2021-10-12
L’Etiopia lancia l'offensiva contro i ribelli del Tigray che mostrano al mondo due facce opposte
True
L'esercito nazionale etiope ha lanciato un'offensiva contro il TPLF (Tigray People's Liberation Front), il gruppo di ribelli della regione a Nord dell'Etiopia che da mesi è al centro di una complessa crisi con il governo federale etiope. La notizia fa il giro del mondo, «un attacco su tutti i fronti», lo stesso identico titolo campeggia sui principali media internazionali, dalla BBC ad Al Jazeera al Washington Post ricalcando quanto riportato nel comunicato stampa diffuso dal portavoce del TPLF Getachew Reda. «L'offensiva finale di Abiy per invadere il Tigray, umiliare la nostra gente e portare avanti il suo disegno genocida è iniziato con artiglieria, carri armati, droni, nel tentativo di invadere la regione», si legge nel comunicato firmato "Tigray External Affairs Office".In realtà, se è vero che dopo mesi di tregua unilaterale decisa per motivi umanitari l'esercito federale ha ripreso i combattimenti, questa prima azione militare si caratterizza per essere più una sorta di controffensiva che una vera e propria offensiva in quanto tesa a liberare la regione Amhara dall'occupazione del TPLF che negli ultimi due mesi aveva causato centinaia di vittime civili e centinaia di migliaia di sfollati.La parte a occidente del Tigray e confinante con il Sudan, è da tempo al centro di una faida etnico territoriale tra i tigrini e gli Amhara che oggi rivendicano le proprie terre occupate negli anni Novanta dal TPLF. A sua volta quest'ultimo le chiama "West Tigray", come se fossero una sorta di estensione del Tigray. Nelle prime settimane del conflitto scoppiato lo scorso 4 novembre erano tornate agli Amhara per poi essere nuovamente occupate dal TPLF ad agosto quando approfittando della tregua aveva dato il via ad una escalation di violenze anche contro gli Afar.Quale sia però il piano complessivo del governo etiope e che tipo di offensiva intenda portare avanti non è dato sapere. A differenza dei mesi scorsi in cui ogni mossa e decisione veniva comunicata attraverso comunicati e conferenze stampa, questa volta ha deciso di tenere un basso profilo. Un silenzio interrotto di fatto dal portavoce della regione Amhara, Gizachew Muluneh, che lo scorso 7 ottobre aveva twittato: «Per liberare la nostra gente che soffre" potrebbero esserci operazioni "su tutti i fronti, in qualsiasi momento o ora». Un tweet poi riportato dai media internazionali che aveva fatto arrabbiare il governo etiope con il capo di stato maggiore dell'esercito Berhanu Jula che l'aveva definito un gesto irresponsabile in quanto i nuovi piani di attacco militare da perte dell'esercito etiope avrebbero dovuto restare un segreto.La stessa portavoce del Primo Ministro Billene Seyoum, interpellata dalla BBC sul piano di attacco del governo, si è limitata a dire che il governo ha la responsabilità di proteggere i propri cittadini dagli attacchi terroristici e non ha fornito ulteriori dettagli.A stupire però è soprattutto la linea comunicativa del TPLF che si articola su due registri, da un lato il press release in inglese diffuso ai media internazionali l'11 ottobre in cui si dichiara incline a una risoluzione pacifica del conflitto e dove sottolinea come la popolazione del Tigray si trovi in un momento di fame e di bisogno e di estrema vulnerabilità anche militare, dall'altro lato, quanto comunicato in lingua rigorosamente tigrina due giorni prima tramite la propria emittente locale che tra l'altro, nonostante le denunce di blackout dell'elettricità e delle telecomunicazioni, continua a trasmettere liberamente. «Le forze federali del dittatore Abiy hanno lanciato un vasto attacco nelle zone di Gerghera, Wegel tena, Wergessa…ma siamo riusciti a bloccare l'offensiva» ha riportato la Tigrai TV. «I nostri valorosi combattenti riusciranno in qualsiasi modo a rimanere in allerta e a bloccare qualsiasi offensiva che possa avvenire da parte delle forze federali». Toni ben più risoluti e combattivi rispetto a quelli diffusi ai media internazionali e in linea con svariate altre dichiarazioni del TPLF che solo qualche settimana fa si era detto pronto a marciare su Addis Abeba.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.