2025-09-12
Per aiutare Parigi la Lagarde ingrana la retro su spread e ruolo della Bce
I tassi restano fermi. Forse se ne parlerà a dicembre. Occhi sulla Francia: «Pronti a intervenire per calmare i mercati». Erano quasi le 17 del 12 marzo 2020 quando Christine Lagarde, nella sua prima conferenza stampa da presidente della Banca centrale europea, pronunciò dieci parole destinate a entrare nei libri di economia. O, più realisticamente, nei faldoni della cattiva coscienza: «Non è compito della Bce quello di chiudere gli spread» disse l’ex direttrice del Fondo monetario chiamata a sostituire Mario Draghi su pressante indicazione di Nikolas Sarkozy. Bastarono pochi minuti: lo spread italiano volò a 253 punti, la Borsa perse il 17% e il nostro Paese - già alle prese con un virus invisibile e un debito molto visibile - si trovò abbandonato in mezzo alla tempesta. Tutto in nome dell’ortodossia. Cinque anni dopo, a Francoforte, stesso palcoscenico: la conferenza stampa che segue la riunione del direttivo Bce. Partono le domande. I tassi d’interesse? Inalterati al 2%, come ampiamente previsto. L’inflazione? In calo, ma «intorno» al target del 2%. I mercati? Sereni, tutto sommato. E la Francia? Con molta prudenza il capo della Bce chiama una vecchia conoscenza: lo scudo anti spread. Quello che nel 2020 sembrava una parola impronunciabile (anche se Mario Draghi l’aveva sdoganata con il quantitative easing) oggi è diventato uno strumento a disposizione visto che il debito da salvare non è italiano ma francese.Christine Lagarde - sempre con un look impeccabile - questa volta si è mostrata ben disposta. Lo ha fatto con classe, certo: niente dichiarazioni roboanti, nessun colpo di teatro. Ma tra un «siamo in una buona posizione» e «decideremo riunione per riunione», è scivolata una frase che vale più di mille tagli ai tassi: «La Bce ha tutti gli strumenti necessari, se la trasmissione della politica monetaria dovesse incepparsi». Se serve, interverremo per difendere gli Oat, versione parigina dei nostri Btp. I mercati applaudono. Milano +0,89%, Londra sale dello 0,78%, Francoforte avanza dello 0,34% e a Parigi dello 0,80%. L’euro si è rimesso in carreggiata (1,1734 sul dollaro), e perfino l’inflazione americana – in risalita al 2,9% – non ha smontato le scommesse su un possibile taglio dei tassi da parte della Fed. Lagarde garantisce che nel direttivo di ieri non si è parlato del «Transmission protection instrument», ultima versione dello scudo salva spread lanciato nel 2022. Ufficialmente non era all’ordine del giorno. Ma se anche l’avessero evocato sarebbe stato come Voldemort: senza nominarlo, ma tremando un po’.Del resto, la situazione lo richiede: la politica francese è terremotata, i conti pubblici traballano, il debito preoccupa ed Emmanuel Macron sta facendo stretching istituzionale. E allora, in un sussulto di prudenza (e di pragmatismo), ecco la Bce pronta a tendere la mano. Soprattutto adesso che i titoli francesi rendono un po’ di più di quelli greci (3,4% contro 3,3%) e il differenziale con l’Italia si è quasi azzerato. Segno che i mercati ritengono Parigi più rischiosa di Atene e Roma.Peccato che, nel marzo 2020, quando i mercati scaricavano i titoli di Stato italiani come fossero volantini del televoto, quella mano restò in tasca. Allora, il problema era il «moral hazard», il rischio di mandare il messaggio sbagliato. «L’Italia deve fare i compiti a casa» era il ritornello.Oggi, invece, lo spread francese si allarga, e subito la Bce si fa morbida. Sarà che in Francia si parla la lingua madre di Christine, sarà che Parigi pesa politicamente più di Roma, sarà che nessuno vuole un’altra crisi nel cuore dell’Europa mentre già ci sono abbastanza incendi in giro per il mondo - ma il cambio di tono è palpabile. E beffardo.Christine Lagarde ha confermato: i tassi restano fermi. La Bce è «in una buona posizione». L’inflazione è vicina all’obiettivo, quella core - senza cibo ed energia, per non farsi impressionare - è in discesa. Il mercato del lavoro regge, gli accordi commerciali con gli Stati Uniti, seppur onerosi, hanno evitato nuove guerre sui dazi e le previsioni di crescita per il 2025 sono state addirittura riviste al rialzo.Una pace apparente. Anche perché il 2026, guarda caso, si preannuncia più grigio: crescita limata all’1%, inflazione stimata in calo all’1,7%. Insomma, tutti sono contenti. Tranne forse chi ha buona memoria.Ora è la Francia il «sorvegliato speciale» dell’Eurozona. Non l’Italia. Paradossale, se si pensa a quanti rimproveri ha ricevuto Roma tra raccomandazioni, procedure d’infrazione sventate e lettere minatorie scritte in burocratese da Bruxelles. Ma ora, all’improvviso, il rischio sistemico ha cambiato indirizzo. E il fatto che la Bce sia pronta a «fare tutto il necessario» - purché necessario a Parigi - la dice lunga su come certi equilibri restino asimmetrici.Perché se la speculazione attacca Roma, si invoca la responsabilità fiscale. Se scricchiola Parigi, c’è lo scudo.