2019-06-12
Il quotidiano dei vescovi mette in prima pagina lo spot a favore dell’islam
Su Avvenire l'invito a comprare il volume che spiega la fede musulmana attraverso 12 versetti del Corano. Per mostrarne il volto di «religione di pace».Quando Paolo VI battezzò l'idea di un quotidiano cattolico che fosse «uno strumento di evangelizzazione, di dialogo con il mondo moderno e quindi di missione», certo non immaginava che Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, un giorno sarebbe finito a fare pubblicità all'islam. Eppure è successo anche questo. A oltre cinquant'anni dalla nascita del giornale, ieri bastava dare un'occhiata alla prima pagina della testata di «ispirazione cattolica» per rendersene conto. In una finestrella, infatti, compariva una inserzione della casa editrice dei padri dehoniani. Fin qui nulla di strano: che un quotidiano distribuito all'interno delle parrocchie e delle chiese pubblichi la pubblicità di un editore di matrice cattolica è piuttosto normale. La sorpresa semmai stava nel titolo del volume reclamizzato: Guida all'islam per persone pensanti. Sottotitolo: L'essenza dell'islam in 12 versetti del Corano. L'autore è il principe giordano Ghazi Bin Muhammad, discendente della dinastia hashemita con la passione per la filosofia e la religione. Il suo nome figura fra i 138 capi religiosi musulmani che nell'ottobre del 2007 risposero a Benedetto XVI dopo il famoso discorso di Ratisbona. La lettera, che faceva seguito a un'altra inviata subito dopo le polemiche suscitate dal Pontefice con la sua lectio magistralis, venne presentata come un'apertura nei confronti del dialogo interreligioso fra cristiani e musulmani. In realtà, dietro alle parole apparentemente concilianti presentate con il titolo «Una parola in comune fra noi e voi», il solo concetto che veniva ribadito era un generico invito al dialogo. Ma sui temi riguardanti la libertà di coscienza in materia religiosa, la tutela della vita umana, la distinzione del potere politico da quello religioso e la condizione della donna, nel testo non si trovava alcuna apertura. Né vi era vi era disponibilità ad affrontare il divieto e i limiti posti alla costruzione delle chiese nei Paesi musulmani. Insomma, un'apertura al dialogo, ma solo teorica. Peraltro confermata dallo stesso Ghazi Bin Muhammad a seguito di una lettera al cardinal Tarcisio Bertone, con critiche al cardinal Jean-Louis Tauran, reo di aver sottolineato la difficoltà di discutere di temi reali.Nonostante la disponibilità del Papa, in effetti, i contatti e gli incontri per favorire una discussione fra le due più importanti comunità religiose non hanno prodotto praticamente nulla, stante l'indisponibilità a ragionare di cose concrete come la parità tra uomo e donna e la libertà di poter professare una religione diversa da quella musulmana in un paese islamico. Nonostante tutto ciò, sulla prima pagina di Avvenire, cioè sul giornale che dovrebbe farsi promotore dei tempi cattolici, si fa pubblicità al libro del principe giordano. Guida all'islam per persone pensanti. Non so se chi non abbia voglia di farsi guidare dal filosofo musulmano sia da considerare un essere non pensante. Sta di fatto che con l'aiuto dei versetti del Corano il volume tende a dimostrare quanto sia sbagliata l'idea di un islam guerriero, pronto a punire gli infedeli. Il terrorismo, lo Stato islamico e Al Quaeda sono circoscritti come una minoranza, schegge impazzite di una religione che per il resto propaganda l'amore verso Dio e verso il prossimo. Naturalmente non è questo il luogo per discutere che cosa sia l'islam e come venga declinato il messaggio di Maometto in molti Paesi musulmani, né mi pare il caso di fare l'elenco di tutti quegli Stati islamici in cui la democrazia è solo teorica e i diritti umani non vengono garantiti. Mi limito a osservare che difficilmente sulla prima pagina di un giornale che si dichiari di «ispirazione musulmana» sarebbe possibile pubblicare la pubblicità di un libro con il titolo Guida al cristianesimo per persone pensanti, con la firma, non dico del Papa, ma nemmeno di un teologo cattolico. Potreste mai immaginare che Al Bassair, l'organo degli ulema in Algeria, o Al-Dawa, la rivista dei Fratelli musulmani, pubblichino l'inserzione di un libro che reclamizza il cristianesimo? Come minimo una banda di scalmanati darebbe l'assalto alle redazioni, incendiandole. E se le autorità impedissero l'incursione, molto probabilmente seguirebbe la chiusura delle testate perché, come è noto, in quei Paesi la censura funziona molto bene e anche il carcere per i giornalisti che sgarrano.Dunque, torniamo alla domanda iniziale: ha senso che il giornale dei vescovi pubblichi in prima pagina la pubblicità di un testo a favore dell'islam? Ma un quotidiano cattolico non dovrebbe diffondere il pensiero cattolico? Domande banali, a cui certo papa Paolo VI non avrebbe mai pensato di dover rispondere.
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