2018-05-30
Psicanalisi di un capo di Stato ostaggio di sé stesso
Da una lettura junghiana della crisi di governo gestita dall'inquilino del Quirinale, emerge chiaramente l'archetipo del Senex. Ovvero il «re del passato» che, invece di indicare la strada ai più giovani, gliela sbarra. Perché ha timore di perdere il potere.L'impressione inevitabile non era solo quella del «c'è sotto qualcosa», che sono poi le solite cose, vale a dire: Angela Merkel, Bruxelles, Jean Claude Juncker, etc. Non ci sarebbe nulla di sorprendente: ognuno fa il suo mestiere, a cominciare dai poteri forti, magari anche un po' fuori tempo, e con qualche acciacco. No, l'impressione suscitata dall'accigliato occupante del Quirinale, da subito dopo le elezioni del 4 marzo è stata un'altra. Ad altro facevano pensare anche l'ostinata preoccupazione di andare avanti con il vecchio progetto di «governo del presidente», anche se erano scomparsi i relativi partiti; il tentativo di mettere fuori gioco i due «ragazzi» (soprattutto quello più determinato); l'ostinazione a ripetere che non avevano vinto niente; e il far intendere che le cose sarebbero andate avanti nel solito modo, con le solite, inesorabili facce. Che c'era altro è stato poi confermato dall'espressione quasi minacciosa e dalla voce un po' troppo alta nell'annunciare che, appunto, il governo Conte era morto e sul dopo avrebbe deciso lui, Sergio Mattarella. Nella psiche, toni e smorfie sono tutto. Inevitabile pensare: ma perché? Che bisogno c'era, e in quel modo?Si poteva fare lo stesso magari non con humour - che se uno non ce l'ha non può darselo - ma almeno con meno rabbia, stizza, apprensione. Un po' più di uso di mondo, che non sarebbe poi chiedere chissà cosa a uno che è in politica da una vita. Inevitabile allora, per chi è del mio mestiere, annusare la particolare «puzza d'archetipo» (come si dice nel gergo psicoanalitico, soprattutto junghiano) che accompagna azioni e toni esagerati, sopra le righe, che si producono quando entrano in scena appunto i grandi archetipi dell'inconscio collettivo, di solito travestiti da ideologie o discorsi sui massimi principi, coi quali in realtà c'entrano nulla. Si tratta di centri di energia da sempre presenti nell'animo umano, che vengono attivati da processi storici o eventi anche fisici, economici, geopolitici, di solito non solo personali ma anche sociali e collettivi, riassunti in immagini e miti da sempre presenti nella cultura umana e rappresentati nelle arti, nelle religioni, nel teatro. Sono loro, gli archetipi, i grandi produttori di ideali e rivoluzioni. Ed anche di nevrosi.L'archetipo in questione, impadronitosi della scena del nuovo governo forse già prima delle elezioni, è uno dei più antichi: si tratta del conflitto tra il vecchio re, sovrano del tempo precedente, con i suoi abituali rappresentanti e comparse, e il re del nuovo tempo, che più viene ignorato o tenuto alla larga più energicamente guadagna terreno. È questo un centro di energia simbolica molto potente, perché riguarda il tempo che passa; le cose, idee, personaggi di ieri e i loro comportamenti e quelli di oggi e domani. Particolare del tempo del confronto tra il vecchio re e il nuovo re, il vecchio e il nuovo tempo, è che il vecchio deve andarsene, e il nuovo prende il suo posto. È un copione già scritto dalla natura; è la legge del tempo, non modificabile dalle pretese individuali. È la storia già raccontata, ad esempio, dal mito del vecchio dio Crono che per non essere un giorno privato del potere si mangiava i figli in fasce, finché la madre del piccolo Zeus avvolse una pietra invece del bambino nelle fasce che il padre ingurgitò come sempre. Anche in quel caso fini diversamente dal previsto: Zeus poi, cresciuto dalla capra Amaltea tra boschi e grotte, tornò, e divenne il re degli dei. Anche il re Laio, padre di Edipo, aveva allontanato il figlio appena nato perché era stato profetizzato che l'avrebbe ucciso. Edipo esiliato cresce, erra per il mondo cercando la propria patria, e un giorno incrocia su una strada stretta un signore prepotente su un cocchio, che gli ordina bruscamente di farsi da parte. Il giovane non sa chi sia ma nello scontro lo uccide perché quello gli ingiunge da lasciargli tutto lo spazio: Edipo è un nuovo re che il vecchio allontana e non lascia passare. Giocasta, la madre (sulla quale Freud costruisce tutta la psicoanalisi) non c'entra nulla e compare sulla scena molto tardi, anch'essa vittima di una successione non ordinata e sopraffatta dall'emozione e dalla paura. Già in questi miti appare la principale caratteristica negativa del vecchio re che non accetta lo scorrere del tempo: è un uomo avanti negli anni che non ama il nuovo, il giovane; invece di essere per lui un padre amoroso è un ostacolo, invece di insegnargli come trovare la strada gliela sbarra. È un educatore mancato e un padre cattivo. I due protagonisti a livello personale di questa situazione archetipica sono il Senex, il vecchio che si oppone al nuovo, e il Puer. Un conflitto sul quale lo psicoanalista James Hillman ha scritto saggi suggestivi, e che riguarda non solo la storia personale, ma quella del mondo. È per questo che i miti ne parlano diffusamente, in ogni cultura, per ispirare riti e comportamenti che non lascino le persone preda delle emozioni e del potere, ma producano regole consapevoli e condivise, capaci di contenere le passioni individuali nell'interesse della collettività e della nazione. Se non c'è questo, tutto frana in comportamenti irragionevoli e fuori misura, accompagnati da ragioni accampate per mascherare la rabbia, l'incoerenza, ma anche i sentimenti di opposizione aggressiva alla realtà che si sono impadroniti dell'animo, e della situazione di chi cade preda del Senex. Non si tratta solo dell'euro, ma dello scorrere e mutare della storia; del tempo; della morte e delle nascite (come quelle italiane, e in parte europee, in pauroso calo). E i rischi sono molto elevati. Gli archetipi dell'inconscio collettivo sono infatti molto più potenti delle ideologie e delle religioni ufficiali nel condizionare i comportamenti non solo delle persone, ma di interi popoli; proprio perché agiscono dall'inconscio, e quindi dall'ombra. Se fingiamo che non esistano ne diventiamo preda, come uno che finge di non vedere il leone che ha davanti a sé. Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia analitica, ha ben descritto come le forze rimosse degli archetipi dei germanici si fossero impadroniti degli aspetti isterici della personalità di Hitler, delle sue musiche e coreografie, e venissero da lui trasferiti al popolo tedesco nell'avventura nazista. L'orrore del vecchio verso la nascita di un tempo nuovo comunque portatore di ideali diversi è scritto in tutti i grandi libri, compreso il Vangelo quando parla della strage degli innocenti, organizzata da Erode per fare fuori anche Gesù. La recente sceneggiata sul governo Conte ha manifestato questa stessa paura e irrefrenabile disgusto nella smisurata indignazione per la nomina di Paolo Savona a ministro dell'Economia. Savona è infatti da sempre, benché ottantaduenne (ma il conflitto Senex-Puer non è una questione anagrafica: ci sono novantenni discoli come Eugenio Scalfari, e ventenni del tutto burocratizzati), un perfetto Puer Aeternus, uno che, appunto, malgrado l'età, mantiene la spinta ideale e anche la disponibilità allo scontro impari di quando aveva vent'anni. La sua spietata lucidità fa da sempre perdere la testa ai grandi retorici e confusi. Genio non solo dell'economia, Savona è un David che si permette di duellare, quando è obbligato, con giganti appesantiti che di fronte alla sua fionda perdono la testa. Come, secoli dopo David, capita anche a Parsifal, altro Puer e potenziale guaritore dell'inguaribile malattia del vecchio re Amfortas, raccontato da T. S. Eliot nel poema La terra desolata, non a caso dedicato all'Occidente e all'Europa di ieri e di oggi. Meglio allora riconoscere questa situazione, che si ripete da sempre ed è raccontata in narrazioni fondamentali.Quando il gioco si fa duro, il Senex getta la maschera. E il Puer, e i suoi coetanei anagrafici o simbolici, devono stare attenti ai trabocchetti.