2024-09-19
Altri apparecchi esplosi: Hezbollah nel caos
I funerali delle vittime dell'esplosione dei cercapersone. Nel riquadro, una ricetrasmittente come quelle esplose in Libano (Ansa)
Secondo round dell’attacco israeliano ai quadri di Hezbollah. Il Partito di Dio promette vendetta, ma adesso è in ginocchio.L’azione israeliana inaugura una nuova era. Come è stata eseguita? Da escludere l’utilizzo di esplosivi, più probabile l’invio plurimo di messaggi di rete capaci di alzare la temperatura delle pile e innescare lo scoppio.Lo speciale contiene due articoli.Dopo i cercapersone letali, i walkie talkie. Non si ferma l’ondata di attentati in Libano e allo stesso tempo si segnalano anche altre esplosioni a Mosul nel quartier generale delle milizie sciite in Iraq. Dopo gli attacchi di martedì, ieri si è registrata una seconda ondata di esplosioni di dispositivi di trasmissione di Hezbollah che ha provocato la morte di 14 persone e più di 450 feriti. A quanto riporta l’Afp che ha diffuso anche alcuni video di quanto accaduto, i walkie-talkie sarebbero esplosi contemporaneamente nella periferia sud di Beirut, mentre si svolgeva il funerale di quattro membri di Hezbollah uccisi il giorno prima nell’esplosione dei Rugged Pager AR924, i cercapersone. Non è chiaro se anche questi walkie talkie siano stati acquistati 5 mesi fa, quando il partito islamista libanese aveva deciso di vietare ai propri militanti l’utilizzo di smartphone per garantire maggiore sicurezza. I media sauditi, come Al Hadath, sostengono invece che le esplosioni Libano sarebbero state causate da «batterie trappola» dotate di esplosivo, importate da Hezbollah nei dispositivi Icom-V82. La teoria delle esplosioni, però, appare davvero poco percorribile. Non è semplice montare materiale esplosivo su migliaia di apparecchi, inoltre è facilmente rintracciabile. In queste ore si è tornato a parlare di tetranitrato di pentaeritritolo, ma è un esplosivo poco stabile che avrebbe potuto esplodere in qualsiasi momento, come sottolinea anche il giornale online Debuglies. Qui invece siamo in presenza dell’ennesimo attentato coordinato, avvenuto in contemporanea con tutta probabilità causato da un invio massiccio di messaggi silenziosi a tutti gli apparecchi nel medesimo momento. Va infatti sottolineato che questi stessi walkie talkie sono dotati di batterie al litio esattamente come i cercapersone. E i sistemi di comunicazione sono gli stessi. È quindi più che probabile che l’attacco sia stato lo stesso di martedì. Del resto, sia i cercapersone sia i walkie taklie sono apparecchi che, anche se non connessi a Internet (quindi in teoria non posso essere hackerati da remoto tramite il Web), si basano in ogni caso su un’infrastruttura di rete per la ricezione di segnali radio e messaggi. Tutto ruota sempre intorno alla vulnerabilità delle batterie al litio, facilmente surriscaldabili e altamente esplosive. In pratica manomettendo i segnali o inviando messaggi fuorvianti, gli attacchi potrebbero aver attivato dei cicli di carica che hanno mandato in cortocircuito il dispositivo e causato il guasto della batteria. «La nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie ha provocato la morte di nove persone e il ferimento di oltre 300», ha affermato in una nota il ministero della Sanità libanese. Martedì, invece, i morti erano stati dodici con il ferimento di 2.800 persone, sempre secondo un rapporto dello stesso ministero. I testimoni hanno raccontato che molti militanti hanno perso le mani e le braccia dopo gli attentati. «Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa» ha minacciato Hashem Safieddine, capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah, secondo quanto riporta il Times of Israel. Cugino e stretto collaboratore del leader del gruppo terroristico Hassan Nasrallah, quest’ultimo potrebbe già parlare oggi annunciando la vendetta del partito filoiraniano. Ma la situazione per i militanti libanesi non sembra essere delle migliori. Molti sono rimasti feriti dagli attacchi, ma soprattutto Israele potrebbe aver già mappato le zone dove si radunavano grazie proprio alle esplosioni dei cercapersone e dei wakie talkie. Insomma, dal punto di vista militare Hezbollah potrebbe fare ben poco. «L’attacco ai cercapersone di Hezbollah ha avuto conseguenze significative sull’organizzazione. Il blocco delle comunicazioni ha paralizzato le operazioni sul campo, impedendo il coordinamento delle unità e isolando il centro di comando, compromettendo così la capacità decisionale e strategica. Questa vulnerabilità espone Hezbollah a ulteriori attacchi e interferenze», ricorda Pierguido Iezzi, strategic business director di Tinexta cyber. «Inoltre, le esplosioni hanno rivelato strutture segrete attraverso la mappatura satellitare delle esplosioni, una grave perdita strategica. La confusione creata dall’attacco rende difficile una risposta immediata, aprendo la porta a ulteriori minacce come hacking e cyber-spionaggio. Gli aggressori potrebbero sfruttare il caos per raccogliere dati, alimentando database gestiti da avanzati sistemi di intelligenza artificiale, come Gospel e Lavender, capaci di trasformare i dati in informazioni strategiche».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/libano-esplosioni-2669235617.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="unoperazione-di-guerra-elettronica-e-le-batterie-al-litio-diventano-bombe" data-post-id="2669235617" data-published-at="1726735353" data-use-pagination="False"> Un’operazione di guerra elettronica e le batterie al litio diventano bombe Un film di spionaggio non avrebbe potuto avere una trama più complessa e ingegnosa. La realtà però sta un passo avanti. Le esplosioni sincronizzate dei cercapersone, i Rugged Pager AR924 dei militanti di Hezbollah avvenute martedì, come quelle dei walkie talkie (con sistemi analogici diversi, ma stesso sistema di alimentazione) viste ieri in Libano, non sono solo una novità nel conflitto mediorientale, ma sono una enorme accelerazione nei teatri di guerra. Un perimetro composto da intelligence, guerra informatica, elettronica e una ampia spolverata di disinformazione. Siamo di fronte a un passo in avanti realizzato quasi sicuramente da Israele tramite le sue agenzie, Mossad, Shin Bet o soprattutto l’Unità Shmoneh-Matayim, nota per le sue capacità nella guerra informatica e tecnologica. Per capirlo è bene fissare un punto fermo. Le esplosioni, a differenza della narrativa più diffusa, non sono state causate da esplosivi o detonatori installati sugli apparecchi. La possibilità che in qualche caso isolato i device siano stati manipolati è comunque da leggere nell’ambito della strategia del caos. Piste fittizie per far perdere tempo ad Hezbollah e fare in modo che la loro intelligence si tradisca. L’operazione infatti si basa una strategia tecnologica molto più avanzata e sottile che ha permesso di surriscaldare (con tutta probabilità tramite l’invio multiplo di messaggi silenziosi) le batterie al litio dei pager in modo da farle esplodere. E trasformarle in vere e proprie bombe. Da quel che trapela sui quotidiani arabi e israeliani i militanti del partito islamista libanese da almeno 5 mesi non utilizzavano più smartphone. Erano stati vietati proprio per rendere le comunicazioni più sicure, in concomitanza con l’inasprimento del conflitto con Gerusalemme. Da qui la decisione di ordinare una partita di 5.000 pager da una compagnia di Taiwan, la Gold Apollo che poi - stando a informazioni veicolate online - li avrebbe realizzati su licenza tramite una concessionaria Ue, con sede a Budapest. Amministratore delegato della società sarebbe Cristina Rosaria Bersony Arcidiacono, che ieri ha negato di aver prodotto i dispositivi esplosi in Libano e Siria. Ammesso che sia proprio lei a tirare le fila della società, e non magari altri sotto copertura che avrebbero poi fornito il materiale a Hezbollah come accaduto anche in passato, la vera novità di questi attacchi è legata al funzionamento degli apparecchi. Questi cercapersone, come i walkie talkie, funzionano su semplici sistemi di radiofrequenza e Gps (come i vecchi telefoni). Non sono connessi a Internet. All’interno però sono muniti di batterie al litio. Come noto, queste sono tra le più potenti accumulatrici di energia sul mercato. Negli ultimi anni sono diventate ambite. Vengono usate per le auto elettriche o su alcuni smartphone, perché sono capaci di immagazzinare da tre a quattro volte più energia rispetto a una classica batteria al nichel-cadmio della stessa dimensione. Sono le migliori, ma presentano notevoli svantaggi, tra cui: il pericolo di incendio (il litio è molto reattivo) e sono molto sensibili a temperature anche poco superiori ai 55 gradi. Come spiega perfettamente il sito di analisti militari Debuglies.com, l’operazione quindi sarebbe partita prima con l’acquisizione di informazioni sulla rete dei pager (numeri di telefoni ad esempio) magari con l’hackeraggio di un operatore telefonico libanese che gestisce ogni giorno dati, messaggi o semplici segnali di controllo sulla rete mobile. Non si esclude che le informazioni siano arrivate anche attraverso complici. Qualcuno che lavora all’interno è stato corrotto? Difficile scoprirlo. Di sicuro, spiega sempre Debuglies.com, dopo essersi impossessati di questa informazioni gli agenti avrebbero creato un operatore telefonico in un Paese sicuro e da lì, tramite il più classico schema del roaming, aver iniziato a bersagliare i sistemi di comunicazione di Hezbollah con l’invio plurimo di messaggi silenziosi a ripetizione. Potrebbero essere stati anche dei semplici messaggi di controllo di rete o di aggiornamento del software o ancora richieste di sincronizzare l’orologio. L’invio plurimo in pochi secondi causa una sorta di effetto accendi e spegni e da lì l’innalzamento della temperatura, l’innesco del litio e le esplosioni contemporanee. Tutte alla stessa ora. Il medesimo sito di analisti sembra escludere la possibilità che gli apparecchi siano stati manipolati con materiale esplosivo. Si tratterebbe di sostanze, come il tetranitrato di pentaeritritolo, troppo instabili per restare in circolazione cinque mesi. Dettaglio importante, ma non esaustivo ai fini della strategia complessiva. L’operazione soprannominata «Below the belt» (sotto la cintola) è chiaramente basata su tre pilastri. Primo, la sorpresa e la capacità di mettere fuori gioco un sistema di comunicazione analogico che Hezbollah credeva inviolabile. Secondo, creare il caos per generare reazioni e quindi succhiare altre informazioni vitali per Israele. Non è un caso il proliferare di notizie contraddittorie. Coinvolgimento dell’azienda di Budapest, di fornitori asiatici, ma anche di possibili intermediari egiziani, fino alle improbabili esplosioni di pannelli solari. L’obiettivo è tracciare le mosse al di fuori del Libano con possibili passi falsi tali da far emergere la catena logistica dei terroristi. Gli attentati esplosivi di questi due giorni rappresentano un grosso problema per Hezbollah che rischia di ritrovarsi più che mai scoperta dal punto di vista delle comunicazioni e da quello logistico militare. Non solo all’estero, anche in patria. I cercapersone esplosi hanno lasciato una chiara traccia e unendo i puntini si è creata una precisa mappa della rete di Hezbollah. Dai vertici fino al basso, tutta la catena di comando. Il che lascia intendere: primo che con il passare del tempo saranno messe in circolazione altre fake news per alimentare le reazioni dei terroristi. Secondo, che «Below the belt» è solo all’inizio.