2018-11-04
Le tappe della via crucis italiana a Bruxelles
Sono in arrivo nuove pressioni sul governo: domani ci aspetta l'Eurogruppo, giovedì le previsioni di crescita ed entro il 13 novembre la Commissione pretende le correzioni alla manovra. L'obiettivo è far risalire lo spread e costringere Palazzo Chigi a piegarsi.Non c'è pace per le nostre «teste di spread». Ben al di là del fisiologico (anzi, sacrosanto) conflitto tra maggioranza e opposizione, c'è un pezzo di ceto politico e di sistema mediatico che sembra non aver esitazione a tifare contro l'Italia, e a trasformare qualunque confronto con Bruxelles in un'occasione per schierarsi con il team Jean-Claude Juncker-Pierre Moscovici. E allora portiamoci avanti con il lavoro, sincronizziamo gli orologi, e individuiamo sul calendario le prossime date da annotare con un circoletto rosso.La prima è quella di domani: è prevista la riunione dell'Eurogruppo, presieduto da Mário Centeno, il ministro delle finanze portoghese. Nel labirinto di organi, tavoli e cariche bruxellesi, l'Eurogruppo è un organismo informale, che - per gli ottimisti - dovrebbe servire a migliorare il coordinamento tra le politiche economiche dei Paesi membri, mentre - per i realisti disincantati - è un luogo insidioso: non avendo reali poteri, è la sede perfetta per polemiche, avvertimenti ai governi «sgraditi», con relative veline smistate ai media più servizievoli (verso Bruxelles). Domani i temi in discussione saranno «zona euro» ed «economia e finanza». Inutile girarci intorno: preparatevi a leggere martedì mattina (un po' sarà vero, e un po' sarà condimento politico e mediatico) che ci sarà stato un «processo all'Italia», che il governo Conte si sarà ritrovato «isolato», che «viva preoccupazione» sarà stata espressa da Tizio e Caio. Basta saperlo prima. La seconda data, tre giorni dopo, è quella di giovedì 8, giorno in cui la Commissione Ue presenterà le sue previsioni di crescita. Se si fosse tra persone serie, i commissari dovrebbero presentarsi con il capo cosparso di cenere, e spiegare a 500 milioni di contribuenti europei come mai l'Ue va come una tartaruga, mentre l'America di Donald Trump va a velocità doppia. Ma si sa come vanno queste cose: per sviare l'attenzione, meglio cercare armi di distrazione di massa. E i lettori della Verità ricorderanno che, in una conferenza di dieci giorni fa, i due commissari economici, il lettone Valdis Dombrovskis e l'ineffabile Pierre Moscovici, avevano preannunciato le loro intenzioni. Ecco cosa disse Moscovici: «La Commissione presenterà nuove previsioni l'8 novembre. In quell'occasione vedremo per l'Italia se saranno più vicine a quelle del Mef o a quelle dell'ufficio parlamentare di bilancio». Una provocazione bella e buona: nel senso che la Commissione si prepara a prendere per oro colato i pareri (non vincolanti) dell'Upb, non a caso ignorati da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan nel 2016 senza che Bruxelles facesse una piega. Per onestà intellettuale, però, va detto che pure il governo Conte farà bene a non farsi trovare impreparato. Dopo il dato (crescita zero) diffuso dall'Istat sul Pil italiano del terzo trimestre, è diventato complicato il raggiungimento dell'1,2% su base annua fissato dal governo nell'ultima nota di aggiornamento al Def: basterà dire che, per centrare quel risultato, adesso servirebbe un balzo del +0,7% congiunturale nel quarto trimestre (da zero), performance obiettivamente poco probabile. Occorre che Giovanni Tria organizzi risposte convincenti. Si arriva poi alla terza data, il 13 novembre: scadenza doppia intorno alla quale ruotano le maggiori speranze delle «teste di spread». Sarebbe quella la data entro cui, nei desiderata della Commissione, l'Italia dovrebbe presentarsi con la manovra riscritta (cosa che realisticamente non accadrà), oltre a rispondere alla lettera in cui il direttore generale per gli affari economici della Commissione (che è un italiano, Marco Buti) chiedeva conto alcuni giorni fa della situazione del nostro debito pubblico. A quel punto, se le cose andassero secondo le speranze delle «teste di spread», scatterebbe il conto alla rovescia per la prima riunione utile della Commissione Ue e la formale apertura di una procedura d'infrazione contro l'Italia. I lettori della Verità sanno bene che si tratterebbe di un iter dagli effetti assai diluiti nel tempo (in termini di sanzioni effettivamente irrogabili dall'Ue): ma a Juncker e soci interessa invece terremotare di nuovo i mercati, creare immediatamente un incidente su Borse, spread e titoli del debito pubblico. Anche perché, finora, le cose non sono andate secondo i desideri di chi vuole l'Italia in ginocchio: ci sono indubbiamente problemi da non sottovalutare, ma non l'apocalisse paventata da alcuni. Tra l'altro, com'è noto, sono giorni che Borsa e spread non «danno soddisfazione» a incendiari e piromani, e anche la prova degli stress test bancari dell'altro ieri è stata abbastanza brillantemente superata dagli istituti italiani. Non così da diversi istituti stranieri, come La Verità vi ha raccontato ieri.Da questo punto di vista, se (legittime divisioni politiche a parte) il discorso pubblico italiano avesse un po' più a cuore l'interesse nazionale, sarebbe il caso di aprire una discussione sulle regole bancarie europee, che tendono a dare molto rilievo ai punti deboli italiani (i non performing loans, cioè i crediti deteriorati, e per altro verso la significativa quantità di titoli pubblici detenuti dalle nostre banche), mentre ignorano quasi completamente il cancro che minaccia le banche francesi e tedesche, e cioè l'elevatissima quantità di titoli «tossici» che quegli istituti hanno in pancia. Sono detti «tossici» perché non hanno un mercato di riferimento, e sono dunque abbastanza pericolosi: né c'è modo di dar loro un prezzo univoco e certo nel momento della loro iscrizione a bilancio. Basterà dire che ammontano a una quantità molto superiore (si stima 12 volte!) a quella degli Npl. Eppure non se ne parla quasi mai. Chissà perché…
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.