
È il dolce del buongiorno per eccellenza. Con il cornetto, il krapfen o il maritozzo è diventata quasi indispensabile per iniziare la giornata. Il boom economico ha cancellato il pane inzuppato nel latte, mentre resiste ancora il casalingo burro e marmellata.Ci voleva quel sacripante di Stefano Lorenzetto per togliere la brioche di bocca a Maria Antonietta svilendo uno degli aneddoti più belli sulla rivoluzione francese, raccontato da milioni di libri di storia dalla presa della Bastiglia fino ai nostri giorni: «Se non hanno più pane, mangino brioche», avrebbe commentato la moglie austriaca di Luigi XVI alla notizia della carestia di pagnotte e della rabbia dei parigini. Lorenzetto, «giornalista dal quale non bisogna farsi intervistare altrimenti scopre tutti i vostri peccati» - raccomandava Giampaolo Pansa - smentisce l'episodio nel suo ultimo libro, Chi (non) l'ha detto: non fu la regina, condannata pochi anni dopo alla ghigliottina, a coniare la frase, ma Jean-Jacques Rousseau. Il filosofo, ricordando ne' Les confessions un episodio capitatogli mezzo secolo prima della rivoluzione, citò le incaute parole di una grande princesse che non poteva essere Maria Antonietta: l'Asburgo-Lorena al tempo del fatto non era ancora nata.A due secoli e passa dalla rivoluzione francese i fattori si sono invertiti, almeno per quanto riguarda la colazione mattutina degli italiani: «Se non hanno più brioche, nel caffelatte ci intingano il pane». La brioche è diventata quasi indispensabile, uno di quei «dolci del buongiorno» che Renzo Pellati, scrittore e specialista in scienza dell'alimentazione, in La storia di ciò che mangiamo, affianca al croissant e al krapfen, «dolci di origine francese e viennese entrati oggi prepotentemente nella nostra colazione mattutina quando, fino a pochi decenni or sono la colazione del mattino dell'italiano medio era costituita essenzialmente dal pane (o biscotti nella migliore delle ipotesi) inzuppato nel latte».Terminata, però, l'era della povera gente col boom economico, le mammine della piccola e media borghesia non di solo pane nutrivano i pargoletti, ma anche di burro e marmellata, inventando la classica colazione all'italiana che ancora oggi, nelle case e nei B&b tiene testa ai dolcetti di pasta lievitata. Dal 1964, anno della sua nascita, entra poi in scena la Nutella. Boom o non boom, in campagna, la colazione continuò per parecchi anni ancora alla vecchia maniera: all'alba e con la giusta scorta di calorie per la giornata di lavoro nei campi: polenta abbrustolita e lardo. Non si buttava niente. Spesso al mattino si mangiava quello che si era avanzato alla cena della sera prima e ai bambini si davano pane e scodelle di latte appena munto.Torniamo ai moderni dolci del buongiorno. La brioche è un dolce lievitato, nato francese, confezionato con farina, latte, uova, zucchero e burro. Per darle un'attraente doratura si spennella sulla superficie il giallo di un uovo. È una «bombetta» di calorie di forma semisferica, un piccolo disco volante di bontà, o a mezzaluna come il croissant- e in questo caso è chiamata anche cornetto- che a sua volta copia il kipferl austriaco.Ecco come e quando nacque il cornetto. Dopo che Filippo Tommaso Marinetti, Paolo Monelli e altri scrittori nella prima metà del Novecento lanciarono l'offensiva contro il «barbaro dominio» delle parole straniere, la brioche finì sotto la ghigliottina dell'autarchia fascista insieme con il croissant e il krapfen. La Reale accademia d'Italia, fondata da Mussolini con lo scopo di «conservare puro il carattere nazionale» dichiarò fuorilegge, insieme a molti altri barbarismi, i nomi dei tre dolcetti sostituendoli rispettivamente con «brioscia», «cornetto» e «bombola». Gli italiani provarono fin da subito simpatia per il cornetto: le punte di quella mezzaluna friabile ricordavano, in piccolo, le corna di un torello. Anche bombola passò l'esame, ma solo dopo esser lievitata in bocca al popolo fino a trasformarsi in «bombolone». Regionali, e legate ai dialetti, le fortune della brioscia. Toscani e siciliani avevano tradotto il francesismo nel loro vernacolo molto prima che la Reale accademia emanasse le sue disposizioni. Ai primi veniva naturale chiamarla «briosse». I secondi arricchirono la pastarella semisferica con una cupoletta che richiamava lo chignon delle acconciature femminili. Da qui il nome: brioscia cù tuppu, brioche con la crocchia. Ma il successo del dolcetto nell'isola andò bel oltre la colazione, oltre il caffè e il cappuccino. La brioscia farcita con il gelato è ideale per il dessert o inzuppata nella celebre granita siciliana come merenda al bar. «Cornetto e caffè» o «cornetto e cappuccino» sono la colonna sonora delle ordinazioni del mattino in bar e caffè. Secondo un rapporto della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) del 2018 gli italiani che consumano la colazione fuori casa tutti i giorni sono l'11,2 per cento. Un altro 14,5 per cento lo fa 3 o 4 volte alla settimana e un altro 16,6 almeno 1 o 2 volte la settimana. Arrivano al 65,7 per cento gli italiani che consumano la colazione fuori casa almeno 1 o 2 volte al mese.Cornetto e croissant sono figli del kipferl austriaco nato, secondo la leggenda, durante i festeggiamenti per la liberazione di Vienna dall'assedio dei turchi del visir Mustafa Pasha, il 12 settembre 1683, da parte del re polacco Giovanni III Sobieski. Il vincitore chiese ai panettieri viennesi di ideare un dolce per celebrare la grande vittoria sui musulmani. Un fornaio, Peter Wendler, ebbe l'idea giusta ispirandosi alla falce di luna che il nemico, nella sua sicumera, aveva promesso di piantare sulla punta cattedrale di Santo Stefano al posto della croce. Il panettiere modellò l'impasto con quella forma, l'infornò e ne ricavò una croccante mezzaluna dorata che arricchì di un significato: mangiare un dolce kipferl era come divorare simbolicamente un turco. L'antico sberleffo non è stato ancora digerito dai jihadisti siriani che, qualche anno fa, in nome della Sharia, emisero una fatwa contro i cornetti: vietato mangiarli. Al Arabiya, l'emittente televisiva degli Emirati, spiegò che per i jihadisti i croissant erano il simbolo di una vittoria degli infedeli europei sui musulmani. Mangiarli si fa peccato.Il cornetto viennese diventa croissant emigrando dall'Austria alla Francia. E in questo pare che lo zampino di Maria Antonietta c'entri davvero. Si racconta che la figlia di Maria Teresa quando sposò il delfino di Francia futuro Luigi XVI, non volendo rinunciare alle abitudini viennesi, tra cui la colazione a base di fragranti chipferl, avesse passato la ricetta ai pasticceri di Versailles che la perfezionarono aggiungendo burro e ribattezzando il kipferl croissant: crescente. La luna, s'intende.Anche in Italia il cornetto arrivò dall'Austria grazie ai commerci intessuti dalla repubblica di Venezia. La presenza del kipferl divenne ancora più importante dopo che Napoleone cedette i territori della Serenissima all'Austria. Il lungo dominio ha fatto sì che ancora oggi, in Veneto e in Lombardia, si chiamano chifel alcune forme di pane a mezzaluna. A Trieste i chifeletti o chifelini sono dei cornetti di patate: con lo zucchero sono considerati dolci, senza, contorno.Nell'elenco dei dolci del buongiorno merita un posto speciale il maritozzo romano, deliziosa pagnottella di farina, uova, miele, burro e farcita con tanta panna montata. Il dolce è chiamato così perché, rispettando una tradizione secolare, il fidanzato lo offriva come pegno d'amore all'innamorata. Dentro vi era nascosto un dono. La tradizione prevedeva che la fanciulla destinataria di tanta dolcezza ricambiava il futuro marito... prendendolo in giro. Chiamandolo, appunto, maritozzo. Giuseppe Giacchino Belli nella poesia La quaresima, lo chiama «santo maritozzo» perché era l'unico peccato di gola permesso dalla Chiesa in tempo di penitenza: «Come io nun zò cristiano! Io fo la spesa/ oggni ggiorno der zanto maritozzo./ Io nun cenavo mai, e mmó mme strozzo/ pe mmaggnà ott'oncia come vò la cchiesa».
Stefano Benni (Ansa)
L’autore di «Bar Sport», poliedrico e ironico come i suoi personaggi, è morto a 78 anni.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
Cristiana Ciacci unica figlia dell’Elvis italiano e la sofferenza per la separazione dei genitori: «Seguire lui ai concerti era il solo modo per stargli vicino. Mamma lo lasciò prima che nascessi. Lei era hostess. E io stavo con le tate».
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.