2023-12-23
Ilva, tranello indiano per far pagare lo Stato
L'ad di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli (Imagoeconomica)
Adi, con dietro l’azionista Arcelor, comunica (prima della convocazione) che nel cda del 28 si discuterà del fabbisogno finanziario. Lo stesso giorno in cui il governo ha chiamato i sindacati. Obiettivo? Mettere Invitalia alle strette perché si prenda la maggioranza.Ormai il tempo stringe e la strategia degli indiani di Arcelor Mittal appare molto chiara: mettere il governo alle strette per obbligarlo a diventare l’azionista di maggioranza di Acciaierie d’Italia e, soprattutto, dell’impianto di Taranto. Del resto, appare chiaro che i primi azionisti del sito siderurgico pugliese non abbiano la minima intenzione di mettere mano al portafoglio. L’unica altra alternativa sarebbe il commissariamento, anche perché lo Stato non ha la possibilità di cedere le quote come potrebbe fare una qualunque azienda privata. D’altronde, non si è cavato un ragno da un buco dal cda che si è tenuto due giorni fa nella sede milanese di Acciaierie d’Italia e dove il socio di minoranza con il 38%, Invitalia, non si sarebbe presentato con la conseguente impossibilità di deliberare sulla proposta che ieri sarebbe dovuta passare al vaglio dell’assemblea dei soci. Ieri, Acciaierie d’Italia ha diffuso un comunicato in cui spiega che «a seguito dei lavori assembleari della giornata di oggi (ieri per chi legge, ndr), Acciaierie d’Italia comunica che è stato convocato un consiglio di amministrazione per il prossimo 28 dicembre, con l’obiettivo di formulare un nuovo testo di delibera da proporre all’assemblea degli azionisti a sostegno del fabbisogno finanziario alla società». A quanto risulta alla Verità il comunicato è precedente all’effettiva convocazione dei soci. Un disguido? La data indicata nella nota non è in realtà casuale perché il 28 del mese ci sarebbe un incontro con i sindacati e probabilmente anche un Consiglio dei ministri in cui si toccherà la questione dell’acciaieria italiana partecipata (al momento) dagli indiani. Fatto sta che Arcelor Mittal con il suo 62% traccheggia e il governo intende trovare una soluzione prima di arrivare allo spegnimento di uno degli impianti più storici e noti d’Italia. Insomma, per l’Ilva siamo a un passo dallo scontro tra i soci. Certo, anche se Invitalia non si è presentata all’ultimo cda, una proposta esiste. Il potenziale accordo al momento si basa su un aumento di capitale di 320 milioni a cui i soci avrebbero dovuto partecipare pro-quota entro il termine del 31 gennaio 2024 «ad un prezzo di sottoscrizione pari a 1 euro nominale per azione, con la precisazione che a ciascuna azione spetterà un diritto di voto secondo quanto previsto dall'articolo dello Statuto». Il diritto all’opzione «scadrebbe il 31 gennaio 2024 con un diritto di prelazione a ciascun socio sulle eventuali azioni rimaste inoptate dall’altro socio, da esercitare entro i successivi 10 giorni». Via anche alla possibilità di offrire a terzi entro il 15 marzo 2024 le azioni eventualmente non sottoscritte, allo stesso prezzo di sottoscrizione di un euro per azione. Un possibile allargamento della base societaria, quindi. C’è poi il tema dell’acquisto dei rami d’azienda ex Ilva in amministrazione straordinaria. La delibera, come spiega l’Adnkronos, avrebbe previsto l’approvazione della decisione dell’organo amministrativo di assumere le iniziative necessarie per l’avveramento delle condizioni a cui è soggetta l’acquisizione dei rami d'azienda di Ilva in amministrazione straordinaria previste dal contratto di affitto con obbligo di acquisto condizionato del 28 giugno 2017. In particolare, si sarebbe previsto di «richiedere all’organo amministrativo di assumere ogni misura necessaria sia alla riduzione dell’importo netto da versarsi alle concedenti (alla luce delle pretese creditorie che Adi ha avanzato verso le concedenti) sia alla riduzione dell’esborso di cassa da parte di Adi, attraverso l’accollo di debito finanziario pre-deducibile di Ilva in amministrazione straordinaria o attraverso un finanziamento bancario garantito».In questo caso, inoltre, si nota nella delibera mai discussa in cda «potrà risultare necessario per i soci deliberare un ulteriore aumento di capitale o prestito convertibile, da sottoscriversi da parte dei soci o di investitori terzi».Al momento, ad ogni modo, continuano a non essere chiare le intenzioni dei soci indiani e ogni giorno che passa appare chiaro che la strada che si sta delineando è quello che dare allo Stato la maggioranza del gruppo. L’idea sarebbe quella di proporre un aumento delle quote di Invitalia al 60% attraverso la conversione del prestito obbligazionario da 680 milioni già versato. Al contrario, Mittal scenderebbe al 40%. Contestualmente verrebbero chiuse le pretese risarcitorie invocate dall’attuale socio di maggioranza nella memoria di 12 pagine presentate nell’ultima assemblea. Il governo, anche visto il caos occupazionale che ne nascerebbe, sta facendo di tutto per scongiurare la chiusura dell’Ilva. Ma non sarebbe intenzionato a essere l’unico socio che mette mano al portafoglio. «La prossima settimana ci sarà un altro tavolo, anche con i sindacati. Siamo convinti e lavoriamo affinché l’Ilva continui ad essere un polo produttivo anche e soprattutto con le prospettive della riconversione green. L’unica cosa certa è che l’Ilva continuerà a produrre», ha detto ieri il ministro delle Imprese Adolfo Urso interpellato sulle sorti dell’ex Ilva. Il numero uno del Mimit avrebbe quindi scongiurato una qualunque ipotesi di chiusura. Non resta che attendere e nemmeno troppo. Arcelor Mittal vorrebbe che il governo si accollasse la gran parte dell’aumento di capitale lasciando agli indiani una spesa minima.