2018-05-05
La scuola sconfitta: studenti pagati per avere buoni voti e comportarsi bene
Un istituto di Arezzo lancia l'idea: premi in denaro per chi si distingue. Ma così si perde il senso profondo dell'istituzione.È grazie alla capacità dei docenti di spiegare e coinvolgere se i ragazzi ottengono ottimi risultati in classe. Eppure, anche se bravi, continuano a ricevere buste paga anemiche.Lo speciale contiene due articoli.Pagare per far studiare: l'ultima tentazione per un sistema scolastico come quello italiano che vede scivolare verso il basso i propri alunni nelle classifiche Ocse che misurano le competenze, e che si trova disorientato tra l'esuberanza dei bulli e le riforme mal digerite. Ad imboccare la strada del premio in denaro è l'istituto per geometri e ragionieri di Arezzo Buonarroti-Fossombroni e si sta avvicinando il momento in cui verranno consegnati i premi promessi. Sono assegni poco esaltanti di 150, 120 o 100 euro, destinati ad alunni che hanno superato una soglia neppure tanto brillante. Per ottenere il contributo, devono aver mantenuto una media non inferiore al sette e mezzo e una condotta impeccabile, certificata col voto del nove. Nella scuola italiana le borse di studio per gli alunni eccellenti ci sono sempre state e avevano una loro ragion d'essere, ma la strategia escogitata dalla preside, Silvana Valentini, è qualche cosa di diverso (e forse di opinabile). Infatti la dirigente chiarisce: «Non è una borsa di studio ma un modo per incentivare, per far scattare la motivazione allo studio e per promuovere comportamenti corretti in classe». È proprio questo il punto problematico: monetizzare l'incentivo allo studio è la strada più giusta? O è forse l'ennesima dimostrazione del fatto che la scuola italiana si è avviata verso una sorta di parodia sbiadita di un sistema capitalistico arretrato?Nei mesi scorsi abbiamo assistito a spettacoli di dubbio gusto, come quello dei ragazzi portati a servire piatti ai McDonald nell'ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro. Adesso - a chi obiettava che il lavoro fondamentale dei ragazzi è studiare - qualcuno ha pensato di rispondere monetizzando l'impegno e la concentrazione del pensiero. Una monetizzazione, peraltro, realizzata all'insegna di una certa prudenza sparagnina: i ragazzi che non raggiungeranno l'ambita meta del sette e mezzo potranno consolarsi pensando che, con un paio di settimane da commessi o da pizza boy, potranno brillantemente superare i guadagni dei loro compagni «secchioni».La preside dell'istituto aretino è convinta di aver trovato la chiave giusta per far scattare la motivazione e infatti, intervistata da Repubblica, parla di «far scattare il desiderio di crescere come studenti»: un obiettivo nobile, sarebbe davvero un risultato da Nobel se si riuscisse a conseguirlo con la distribuzione di qualche mancia. L'istituto Buonarroti-Fossombrone ha realizzato la copertura economica del suo bonus grazie al contributo di sponsor e aziende già coinvolte in progetti di alternanza scuola-alternanza. Così facendo, ha portato a termine un esperimento che - al di là della plausibilità o meno dal punto di vista educativo - si rivela essere difficilmente esportabile in altre aree d'Italia, dove le scuole superiori trovano difficoltà anche ad acquistare risme di fogli e rotoli di carta igienica. Viene anche da pensare, poi, che in un Italia più povera, scuole superiori non ancore agitate dalla grande alluvione di slogan del Sessantotto riuscivano a formare studenti motivati allo studio senza dover ricorrere a gettoni di compenso. Soldi che finiscono col dimostrare come lo studio paghi, ma molto poco. Alfonso Piscitelli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-scuola-sconfitta-studenti-pagati-per--comportarsi-bene-2565918893.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-soldi-in-piu-li-meritano-i-professori" data-post-id="2565918893" data-published-at="1758075656" data-use-pagination="False"> I soldi in più li meritano i professori Davvero un peccato essere andato a scuola lo scorso secolo. Ci fossero stati ai miei tempi quei premi in denaro per la buona condotta in parecchi, oltre al sottoscritto, avremmo messo da parte un più che discreto tesoretto da spendere in gelati, figurine Panini e magari qualche cinema. Anche perché - non fossimo stati più che ligi nel rispettare il comandamento di essere educati, obbedienti, alla raccomandazione di salutare e stare zitti, composti e attenti - alla resa dei conti domestica avremmo ricevuto ben altro pagamento, con moneta di variabile conio ma non certo spendibile. Più corretto parrebbe premiare il buon rendimento scolastico, l'ottimale media del sette e mezzo con moneta sonante. Semmai andrebbe aggiustato il tiro, cioè il portafoglio in cui gli euri dovrebbero trovare casa. Anziché nelle tasche degli studenti meritevoli, servirebbero forse meglio nel rendere più appetibile l'anemica busta paga degli insegnanti poiché, e non vorrei sbagliare, credo che alla bravura di costoro vada ascritta la capacità di attrarre, risvegliare e dare un indirizzo infine all'intelligenza degli studenti. Perlomeno funzionava così, fino al millennio passato, quando il buon voto in condotta o una media accettabile erano premio sufficiente, senza bisogno di un'esca - carota, verme o denaro che fosse - a fare del rendimento scolastico un'attività soggetta a premio vittoria. Ma tant'è, queste son storie di un passato giurassico. Ci si augura che di quel denaro i premiati possano fare buon uso, avendo la libertà di spenderlo secondo fantasia. Magari pagando da bere ai meno fortunati, quelli ad esempio che in condotta si sono beccati un otto, ai tempi miei una valutazione non proprio positiva, o a quelli che si sono dovuti accontentare di un «Bravo, sette più » come Renato, sempre nel secolo passato, diceva a Cochi. Andrea Vitali