2023-02-17
Tra gli ispiratori dell’Unione europea spunta la non profit dei miliardari
Charles Schwab (Getty Images)
La lobby T&E di Schwab e Rockfeller si vanta di «plasmare le leggi ambientali dell’Ue».Sempre attenti alla salute pubblica, i nostri burocrati europei! Almeno stando a ciò che ci dicono. Nella realtà, in effetti, le cose potrebbero stare un po’ diversamente e qualche dubbio si fa strada quando ci addentriamo in alcuni aspetti della risoluzione con cui il Parlamento europeo ha stabilito, dal 2035, di fermare auto e furgoni inquinanti: innanzitutto la tipologia dei veicoli scelti come primo bersaglio dello stop, ovvero quelli leggeri; in secondo luogo la genesi del provvedimento. Partiamo da qui. Determinante per il varo della deliberazione sembrerebbe una strana (e molto potente, a quanto pare) organizzazione non profit ecologista: la Transport & Environment. Chi è e cosa faccia questa organizzazione, è presto detto, ed è anche sorprendente: è il «principale gruppo europeo per la campagna di trasporti puliti», quello che, in 30 anni di vita, ha «plasmato alcune delle più importanti leggi ambientali d’Europa», facendo in modo che l’Ue «fissasse gli standard di CO2 più ambiziosi al mondo per auto e camion» e portando «il Parlamento europeo e gli Stati membri a concordare di porre fine alle vendite di nuove auto e furgoni a combustione entro il 2035». Perbacco. Stando alla descrizione sul sito, non proprio una non profit qualunque, ma addirittura la madre biologica della nuova normativa verde, cioè colei che l’ha non solo e semplicemente ispirata, ma sostanzialmente anche partorita. Ma chi c’è dietro questa strana organizzazione? A sbirciare tra i finanziatori, tra gli statunitensi Climate imperative foundation (Fondazione «Imperativo climatico» - nome che è già un programma - alla cui guida si annoverano vari ex funzionari della Casa Bianca, in particolare di Barack Obama e Bill Clinton), Schwab Charitable Fund (facente capo al magnate della finanza americana Charles Schwab), Rockfeller brothers fund (la «fondazione familiare privata radicata nella tradizione Rockfeller della filantropia») e tanti altri organismi di origine e compagine difficilmente conoscibili, fanno capolino anche l’Agenzia norvegese per la cooperazione allo sviluppo, il ministero dell’Ambiente tedesco e - udite udite - la Commissione europea, che conquista anzi i primi posti nella classifica dei filantropi, con fondi tra i 500.000 e il milione di euro donati. Un decisore politico, dunque, detentore del potere esecutivo del continente europeo, che alimenta una lobby dalla composizione non proprio trasparente (e collettrice di milioni di danari), capace di influenzare pesantemente le proprie stesse decisioni. E anche se la non profit puntualizza che «le opinioni espresse sono solo quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle dell’Unione europea», che «non può dunque ritenersi responsabile», un «leggero» potenziale conflitto di interessi appare evidente. Peraltro, ci sarebbe anche da chiedersi come mai un’organizzazione a prevalente contributo finanziario statunitense, si preoccupi con così tanta attenzione e concentrazione della salvezza ambientale dell’Europa, tanto da indurne le Istituzioni, come detto, a fissare gli standard di CO2 «più ambiziosi al mondo» per auto e camion. Ma non è tutto, andiamo ora ai mezzi da strada. Proprio la T&E ci spiega che a causare quasi un terzo delle emissioni da trasporto su ruota sono, da soli, camion e autobus, ovvero i mezzi pesanti, quelli esclusi dalla risoluzione Ue: al momento «rappresentano solo il 2% dei veicoli circolanti nell’Unione», ma generano il «28% delle emissioni di gas serra del trasporto in Europa». Emissioni destinate per di più a crescere con l’aumento della loro attività, che - per le previsioni della Commissione Ue - dovrebbe registrare, tra il 2020 e il 2050, un +44% per i camion e addirittura un +72% per gli autobus. Tanto che, a sentire la T&E, l’impatto della loro circolazione finirà con l’«annullare l’intero risparmio di emissioni che sarà conseguito con la progressiva elettrificazione di auto e furgoni». E allora, cosa abbiamo fatto finora, ci chiediamo? Come a dire, cioè, «scusateci, abbiamo scherzato, con il provvedimento appena approvato (voluto e ottenuto dalla stessa T&E), non abbiamo risolto assolutamente nulla». In effetti la delusione dell’organizzazione è palpabile. Nella sua visione di mobilità «zero emission», che «ha un impatto minimo sulla nostra salute, il clima e l’ambiente» (assonanza inquietante con la politica «zero Covid» insensatamente perseguita da molte Istituzioni, tra cui i nostri precedenti governi), ciò che l’Europa ha fin qui fatto non è sufficiente: deve irrigidire il suo intervento e tranciare anche i veicoli pesanti.Che questo presto avverrà è fuor di dubbio. Se la Transport & Environment ha avuto la forza di indurre l’Unione europea a far fuori automobili e furgoni a combustione, pur di fronte a colossi dell’automotive come quelli tedeschi e francesi, c’è da giurare che avrà anche la forza di far fuori camion e bus. E, in effetti, proprio martedì, nel giorno della votazione del Parlamento, la Commissione ha adottato una proposta di revisione del Regolamento sulle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti che va nella stessa direzione e che, come già riportato su queste pagine, preoccupa non poco le associazioni di autotrasporto. E come avrebbe potuto essere diversamente? In un sillogismo aristotelico applicato creativamente, la Commissione foraggia la T&E; la T&E chiede alla Commissione l’azzeramento delle emissioni da trasporto; la Commissione esegue e azzera. Quando si dice la logica…
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli