2024-09-09
La ricerca spirituale che aiuta la scienza a non perdere l’anima
Nel 1960 uscì «Il mattino dei maghi», libro estraneo alla cultura dominante. Mondadori lo ripubblica ed è più attuale che mai.Il saggista Sebastiano Fusco: «Oltre l’universo visibile ce n’è uno altrettanto importante: il nostro Io. Oggi si limita la ricerca a ciò che è contingente, ecco perché non sappiamo più replicare una “Odissea” o un Duomo di Milano»Lo speciale contiene due articolilibro di culto se ve n’è uno, è anche questo: un atto di amore per la scienza, un tentativo di arricchirla e di abbattere gli stereotipi che ne limitano l’espansione. Al contempo, questo misterioso arazzo narrativo permette di spalancare la mente al cospetto di uno sfavillante universo letterario, dove Gurdjieff e Arthur Machen si intrecciano alla magia della Golden Dawn, al nazismo esoterico e all’orrore cosmico di H.P. Lovecraft. Uscito in prima edizione francese nel 1960, è firmato non a caso da un uomo di scienza, Jacques Bergier, e da uno scrittore seguace di Gurdjieff, Louis Pauwels. Dalle librerie italiane mancava da troppo tempo, tanto che le quotazioni delle varie edizioni nel circuito del modernariato avevano raggiunto cifre anche abbastanza impegnative. Ma ecco che Mondadori si è decisa a ristamparlo, regalandolo - si spera - a una nuova generazione di lettori. L’impatto dell’opera sulla cultura francese ed europea tutta è ben ricostruito dallo stesso Bergier nella sua affascinante autobiografia, Io non sono leggenda (pubblicata in Italia da Bietti e curata da Andrea Scarabelli, che ha curato anche il libro gemello di Bergier: Elogio del fantastico, per i tipi del Palindromo). «Il mattino dei maghi ha posto l’accento su un buon numero di elementi che ancora oggi meritano di essere ricordati», scriveva Bergier. «Tra i molti, a mio giudizio, il fatto che la scienza non è una sequela di libri da gettare dopo aver dato un esame universitario, ma una potente forza d’importanza capitale, capace di svelare misteri, aprire le porte, cambiare il mondo. Tale idea era già stata espressa in Unione Sovietica e in America dalla fantascienza, che per ragioni oscure ha cominciato a essere diffusa in Francia dopo la pubblicazione del libro. La mia spiegazione vale quel che vale, ed è la seguente: quando ero adolescente, gli unici fumetti che circolavano erano di una stupidità disarmante. Le cose sono cambiate negli anni de Il mattino dei maghi: Tintin e Spirou hanno preparato il terreno ad Asterix, a Philipp Druillet e a tutta la scuola moderna francese. Così, oggi le nuove generazioni sono portate naturalmente verso la fantascienza. Un giorno qualche sociologo studierà l’influenza di fumetti come Spirou…». La grande lezione è tutta qui: può sembrare assurdo o persino stupido, ma la letteratura, i fumetti persino, possono condurci ben oltre gli steccati di quella che riteniamo essere la verità scientifica. Lasciamo ancora la parola a Bergier: «L’enorme successo de Il mattino dei maghi è dovuto in gran parte allo stile di Pauwels. Per quanto mi riguarda, non nutro l’ambizione di essere uno scrittore, ma so di avere un gran talento nel raccontare storie. Quando discutevo con Pauwels, gli parlavo come se mi trovassi davanti al fuoco del campo coi miei compagni di lotta, o nei campi di concentramento cogli altri deportati. “E la verità?” potrebbe domandarmi a questo punto il lettore. “Quanto è importante?”. Di recente, agli inizi del 1976, ho esaminato l’ultima edizione de Il mattino dei maghi. Gli errori tipografici e i refusi della prima edizione (ad esempio, “manoscritti del Mar Nero” invece di “manoscritti del Mar Morto”) sono stati corretti. Il novantadue per cento dei fatti indicati all’interno del libro è esatto; purtroppo non siamo riusciti a verificare la restante parte, essendo coperta dal segreto militare (è il caso delle esperienze di telepatia a bordo del sottomarino Nautilus): ebbene, la veridicità del nostro libro è superiore a quella di qualsiasi altra opera scientifica contemporanea. Citerò solo due esempi. Nel 1961, tutti i libri di astronomia scrivevano che la vegetazione marziana è molto rigogliosa in primavera. Grazie alle immagini di Marte trasmesse dal Viking, ora sappiamo che sul pianeta non esiste vegetazione. Sempre nel 1961, tutti i libri di fisica nucleare affermavano come la prima pila a uranio fosse stata attivata a Chicago il 2 dicembre 1942. Ora sappiamo che si tratta di un fenomeno naturale e duemila anni fa ce ne furono diverse nel Gabon. L’esattezza dei migliori libri scientifici non supera in media il cinquanta per cento, vale dire che un fatto su due è falso. Nemmeno i dubbi degli scienziati cambiano nulla. Quando sono al potere, come gli antropologi nella Germania hitleriana o Lyssenko nella Russia di Stalin, spediscono chi contraddice le loro teorie nei forni crematori o nei campi, inverando le parole di Max Planck: “La verità non trionfa mai, ma i suoi avversari tendono sempre a morire”».In queste parole c’è, per intero, la clamorosa attualità del Mattino dei maghi. Lo stimolo che fornisce a tutti noi e agli scienziati soprattutto affinché non tramutino le loro certezze in dogmi, affinché riconoscano la rilevanza dello spirito, ben più ampia e potente di quello che vogliamo credere. Uno stimolo che in molti, dagli anni Sessanta a oggi, hanno sicuramente raccolto e approfondito. Rilette oggi, tuttavia, le frasi di Bergier sulla intolleranza dei suoi colleghi scienziati toccano corde inquietanti. «Partendo da questi dati», continuava il francese, «mi guardo bene dal generalizzare, dicendo come Anthony Staden (secondo cui “la scienza è una vacca sacra”) o Charles Fort, che tutta la scienza è falsa. Dico solo che, nel novantadue per cento dei casi, non bisogna vergognarsi di aver letto Il mattino dei maghi. Ciò non significa nemmeno che si debba farne una specie di Bibbia; Einstein ha detto (e concordo con lui): “Non credo all’educazione. Sii tu stesso il tuo unico insegnante, un insegnante spietato”. [...] Non amo affatto il termine divulgazione e credo sia impossibile divulgare senza volgarizzare, come recita il motto di una nota casa editrice. Ma si può certamente spiegare, anche se ciò implica un tradimento: infatti, il solo linguaggio della verità è di tipo matematico, e la matematica non può essere espressa a parole. Mi sono dovuto sforzare parecchio per inserire ne Il mattino dei maghi una sola formula matematica. Anche Jacques Monod ce l’ha fatta, nella sua celebre opera Il caso e la necessità, antitesi (o antidoto?) de Il mattino dei maghi. Tuttavia, se è giusto difendere ciò che si crede vero, bisogna essere anche capaci di evitare l’errore. Ebbene, l’unica formula inserita da Monod nel suo libro è sbagliata... Pur contenendo una sola formula aritmetica, Il mattino dei maghi è pieno di matematica. Uno dei suoi tre protagonisti più straordinari, Ramanujan, ne è un grande specialista. Sono convinto che gli aspetti più favolosi del mondo possano essere formulati solo a partire da tale scienza, ma che sia altrettanto necessario parlarne con uomini come Pauwels, a digiuno di matematica ma dotati di una certa dote poetica». Va riletto, oggi, Il mattino dei maghi, e con grande attenzione anche. Se ne possono godere gli aspetti (numerosi) di suggestivo intrattenimento. Se ne possono cogliere i suggerimenti spirituali. Si può venire rapiti dalle robuste dosi di fantastico che questo capolavoro ci somministra. Ma, ora più che mai, occorre cogliere ciò che quest’opera ancora misteriosa - «vera» o meno che sia, non importa - ci dona: il sospetto, o il sentore, che ci sia qualcosa d’altro, qualcosa che va oltre i rigidi confini del neopositivismo oggi di moda. Questo libro ci regala il dubbio: dolce seme letterario che feconda la scienza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-ricerca-spirituale-che-aiuta-la-scienza-a-non-perdere-lanima-2669147120.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lantica-sapienza-aveva-anticipato-le-conquiste-della-fisica-moderna" data-post-id="2669147120" data-published-at="1725817611" data-use-pagination="False"> «L’antica sapienza aveva anticipato le conquiste della fisica moderna» Sebastiano Fusco è uno dei massimi esperti di cultura esoterica in Italia. Saggista, curatore di preziosi volumi per le Edizioni Mediterranee, è anche uno dei massimi esperti di letteratura fantastica, e può vantarsi di avere conosciuto Jacques Bergier. Che tipo di libro è Il mattino dei maghi e perché è stato così importante? «Quando uscì in Francia, nel 1960, qualcuno scrisse che leggerlo “è come cavalcare una cometa”. In effetti, è un libro che ti trasporta verso l’infinito perché insegna come oltre l’universo visibile ve ne sia un altro che non percepiamo ma che per noi è altrettanto importante: l’universo della nostra interiorità, fonte di sogni e incubi, fascino e terrore. Sosteneva la scandalosa tesi che la realtà invisibile non è meno sostanziale di quella che ci sforziamo (inadeguatamente) di conoscere e misurare con i nostri strumenti. E indicava anche alcune soglie a cui affacciarsi per averne una parziale visione, in particolare le Porte del Sonno, dalle quali transitano i nostri sogni. Porte che, come dice Omero, sono due: una di umile corno, l’altra di prezioso avorio. Avvertendo che i sogni veri sono quelli che escono dal modesto corno, mentre i sogni falsi s’ammantano dello splendido avorio. Le nostre ideologie oggi ci propalano sogni d’avorio, che sono ingannevoli e tossici, e diffondono visioni utopistiche di un futuro irrealizzabile, mentre i sogni della gente comune sono più veri perché nati dalla realtà così com’è, e non come se la immaginano i falsi maestri». Lei ha conosciuto Bergier. Mi risulta avesse una formazione scientifica. Come è arrivato a interessarsi di tematiche esoteriche? «Jacques Bergier è stato un chimico-fisico autore di ricerche importanti sulla struttura della materia a livello molecolare, ed ebbe anche un ruolo non secondario nel piano energetico che portò la Francia ad essere una delle prime nazioni del mondo a dotarsi di una vasta rete di centrali nucleari. (Noi, che in Italia al nucleare abbiamo dissennatamente rinunciato, dobbiamo comprare dai francesi l’energia elettrica che non riusciamo a produrre). Conobbi Bergier pochi anni prima della sua scomparsa, e gli posi la stessa domanda. Mi rispose che proprio la sua cultura scientifica lo aveva convinto che l’universo è molto più vasto e complicato di quanto si possa percepire affidandoci soltanto ai sensi e agli strumenti, e quindi per interpretarlo dobbiamo rivolgerci ad altri sistemi di conoscenza. La risposta mi colpì profondamente perché era la stessa che mi ero data io. Circa dieci anni prima di conoscere Bergier avevo studiato ingegneria elettronica e in particolare automazione del calcolo, e proprio le riflessioni sulla logica matematica mi avevano portato alla medesima conclusione. Ci sono molti sistemi, in gran parte ingannevoli, per “aprire” la nostra mente. L’esoterismo è uno di essi, collaudato da millenni di pratica». E Pauwels, invece? «Mentre Bergier l’ho conosciuto personalmente, con Pauwels ho avuto soltanto un breve scambio epistolare, quando mi diedero da revisionare la traduzione italiana del suo libro Monsieur Gurdjieff, pubblicata dalle Edizioni Mediterranee, e gli chiesi alcuni chiarimenti. Non mi è parso avesse un particolare interesse verso l’esoterismo come strumento di conoscenza, ma ne era affascinato principalmente come fenomeno culturale e di costume. Lo si vede per l’appunto dalla sua biografia di Gurdjieff, che è molto più interessata al personaggio in quanto tale che alla sua dottrina. Mentre invece Gudjieff, al di là del pittoresco, fu un vero e proprio aggregatore di conoscenze, soprattutto operative, che erano state largamente dimenticate o che non erano ancora in alcun modo penetrate nella cultura europea, e che tuttora non sono state esplorate a fondo. Il suo contributo al Mattino dei maghi mi pare sia soprattutto stilistico e a livello di aneddoti resi fascinosi dalla sua agile penna, mentre la sostanza dottrinale la si deve a Bergier». Prima di proseguire vogliamo dare una definizione di esoterismo? «Posso dare la definizione che mi è stata trasmessa dai primi che me l’hanno insegnato, quando ero ancora poco più che adolescente, ovvero da Julius Evola e i superstiti, all’epoca, del “Gruppo di Ur”, in particolare Massimo Scaligero, Aniceto del Massa ed Emilio Servadio. Fondamentalmente, l’esoterismo è un modo per giungere alla conoscenza dell’Io, ovvero, se vogliamo, dell’individuo assoluto. Questo non è limitativo perché, tradizionalmente, nell’uomo si stempera e sintetizza il Tutto, la Cosa Unica della Tavola di Smeraldo, in cui si ricompone la triade Dio-Universo-Uomo (la Grande Triade di René Guénon). I kabbalisti usavano l’immagine dell’Adam Qadmon, l’Adamo celeste, per rappresentare tale concetto. In questo senso, è come se ogni singolo individuo possa essere considerato una cellula di quell’immenso (infinito) organismo che è l’Adam Qadmon. E come in ogni cellula del corpo umano è racchiuso il Dna, la molecola che consente di replicare l’individuo completo, così in ogni singolo uomo è racchiuso il segreto per replicare l’infinito. Praticare l’esoterismo è dunque come cercar di decodificare il Dna dell’Universo, visibile e invisibile. Per questo a Delfi, sul frontone del tempio di Apollo (dio non soltanto delle arti, ma anche del vaticinio, ovvero della “sapienza segreta”) era scritto “Conosci te stesso”. Questo è un concetto estraneo alle modalità di conoscenza dell’empirismo e al perimetro di validità del materialismo. Ed è per questo che la nostra “cultura” (fra virgolette) contemporanea non ha saputo replicare né un’Odissea né una Divina Commedia, né un Partenone né un Duomo di Milano, né un Prassitele né un Michelangelo, e ha come massimi rappresentanti Saviano e Beppe Grillo. Si è perso il concetto di infinità del sapere e si sposta l’interesse dall’immenso ed eterno al ristretto e contingente. E soprattutto si è persa la visione dell’Uomo come immagine di Dio. Oggi, se ci guardiamo allo specchio, vediamo il volto ambiguo di Imane Khelif. Il mattino dei maghi è stato anche molto contestato. Quanta invenzione e quanta verità contiene? «È stato contestato da quanti vedevano – all’epoca, ma purtroppo anche oggi – quale massima manifestazione della cultura ciò che è espresso dalle latrine delle fabbriche. Come ogni opera seminale contiene invenzioni che portano alla verità, e verità nascoste nelle invenzioni. Dalla sua uscita sono passati quasi sessantacinque anni. Quante opere così “contestate” scritte all’epoca vengono ancora riproposte? Quante opere considerate, quando apparvero, monumenti imprescindibili del sapere vengono ancora lette? Di quanti autori scomparsi da quasi cinquant’anni come Bergier si va cercando qualche superstite fra coloro che li conobbero, come avete fatto con me per parlare di lui? Non credo che a contare, per un libro del genere, siano la “verità” e la “invenzione” (concetti fra l’altro, dato l’argomento, supremamente relativi), ma l’effetto che il testo produce in chi lo legge». Mi sembra che questo testo sia rilevante anche perché allarga lo sguardo, permette di ampliare i confini rispetto alla misurazione scientifica. Del resto la fisica negli ultimi decenni ha molto allargato i suoi orizzonti... Che ne pensa? «Mi permetto di ricordare un modesto aneddoto che mi riguarda. Una delle conseguenze della mia pur breve amicizia con Bergier fu lo svilupparsi del mio interesse per la Kabbalah, di cui egli era, grazie alle sue origini ebraiche, un profondo conoscitore. Dopo averla studiata per quarant’anni e passa mi sono sentito in grado di affrontare la traduzione e commento del suo testo fondante, un breve trattato dal titolo Sepher Yetzirah (Libro della Formazione). Poiché, come ho già detto, ho una preparazione scientifica, sono rimasto impressionato da una serie di analogie, non semplicemente formali, ma a livello di serie numeriche, fra i concetti espressi dal suo remoto autore (probabilmente un palestinese abitante a Gaza nel secondo secolo d.C., guarda tu i corsi e ricorsi della storia) e certe proposizioni della fisica quantistica. Molto significative in particolari le coincidenze – ripeto, a livello numerico – fra la struttura del galgal, ovvero l’universo a settori multipli proposto dalla Kabbalah, e quello del Multiverso, il modello del Tutto che i fisici quantistici propongono per superare le incompatibilità con la Teoria della Relatività Generale. Poiché mi sembrava azzardato proporre queste osservazioni in un testo tutto sommato divulgativo, ho chiesto a quello che è considerato il principale teorico del Multiverso, ovvero il fisico britannico di origine ebraica David Deutsch, che cosa ne pensasse al riguardo (per inciso, ho diretto riviste scientifiche per quarant’anni e conosco luminari di ogni latitudine). Deutsch mi ha risposto che conosceva benissimo tali analogie, e non ci trovava niente di strano. Questo per dire che, sì, la fisica moderna sta volgendo lo sguardo verso orizzonti particolari, specie per quanto riguarda i rapporti fra uomo e universo. Mi ha molto impressionato l’ultimo libro di Federico Faggin (l’inventore del multiprocessore), intitolato Oltre l’invisibile, in cui invita a indagare proprio quella regione dell’universo in cui la conoscenza si confonde con la realtà e l’osservazione con l’essenza. Ma ci sarebbero molti altri scienziati da citare al riguardo», Il mattino dei maghi in qualche modo affronta anche questioni politiche. Quanto le correnti esoteriche hanno influenzato e influenzano la politica secondo lei? E come? «Non sono seguace delle teorie complottiste e non credo che esistano conventicole segrete ai “maestri incogniti” o “illuminati” che pilotano i destini del mondo. Per capire chi comanda, basta riflettere su un dato: metà della ricchezza globale è in mano all’un per cento della popolazione (Global Wealth Report 2022). Se si pensa che i detentori della ricchezza lascino che a comandare siano la massa dei buffoni che si agitano in Parlamenti ridotti a teatrini delle marionette, ci si illude». Perché secondo lei questo libro merita di essere letto oggi? «Per almeno tre ragioni. 1) È un libro che apre la mente e ci invita a porci domande su tutto, prima di accettare risposte scontate o risposte offerte da altri. 2) È un libro che ci fa conoscere personaggi che altrimenti rimarrebbero nascosti da quella coltre d’ignoranza che è la cultura “accettata”, che propone solamente ciò che le fa comodo. Personalmente, per esempio, gli devo la scoperta di H.P. Lovecraft, un autore che per me è diventato molto importante e che oggi è famosissimo, mentre nel 1960 non lo conosceva praticamente nessuno. 3) È un libro scritto benissimo, che si legge d’un fiato malgrado la mole e non ha una sola pagina che induca alla noia. (Aneddoto: Bergier mi disse che, nello scriverlo, lui e Pauwels si attennero a un precetto di un noto autore di fantascienza, A.E. van Vogt: almeno ogni 900 parole, introdurre un concetto nuovo, altrimenti il lettore s’addormenta. Credetemi, funziona).
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli