2024-06-08
La società dell’odio è il frutto avvelenato della forza bruta che divora lo spirito
Torna in libreria il testo «Autorità» di Augusto Del Noce: la morte dell’idea del padre ribalta i valori di una comunità.Non vi è mai stata epoca che più dell’attuale abbia elevato un culto alla libertà. Questa parola è ogni giorno sulla bocca di tutti, in suo nome si giustificano guerre e discriminazioni. La grande battaglia degli ultimi decenni - è noto - è stata quella per la «liberazione» degli individui (prima quella sessuale del singoli, poi quella delle donne, e ancora quella delle minoranze). Ma come è possibile, allora, che oggi sia assista a un brusco ripresentarsi dell’autoritarismo? Come è possibile che tutta questa insistenza sulla libertà abbia prodotto infine un mondo più intollerante in cui abbondano censure e divieti?La risposta l’aveva già fornita, nel 1975, uno dei più grandi filosofi italiani di ogni tempo, ovvero Augusto Del Noce, al quale fu affidato in quell’anno l’incarico di curare la voce Autorità della Enciclopedia del Novecento pubblicata da Treccani. Lo stesso editore che ora rimanda sugli scaffali sottoforma di elegante libriccino quel testo fondamentale.Con ampi riferimenti (solo apparentemente sorprendenti) al pensatore tradizionalista René Guenon, Del Noce rileva prima di tutto la caratteristica distintiva della modernità. «L’eclissi dell’idea di autorità è tra i tratti essenziali del mondo contemporaneo: ne è anzi, certamente, il tratto più immediatamente percepibile», scrive. «Si possono quindi considerare significativi al riguardo non tanto gli studi dedicati all’argomento, per la maggior parte, del resto, inadeguati, quanto piuttosto gli aspetti dello stesso mondo contemporaneo, assunto a oggetto di riflessione. E ciò nella misura in cui si è disposti a leggerli con la mente libera dal presupposto dogmatico della superiorità o dell’irreversibilità del presente, o della sua considerazione come punto di partenza di un processo di liberazione che avverrà nel futuro».Per Del Noce la situazione è chiarissima, basta osservare con mente libera il mondo che ci circonda. Così facendo, subito ci si rende conto delle forme che lo sgretolamento della autorità assume «e che si compendiano poi in una sola: “Scomparsa dell’idea del Padre”», con tutte le conseguenze del caso: «Crisi della famiglia, della scuola, della Chiesa».Fin troppo facile osservare che qualcosa non va. Più complesso è comprendere le cause della disfunzione. Ebbene, per Del Noce il primo problema è la confusione fatale che si fa tra autorità e potere. Apparentemente sovrapponibili, sono in realtà due concetti molto diversi. «Per intendere la profondità del rovesciamento e misurarne l’ampiezza, basterà riflettere sull’opposizione tra l’etimo del termine autorità e il significato che tale termine ha oggi generalmente assunto», scrive il filosofo. «Auctoritas deriva infatti da augere, “far crescere”. Per comune origine etimologica è connesso con i termini Augustus (colui che accresce), auxilium (aiuto che viene dato da una potenza superiore), augurium (termine anch’esso di origine religiosa: voto per una cooperazione divina all’accrescimento). Se si prendono in considerazione altre lingue, si constata una struttura ideale comune. Così il tedesco auch (anche) è l’imperativo del gotico aukan (accrescere). Nell’etimologia di autorità è dunque inclusa l’idea che nell’uomo si realizza l’humanitas quando un principio di natura non empirica lo libera dallo stato di soggezione e lo porta al fine che è suo, di essere razionale e morale; la libertà dell’uomo, come potere di attenzione e non di creazione, consiste infatti nella capacità di subordinarsi a questo superiore principio di liberazione».L’autorità dunque è qualcosa che eleva, innalza. E per questo motivo non può che essere qualche cosa di spirituale, di superiore. «Oggi, invece», prosegue Del Noce, «la sensibilità corrente associa per lo più l’idea di autorità a quella di “repressione”, la fa coincidere, al contrario di ciò che l’etimo esprime, con ciò che arresta la crescita, che vi si oppone».Eccoci al cuore nero della modernità: essa spaccia l’autorità per oppressione e la combatte ostinatamente, causandone l’eclissi, che si concretizza in una crisi profonda della famiglia, della scuola eccetera. Sfumata l’autorità, resta il potere, che è invece tutto materiale: non più rapporto tra l’uomo e qualcosa che lo trascende, ma rapporto fra uomini in cui uno domina e l’altro serve. Mancando un riferimento superiore, possiamo dire sintetizzando, l’uomo resta in balia della forza bruta, delle lotte per il predominio fra simili.Faccenda curiosa: a lasciarci in balia di queste forze soverchianti sono stati proprio i movimenti rivoluzionari di matrice progressista, i quali da sempre hanno lottato contro l’autorità al fine di schiantarla. Amara ironia della sorte: «Quella che si presentava come speranza di rivoluzione totale si è realizzata, e oggi la filosofia rivoluzionaria e progressista ha la funzione di legittimare un ordine più oppressivo e, di fatto, quali che siano le maschere di cui si copre, totalitario». È un processo, questo, i cui frutti non è difficile toccare con mano ai nostri giorni.Ciò che in nome della libertà voleva sottrarci alla autorità ci ha consegnati a un potere soffocante; ciò che in nome della ragione combatteva le fedi «superstiziose» si è fatto a sua volta religione oppressiva. «A fondamento dei totalitarismi è la negazione dell’universalità della ragione», dice Del Noce, «per cui ogni opposizione non esprimerebbe istanze razionali, ma nasconderebbe interessi di classe o di razza. Se si riflette sul rapporto tra autorità ed evidenza, si vede che la negazione delle due nozioni non può portare che alla persecuzione di chi dissente. II totalitarismo è il risultato, quindi, della negazione dell’autorità, prima ancora che della libertà. Lo caratterizzano altresì la negazione dell’individuo, il disconoscimento della differenza tra realtà bruta e realtà umana». Da qui nasce la moderna oppressione: dalla assenza di autorità spirituale, non da altro.Con parole terribilmente profetiche, poi, Del Noce si sofferma sul più ambiguo e pervasivo dei totalitarismi moderni: lo scientismo. «Interessante», scrive, «è pure rilevare che esiste una concezione totalitaria della scienza, per cui questa si presenta come l’unica conoscenza vera, ogni altro tipo di conoscenza non esprimendo, secondo tale veduta, che delle “reazioni soggettive”, di cui l’estensione della scienza al mondo umano, con le discipline psicologiche e sociologiche, riesce, o riuscirà, a render conto. Questo totalitarismo scientifico può esser detto scientismo».Ennesimo esempio concreto della azione sovversiva (cioè di ribaltamento) attuata dalla modernità. La critica alla fede che si vuole oppressiva diviene a sua volta strumento terribile di oppressione che porta alla fine della ragione e alla impossibilità di porre domande (durante la pandemia ne abbiamo avuto la più tremenda delle dimostrazioni).«In ogni totalitarismo», sostiene Del Noce, «l’iniziale persecuzione della religione si trasforma in persecuzione della ragione. Ma il punto più basso del totalitarismo - e che è già in parte realtà in Occidente - è il primato del principio economico, che determina una totale generalizzazione della categoria di strumento». Tutto, esseri umani compresi, ha valore solo se si può utilizzare, sfruttare. Solo se «funziona».Oggi, conclude il geniale filosofo, «l’ideale è visto nella liberazione dall’autorità, dal regno della forza e della necessità. Ci pare invece di dover dire che il rifiuto dell’autorità, intesa in senso metafisico-religioso, conduca all’instaurarsi di una forma assoluta di potere, così che alla con-trapposizione autorità-libertà si sostituisce la contrapposizione autorità-potere, dal carattere decisamente oppressivo; o, a dir meglio, il divorzio completo di autorità e di libertà si è avuto in quella che può venir detta l’epoca della secolarizzazione [...]. Sembra difficile negare che il processo di liberazione rivoluzionaria porti alla dipendenza totale dell’uomo dalla società. La conseguenza sarà che l’uomo ha diritto di esistere solo in quanto è socialmente utile, cioè in quanto gli altri lo giudicano tale. L’attuale altruismo si configura come la perversione dell’idea di solidarietà».È il frutto perverso della rivoluzione. Del Noce conferma l’intuizione di George Orwell: alla fine, la libertà è divenuta schiavitù.
Jose Mourinho (Getty Images)