2022-02-01
La seconda dose al Colle provoca effetti collaterali
Tutti contro tutti nel M5s e in Forza Italia, la Lega esclusa dai giochi, il Pd diviso. Mario Draghi già respirava aria di trasloco e la versione di Mario king maker di Sergio Mattarella fa acqua. La stampa estera dà il senso della sconfitta e di una leadership che esce ammaccata. Invece di garantire stabilità al governo, come sarebbe stato legittimo attendersi, la seconda dose di Mattarella sta assicurando instabilità all’esecutivo e all’uomo chiamato a guidarlo. Che il bis al Quirinale non faccia bene a Draghi, alla sua credibilità e, di riflesso, al Paese, lo dimostra una serie di fattori, il primo dei quali è senza dubbio la rissosità che si è scatenata nei partiti, nessuno escluso. La spaccatura più profonda riguarda il Movimento 5 stelle, diviso tra l’ala governista e anti Giuseppe Conte rappresentata da Luigi Di Maio. L’ex ministro degli Esteri farebbe carte false pur di restituire all’università l’ex avvocato del popolo e quest’ultimo festeggerebbe con il fido Rocco Casalino se potesse rispedire l’antagonista allo stadio San Paolo, a distribuire bibite. I due si odiano e neppure troppo cordialmente ed è probabile che prima o poi si arriverà a una resa dei conti, con le conseguenze che si possono immaginare per la tenuta della maggioranza. Le cose non vanno molto meglio dentro Forza Italia, dove ormai è un tutti contro tutti, con Silvio Berlusconi che di rimettere in ordine l’asilo Mariuccia forse non ha più voglia. La bocciatura della Casellati ha rivelato una profonda guerra intestina, con un pezzo di partito che sta con Mario Draghi, uno che sta con Matteo Salvini e tutti che fingono di ignorare che i voti con cui sono stati eletti sono del Cavaliere. Il filosofo di Zagarolo, alias Stefano Ricucci, lo direbbe in modo un po’ più colorito, ma la sostanza è che dentro Fi giocano a fare gli statisti con il consenso del fondatore. Se gli azzurri sono verdi di rabbia, i leghisti sono verdi e basta, annichiliti da una batosta che li ha esclusi dai giochi. Salvini si è intestato la proposta del bis, per non lasciarla a Berlusconi e al Pd, ma è evidente che la base del partito non possa gioire per la riconferma di un ex democristiano che nella passata legislatura fu eletto a colpi di maggioranza dal Pd. Per non dire poi che fu Mattarella a regalarci il Conte due, respingendo l’ipotesi delle elezioni per ben due volte. Lasciando perdere i cespugli, di cui è inutile parlare, resta il fatto che ci sono due coalizioni più divise di prima, ma forse sarebbe meglio dire che non ci sono più due coalizioni, perché quella di centrosinistra è spaccata a metà e quella di centrodestra pure. Ricomporre i cocci fra Pd e 5 stelle sarà più facile, perché a tenerli insieme sarà il collante della poltrona, mentre rimettere insieme quelli fra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia sarà più complicato, in quanto Giorgia Meloni si è sentita gabbata dagli alleati.E Draghi? Beh, il presidente del Consiglio non sta messo meglio. Della compagnia di giro che lo sostiene e della metà dei ministri che compongono il governo non ne poteva più e non vedeva l’ora di scappare, acchiappando la poltrona di capo dello Stato. I suoi collaboratori erano pronti a preparare gli scatoloni e alla Vigilia di Natale, a Palazzo Chigi, già si respirava aria di trasloco. E invece, rieccolo qui, un po’ più abbacchiato e un po’ meno motivato. Sì, la stampa nazionale scrive che alla fine è stato il presidente del Consiglio a prendere il coraggio a due mani e a salire al Colle per chiedere a Sergio Mattarella di restare. Merito, insomma, del capo del governo se si è riusciti a trovare una ragionevole via d’uscita per far calare il sipario su uno spettacolo a dir poco imbarazzante. La versione di Draghi king maker della seconda dose è ovviamente alimentata direttamente dai collaboratori del premier, per salvaguardarne il prestigio. Ma è sufficiente gettare lo sguardo oltre la stampa domestica per capire che la percezione all’estero non è esattamente la stessa. Dopo aver fatto il tifo per Mr. Bce, Bloomberg, una delle più prestigiose testate straniere, ha giudicato impietosamente la mancata ascesa al Quirinale, scrivendo che il presidente del Consiglio è stato «castigato» e aggiungendo che la sua aura è appannata. La Reuters, agenzia di stampa tra le più influenti, ha scritto che Draghi è sotto pressione dei partiti della sua stessa maggioranza e la sua ambizione di divenire capo dello Stato è stata osteggiata dalle due forze più importanti. Seguono a ruota i giudizi del Wall Street Journal, che non dimentica quale fosse l’obbiettivo dell’ex governatore della Banca centrale europea, come peraltro scritto, e valutato negativamente, anche dall’Economist. In pratica, la maggior parte dell’informazione a cui si abbeverano gli operatori finanziari, dà il senso di una sconfitta, che ha costretto il capo del governo a un passo indietro.Certo, Draghi proverà a rilanciare l’attività dell’esecutivo, riprendendo in mano i dossier economici più scottanti e intervenendo sull’aumento delle bollette e l’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma la sensazione che dopo la vicenda del Colle la sua leadership esca un po’ ammaccata e rischi di esserlo ancora di più in conseguenza delle lotte fra partiti è forte. Per questo, prima o poi verrà il tempo di chiedersi quanto costerà agli italiani la riconferma di Mattarella che ora tutti paiono applaudire.