2025-05-22
Invecchiamento e famiglie a pezzi: vivono da soli 9,3 milioni di italiani
Il rapporto annuale dell’Istat fotografa i danni della bassa natalità: le coppie con figli sono appena il 28% Dal 2023 i salari sono saliti più dell’inflazione. Ma quasi un quarto dei cittadini è a rischio povertà.A leggere i commenti delle opposizioni al rapporto annuale 2025 pubblicato dall’Istat, la maggioranza dovrebbe avere i giorni contati. Eppure, stando ai sondaggi, il livello di consensi di cui godono i partiti di governo è, rispetto agli esecutivi precedenti, insolitamente alto. O il popolo è completamente impazzito - e per i progressisti, quando non vota per loro, di solito è così - oppure al gioco di scaricare ogni problema su Giorgia Meloni non crede più nessuno. Ciò non toglie, però, che il rapporto fotografa un’Italia vecchia, sola e con prospettive di crescita piuttosto contenute. La solitudine è, forse, il tratto distintivo di questa epoca. Il rapporto dell’Istat parla di famiglie sempre più piccole e frammentate. Le persone sole, nel biennio 2023-2024, rappresentano il 36,2% delle famiglie, mentre le coppie con figli scendono al 28,2%. Nel 2023 in Italia c’erano 9,3 milioni di individui «soli». Tra le cause figurano instabilità coniugale, bassa fecondità e posticipo della genitorialità. Superfluo sottolineare quanto questo si colleghi al drammatico calo della natalità (nel 2024 ci sono state solo 370.000 nascite, a fronte di 651.000 decessi), cui contribuisce anche la progressiva diminuzione della popolazione femminile in età riproduttiva. Un problema, quello dell’inverno demografico, che certamente non è ascrivibile al centrodestra e che questa maggioranza sta cercando, con le risorse a disposizione, di affrontare più dei precedenti esecutivi. La solitudine, però, è soprattutto la condizione di molti anziani: il 40% degli over 75 vive da solo (in prevalenza donne). Inoltre, il 41,1% delle famiglie (termine usato dall’Istat in senso lato) è composto da famiglie ricostituite, coppie non coniugate, genitori soli non vedovi e persone sole non vedove. L’istituto di statistica certifica il rallentamento della crescita previsto per quest’anno, facendo riferimento alle stime del Fmi (+0,4%) e a quelle di Banca d’Italia e del Mef (+0,6%), peggio del già non brillante +0,7% del 2024 e del 2023. Dato che viene paragonato con la prestazione migliore di Francia e Spagna (rispettivamente +1,2% e +3,2%) e l’andamento peggiore della Germania, al suo secondo anno consecutivo di contrazione (-0,2%). Si potrebbe aggiungere, però, che la Francia nel 2024 ha registrato un deficit di bilancio al 5,8% del Pil (e la spesa pubblica, ricordiamolo, è una delle componenti del prodotto interno lordo) contro il 3,4% dell’Italia; che la crescita della penisola iberica è molto dipendente dai capitali esteri, il che non è necessariamente un bene; che il paragone con la Germania, potenza manifatturiera come noi e con filiere interconnesse con le nostre, andrebbe sottolineato di più. La tenuta dell’Italia, nonostante la recessione tedesca e il calo della produzione industriale, è un merito di questo governo. Da leggere correttamente è anche il dato sui salari. Il report indica che, tra il 2019 e il 2024, i salari reali hanno perso il 10,5% a causa della crescita dei prezzi. Tuttavia, il periodo considerato non consente di apprezzare un fatto non irrilevante: dal 2023 in poi, ossia dall’anno in cui è entrata in vigore la prima manovra economica varata dal governo Meloni, i salari sono aumentati più dell’inflazione. Tradotto: i salari reali sono moderatamente cresciuti. Questo non significa che è stato recuperato il ritardo accumulato nei decenni precedenti, ma quantomeno evidenzia un cambio di rotta, benché insufficiente. La produttività del lavoro è diminuita del 2%, ma anche qui, se aumenta l’occupazione (+1,5%, di cui l’80% riguarda over 50), specialmente in settori ad alta intensità di lavoro come il turismo, mentre il reddito complessivo si muove poco, è normale che sia così. La fotografia dell’Italia, comunque, rimane drammatica. Il 23,1% della popolazione è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3% rispetto al 2023), con un picco del 39,8% nel Sud. L’incidenza è più bassa per chi vive in coppie senza figli, ma parecchio più alta per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni. Disuguaglianze territoriali emergono anche nei casi di grave deprivazione materiale: se 4,6% è la media nazionale della popolazione colpita nel 2024, nel Nord Est è soltanto l’1,3% e al Sud il 12,1%. Per deprivazione materiale si intende, per esempio, l’impossibilità di permettersi una settimana di vacanza all’anno (31,4%), l’impossibilità di sostenere una spesa imprevista (29,9%) o la rinuncia ad attività a pagamento nel tempo libero (9,6%). Difficile anche la situazione in campo sanitario, con un italiano su dieci che ha rinunciato a visite o esami specialistici (a causa di liste di attesa troppo lunghe). Ancora inferiore alla media europea il numero di cittadini tra i 25 e i 64 anni con un diploma, il 65,5% (quasi 20 punti sotto Germania e Francia), mentre il 9,8% delle persone tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola prima di raggiungere diploma o qualifica. E se un quarto della popolazione ha più di 65 anni, sono quasi 4,6 milioni gli over 80, più dei bambini con meno di 10 anni.
lUrsula von der Leyen (Ansa)