredi? È 'na cosa seria, poi te la prendi nel culo pure tu» era uno dei messaggi. La norma passò: tra i 16 togati di allora, ne hanno usufruito Claudio Galoppi, passato direttamente dal Csm a consigliere giuridico del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e Maria Teresa San Giorgio, nominata presidente di sezione in Cassazione dopo appena 8 mesi dall'addio al Csm. Palamara, invece, prima di essere travolto dallo scandalo, si era candidato a diventare procuratore aggiunto di Roma. Il tutto grazie all'emendamento firmato dall'ex parlamentare di Ap-Ncd, Paolo Tancredi.Il 23 giugno scorso La Verità lo aveva intervistato in esclusiva e l'ex deputato ci aveva detto: «Non ho mai avuto rapporti con Palamara ed è la prima volta che sento pronunciare il nome di questo Forciniti in vita mia (…). A chiedermi di presentare l'emendamento furono ex illustri colleghi che in quel momento stavano al Csm». Poi fece il nome della Casellati, che gli avrebbe annunciato l'arrivo di un pizzino con il testo della norma. Ma adesso il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, nel suo atto di incolpazione, ha individuato quelle che sarebbero le vere menti dell'emendamento: Palamara, Forciniti e proprio Galoppi. I tre sono incolpati perché «usando strumentalmente la loro qualità di componenti del Csm perseguivano il fine di conseguire l'ingiusto vantaggio - per se stessi - della abrogazione» del comma che impediva ai consiglieri uscenti di concorrere subito per incarichi direttivi e semidirettivi, «sollecitando la presentazione e l'approvazione dell'emendamento 42-ter.1 alla legge di stabilità 2017, presentato dall'onorevole Paolo Tancredi». La ricostruzione di Salvi prosegue: «Nell'occasione, dopo avere ispirato e messo a punto il testo dell'emendamento, i dottori Forciniti, Galoppi e Palamara avviavano varie interlocuzioni con parlamentari della Repubblica (tra cui l'onorevole Donatella Ferranti, presidente della commissione giustizia della camera dei deputati)». La Ferranti, eletta in Parlamento nelle fila del Pd, è oggi consigliere della Cassazione. Ebbene le interlocuzioni dei tre incolpati con i politici della maggioranza sarebbero stati «finalizzati ad attuare una strategia idonea a superare le obiezioni delle forze politiche che sostenevano il governo nonché l'atteggiamento critico dello stesso ministro della giustizia (Andrea Orlando)». Per l'accusa i tre, «in tal modo intervenivano occultamente nello svolgimento dell'attività legislativa, spendendo la loro qualità di magistrati fuori ruolo (…) per conseguire il vantaggio ingiusto». Come anticipato dalla Verità tale condotta «è evincibile» dai messaggi tra Palamara e Forciniti, in particolare quelli intercorsi tra il 4 e il 21 dicembre 2017 e quelli scambiati tra il 21 marzo e 15 aprile 2019.Forciniti e Palamara discutono della questione in due diverse chat. Ma è la seconda quella più interessante. Il 4 dicembre Forciniti scrive: «Luca, ora è il momento di muoversi per noi». Il 6 dicembre aggiunge: «Il gruppo di Ap, dovrebbe essere relatore l'onorevole Tancredi, presenta alla Camera emendamento (…). La cosa con evidenza ci sta a cuore, importante è il parere del governo, verosimilmente onorevole Ferrando…». In realtà a supervisionare la legge di stabilità era il vice ministro dell'Economia Enrico Morando.L'11 dicembre è una giornata clou. Palamara dice di aspettare «indicazioni» e Forciniti replica: «Allora ce la prendiamo nel culto (sic, ndr)». Palamara lo traquillizza: «Per fortuna che Galoppi mi ha detto che ora le manda. Te lo avevo chiesto da sabato. Ma tu te ne fotti». Forciniti: «Più che far fare emendamento a tale Tancredi non posso fare». Informa l'amico di aver detto a Galoppi di cercare il testo. Palamara ha fretta: «Cosa ci vuole a procurarselo. Entro stasera mi serve. Ora chiama la Ferranti e non vergognarti di farlo». Inizialmente il telefono della parlamentare squilla a vuoto, ma poi la deputata risponde «che li stanno pubblicando», verosimilmente gli emendamenti. Palamara freme: «Fatteli dare subito». Forciniti lo carica: «Però Claudio (probabilmente Galoppi, ndr) dice che Boccia (Francesco, all'epoca presidente della commissione Bilancio, ndr) si tira indietro… bisogna agire». Quindi soggiunge: «Donatella mi ha detto che lo sta cercando. Sono 6000 (…) Dipende da Morando… 42-ter.1 emendamento Tancredi. Diglielo al biondino. Potrebbe dare fastidio Morando». L'aria non è delle migliori: «Bocciati emendamenti su processi civile e penale. Il nostro rimane in campo. Agisci subito» digita Forciniti. Palamara ribatte: «Devi mandarmi testo emendamento. Urgente». Forciniti invia prima una propria nota e poi «il testo definitivo». Tre ore dopo esorta Palamara: «Lavoriamoci». E il collega lo informa di averlo già fatto. Il 16 dicembre Forciniti preannuncia cattive nuove: «Mi dice la Ferranti che governo e relatore contrari a nostro emendamento. Probabilmente Orlando decide». È un crescendo di tensione. Passa un giorno e Forciniti informa il compagno di corrente in tempo reale: «Mi scrive Donatella, stanno votando, ma il 42 ter.1 è ancora accantonato… forse non è tutto chiuso… voteranno anche stanotte». Palamara: «Appunto. Stai buono». Forciniti: «Dice che Boccia lo ha fatto accantonare». Palamara: «E quindi?». Forciniti: «Quello che è accaduto… con lui ha parlato Claudio… vediamo che succede». Il 21 dicembre Palamara domanda: «Abbiamo notizie di quella cazzo di norma?». Forciniti: «Dovrebbe essere nel testo, anche il ministro rema contro… vedi tu di sapere». Dopo pochi minuti invia al collega il testo approvato in formato Pdf: «Se torna in commissione rischiamo» chiosa. Ma nonostante i cattivi presagi e le presunte prese di posizione di Boccia e Orlando l'emendamento passa definitivamente. Quando ne approfitta la San Giorgio, nella primavera del 2019, Forciniti e Palamara commentano la cosa con una punta di amarezza. Forciniti: «Certo zitta zitta… senza colpo ferire». Palamara: «Appunto. Una grande paracula. Comunque per lei sono contento». Forciniti: «Noi facciamo le riunioni e le raccoglie». Non risultano, invece, giudizi simili per Galoppi, che grazie a quella norma è entrato nello staff della seconda carica dello Stato.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






