2024-11-13
La sinistra grida «al lupo nero» ed è sbranata
Andrea Orlando, Vladimir Luxuria e Paolo Mieli
I dem agitano da decenni lo spauracchio del fascismo per nascondere i propri ritardi e omissioni. Adesso, annientati su tutti i fronti, cadono dal pero e piangono. Eppure tempo fa, quando alcuni esponenti di area si resero conto degli errori, su di loro scattò la fatwa.Ussignur, ci mancavano le «camicie nere» e le «zecche rosse». E, con esse, il fantasma degli «opposti estremismi», che fa ripiombare il dibattito politico al livello dei famigerati anni Settanta. Intendiamoci: chiunque, in qualunque schieramento, è libero, convintamente o propagandisticamente, di coltivare le ossessioni e le pulsioni che crede. Ma colpisce il riflesso pavloviano per cui, a sinistra, si grida «al lupo! al lupo!», ovvero all’emergenza «democratica e antifascista», agitando lo spauracchio della «montante onda nera» (ma ad opera di chi? Degli esponenti di CasaPound, che alle elezioni raccimolano così pochi voti da far sorgere il sospetto che non vengano votati nemmeno dai propri familiari?), senza rendersi conto che con ciò si certifica il fallimento della democrazia repubblicana. Perché se a quasi 80 anni dalla caduta del regime, siamo ancora qui a discutere sulle «camicie nere», è evidente che i partiti di quello che una volta si sarebbe chiamato «l’arco costituzionale» hanno mancato clamorosamente i loro obiettivi.In realtà, sappiamo, e non da oggi, che a sinistra, quando si tratta di giustificare i propri ritardi e mancanze, tutto fa brodo. Torna utile qui richiamare quello che scrisse sul «fattore N.» il compianto Edmondo Berselli, già direttore editoriale de Il Mulino (non proprio un covo di camerati) e poi firma di Repubblica ed Espresso, il 6 agosto 1998 sul numero 23 della rivista Liberal. Sommario: «N. come nemico. È la pietra angolare su cui si fonda lo spirito giacobino-gauchista. Silvio Berlusconi è l’ultimo della serie. Prima di lui c’erano gli amerikani, la P2, Gladio, Bettino Craxi, Belzebù, i Padroni, la Mafia, i Servizi e tutte le Forze Oscure della reazione in agguato».Svolgimento: «Dietro la figura del Cavaliere si è ricominciato a vedere il solito blocco sociale irriducibile alla sinistra: la piccola impresa, il lavoro autonomo, il popolo delle partite Iva, i revanscisti antitasse, gli insofferenti alle regole. Qualcuno - Fausto Bertinotti - può cavarsela evocando l’incanaglimento della “plebe borghese”. Qualcun altro invece sente irresistibile la tentazione di assecondare la liquidazione del nemico per via giudiziaria. È la scorciatoia classica. Si prende Berlusconi e lo si colloca in una nicchia intoccabile come sintesi del male».Venticinque anni dopo, siamo sempre lì. Aggiornando l’elenco di Berselli, potremmo aggiungere Benito Mussolini, Giorgia Meloni e, da ultimo, Donald Trump. La cui seconda vittoria ha spinto due sincere democratiche come Sabrina Ferilli e Vladimir Luxuria a un’onesta, quanto tardiva, presa di coscienza.Sentite qua. Ferilli (facendo fischiare le orecchie a Luxuria): «Per i politici di sinistra i problemi sono diventati solo il genere maschio, femmina o neutro; o il poter chiamare “signora” una donna che nasce con l’organo genitale maschile». Di più: «Per la sinistra c’è un problema mondiale che riguarda la sicurezza, la sanità e l’istruzione: aspetti primari che non vengono mai trattati», perché se lo fai «vieni tacciato di fascismo e cattivismo. La sinistra è ormai un’élite che parla a un’altra élite».Luxuria, facendole eco: «Quando ha vinto Donald Trump mi sono chiesta: ma perché gli americani poveri si sono identificati in un tycoon? Perché Trump porta un messaggio vicino alla gente. La sinistra non ha un linguaggio popolare, e si è fatta scippare i temi che interessano la classe operaia. I democratici hanno invece fatto parlare Taylor Swift, che dialoga con un’élite».Un vero e proprio paso doble a distanza. E che spinge a chiedersi: ma perché non lo avete detto prima? E non mi riferisco tanto a Luxuria e Ferilli, quanto a tutti coloro che oggi si battono il petto ripetendo il mantra: «Eh, ma noi lo sapevamo, noi l’avevamo detto». Ma dove? Ma quando? E se per caso voi vi sentite assolti - «ma siete lo stesso coinvolti», copyright by Fabrizio De André - perché non li avete avvertiti per tempo, i «compagni che sbagliano»? Nel mio piccolo, provai nel 2016 a domandare, nel corso di un’intervista in pubblico, all’allora ministro della Giustizia (nel governo di Matteo Renzi) Andrea Orlando, se per caso non fosse stato «too much» ancorare il dibattito politico per mesi al tema delle unioni civili, sicuramente importante ma relativo pur sempre a una minoranza del Paese, che nel frattempo stava dimostrando di avere anche altre urgenze. Orlando la prese forse per una provocazione e mi mise in riga: «Le battaglie di civiltà non si misurano in base ai numeri», e fine della discussione (per la cronaca, da quando la legge è stata approvata - nel 2016, e fino al 2022, ultimo dato disponibile secondo un articolo del Sole 24 Ore del 10 aprile scorso - in Italia sono state registrate 16.000 unioni, che hanno dunque riguardato 32.000 persone; in compenso, e per non farsi mancare niente, il Pd si è poi infilato per un paio d’anni, aridanga, nella battaglia sul disegno di legge di Alessandro Zan sulla omotransfobia).In verità, non è mancato anche da quelle parti chi avvertiva: «Sinistra, abbiamo un problema...». Apriti cielo! Scattava la fatwa. E quindi ecco Massimo Cacciari perculato in quanto «ridotto a meme di se stesso», un «vecchio barbogio» che si ripete come un disco rotto. Ecco Luca Ricolfi tacciato di intelligenza con il nemico, dopo aver lanciato l’allarme (nel 2005!) con il suo libro Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori.Ecco lo stesso D’Alema messo all’indice quando a Gargonza, dove si riunì lo stato maggiore dell’Ulivo per celebrare la sconfitta del vituperato Cavaliere alle elezioni del 1996, fece un discorso da lui presentato come «spigoloso», e così sintetizzabile: abbiamo vinto ma l’Italia non è diventato per questo un Paese di sinistra, i partiti dell’alleanza dal 1994 hanno perso in realtà 2 milioni di voti. Commento dell’Unità del 9 marzo 1997: «È stato duro, da gelare gli animi».Ecco, ancora prima, Luciano Lama segretario della Cgil, rimasto di stucco nel 1980 davanti alla «marcia dei 40.000» a Torino, che chiedevano di poter tornare a lavorare facendo cessare l’occupazione degli stabilimenti della Fiat, unico a far ammenda: «Quei 40.000 non li aveva inventati né Mefistofele né Gianni Agnelli. Siamo stati noi a non aver capito niente» (en passant, come dimenticare il comizio davanti ai cancelli dell’allora segretario del Pci Enrico Berlinguer - oggi celebrato in un film, persona onesta, perbene, di indubbio carisma, fu per lui che mi iscrissi alla Federazione giovanile comunista... per uscirne due anni dopo - la cui azione politica si è però poi rivelata fallimentare proprio per non aver capito cosa si muoveva negli strati profondi della società italiana: basti ricordare, per dire, che il Pci di quegli anni era contrario alla tv a colori...).Ma a sinistra si è continuato a ballare sulle note dello stesso spartito. Con il nobilissimo intento di combattere per tutelare gli interessi delle classi subalterne, ma non disdegnando le frequentazioni, talvolta esibite, con i capitalisti «illuminati», da Agnelli, l’Avvocato, a Carlo De Benedetti, l’Ingegnere, al tempo in cui non c’era un editorialista che non fosse per la globalizzazione che sanciva «la fine della storia», suggellandone le magnifiche sorti e progressive. Quello stesso De Benedetti che, negli anni d’oro, ospitava nella villa in Sardegna o sul yacht giornalisti di certo non ostili come Gad Lerner e Lilli Gruber, e con Federico Rampini firmava libri a quattro mani (come Per adesso, che nel 1999 mi costò la modica cifra di 30.000 lire).A proposito della corrispondenza di amorosi sensi con le élite e i poteri forti, che dire delle bande «affaristiche» left oriented che pure hanno imperversato, mentre commentatori, opinionisti e direttori dormivano tutti il sonno dei giusti?Qui parlo per fatto personale, avendo a metà degli anni 2000 lavorato per Marco Tronchetti Provera (certo non una mammoletta, ma capace ancora oggi di andare contro i mantra della sinistra: «Il Green deal? Una follia tra idiozie e fesserie»). Nel 2007 voleva creare con Rupert Murdoch una media company. Sappiamo come finì: niente accordo, e Tronchetti costretto a uscire da Telecom perché volevano fargli fare la fine di Angelo Rizzoli (incarcerato per costringerlo a mollare Corriere della sera e casa editrice). Ma perché il patron della Pirelli si ritrovò con le spalle al muro? La risposta la diedero anni dopo, nel 2015, due pezzi da 90 dell’informazione: Ferruccio De Bortoli e Paolo Mieli, entrambi in passato al vertice del Corrierone. Per il primo, «Tronchetti Provera fu vittima di un pregiudizio ideologico del centrosinistra». Ma dimmi tu. Per il secondo: «In questi anni si sono raccontate le bande di destra, ma non le bande di sinistra che pure ci sono state e che l’hanno fatta franca, ma non credano che gli storici dimentichino». E con questo delizioso cortocircuito, per cui il Mieli giornalista demanda l’operazione glasnost al Mieli storico, dal meraviglioso mondo del Piddì e dintorni è tutto (in attesa dell’Umbria...).
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.