2024-11-19
Le toghe ora passano pure ai ricatti. «Con la riforma processi più lunghi»
Le Corti d’appello contro le novità sulle sezioni speciali per l’immigrazione: «Ci sarà recrudescenza di tempi e arretrato». Carlo Nordio li smonta: «Vero il contrario». Pd e Anm sbraitano: «Governo vuol controllare i giudici».C’è sempre più aria di resa dei conti tra magistrati e governo. Al netto degli ormai quotidiani scambi di accuse tra Anm e il ministro di Grazia e giustizia, Carlo Nordio, (questa volta sull’ipotesi di riforma della giustizia portata avanti dall’esecutivo), domani il Consiglio superiore della Magistratura si esprimerà sulla risoluzione a tutela dell’indipendenza e del prestigio dei giudici di Bologna, proposta che era stata presentata dopo le polemiche per la decisione delle toghe bolognesi di rinviare alla Corte europea di giustizia il decreto-legge sui Paesi sicuri.È uno dei tanti punti di discussione di questi giorni, oltre ai lavori di conversione dei decreti legge numero 145 e 158 del 2024 (sulla convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo), il testo unico sulle nomine agli incarichi direttivi degli uffici (che arriverà al Csm nei prossimi giorni) e al decreto cybersicurezza slittato a fine ottobre a data da destinarsi. Domani a Palazzo dei Marescialli non dovrebbero esserci sorprese. La risoluzione sulla tutela dei giudici passerà con il voto di tutti i togati e dei laici di centrosinistra, cioè almeno 23 voti sui 30 totali. Ma c’è attesa di capire cosa faranno anche due componenti di diritto del Consiglio, ovvero il presidente e il procuratore generale della Cassazione, Margherita Cassano, e Luigi Salvato, molto graditi al Quirinale.È evidente che il voto non avrà conseguenze tecnico-giuridiche, ma di sicuro avrà un impatto politico, perché metterà nero su bianco la posizione del Csm sulle critiche che arrivarono da alcuni ministri sulle decisioni dei giudici di Bologna, tra cui quella del vicepremier Matteo Salvini che parlò «di giudici comunisti che non applicano le leggi» e rendono l’Italia un Paese «insicuro». In buona sostanza la spaccatura tra toghe e politica si farà ancora più ampia. La prima commissione del Csm aveva proprio parlato di un provvedimento, quello di rinvio del decreto alla Corte di giustizia, oggetto di «dure dichiarazioni da parte di titolari di alte cariche istituzionali non correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza, che adombrano un’assenza di imparzialità dell’organo giudicante priva di riscontri obiettivi». È in questo contesto da guerra senza esclusione di colpi, quindi, che proprio ieri Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm, ha deciso di sferrare l’ennesimo attacco al governo di Giorgia Meloni. «È evidente che si vorrebbero dei magistrati allineati a quelle che in qualche modo sono le indicazioni della politica», sostiene Casciaro. «E la preoccupazione è ancora più forte in una stagione di riforme costituzionali che in realtà, al di là di quello che viene detto apertamente dal ministro, mirano secondo noi proprio a ridimensionare il ruolo e il tono costituzionale della giurisdizione in questo Paese».A rincarare la dose è arrivata anche Debora Serracchiani, deputata del Partito democratico, che, in una intervista a Repubblica, è arrivata a sostenere che l’obiettivo del governo è «senz’altro l’assoggettamento del potere giudiziario all’esecutivo». Frasi che hanno scatenato subito la reazione di Nordio che, in un’intervista al Corriere, ha ribadito che «non ci sono magistrati sgraditi, ma» che «l’imparzialità è un dovere». Per Nordio, parlare di voler assoggettare i magistrati alla politica è «uno slogan folcloristico, nessuna toga è sgradita ma la loro libertà è vincolata dal dovere di imparzialità». Per il guardasigilli la separazione delle carriere è «il primo step», perché «esiste in tutti i Paesi democratici che hanno introdotto, come noi, il codice accusatorio. Inglesi e americani ci ridono dietro quando diciamo che è un attentato all’indipendenza del giudice».Ma, soprattutto, sulla questione Paesi sicuri e la decisione del tribunale di Bologna di rivolgersi alla Corte europea, Nordio ha confermato che «i primi ricorsi sono già stati depositati e la Cassazione si pronuncerà a dicembre». Ma, nel frattempo, ieri i 26 presidenti delle Corti di appello hanno diramato un comunicato annunciando di seguire con «grande preoccupazione» i lavori di conversione dei decreti legge numero 145 e 158 del 2024, nella parte in cui si prevede la reintroduzione del reclamo in Corte d’appello dei provvedimenti in materia di protezione internazionale, con la proposta, da ultimo, di attribuire alle stesse la competenza per i provvedimenti di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo.Per i presidenti «è facile prevedere che la riforma costituirà un disastro annunciato per tutte le Corti di appello italiane, renderà irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr e determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi». Ma proprio sul tema di aggravamento dei lavori sulle Corti d’appello, è Nordio a sgombrare i dubbi, spiegando che «l’emendamento parlamentare prevede esattamente il contrario. Abbiamo tolto i reclami contro i provvedimenti delle sezioni specializzate, come chiedevano i loro presidenti. E l’eventuale devoluzione delle convalide può essere una maggiore garanzia giurisdizionale».Nelle prossime settimane il Csm dovrà esprimersi anche sui criteri di selezione dei candidati agli uffici direttivi e semidirettivi, tema spinoso che vede le varie correnti spaccate, dove a quanto pare dovrebbe passare la proposta di Magistratura indipendente, mentre la proposta di Md e Unicost sui punteggi pare destinata a essere scartata.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)