2022-04-05
Il Colombia-gate incrocia le escort del Cav
Massimo D'Alema (Imagoeconomica)
Il broker Emanuele Caruso frequentò l’azienda di Enrico Intini, l’amico di Massimo D’Alema citato nell’indagine sui giri di Gianpaolo Tarantini. Mistero sul patrocinio dell’Apm all’associazione del sedicente collaboratore dei servizi. Chi lo ha concesso, ora lo rinnega.Alla fine la storia delle armi mediate da Massimo D’Alema si incrocia pure con le storie piccantine delle escort di Gianpi Tarantini. Potenza della Puglia. Domenica abbiamo rivelato che il broker Emanuele Caruso, sedicente collaboratore dei servizi segreti, aveva incontrato il contractor Gianpaolo Spinelli in un’azienda pugliese, la Sma. È là dentro che probabilmente l’allora trentenne Caruso inizia ad appassionarsi alle questioni delle tecnologie legate alla difesa. Ed è lì che entra in contatto con il mondo dalemiano. La Sma, infatti, era un’azienda di proprietà di Finmeccanica, specializzata in sistemi radar, che negli anni ‘90 venne ceduta al gruppo Intini. Ed Enrico Intini, oggi liquidatore dell’azienda, sulla quale grava anche una procedura di fallimento, è personaggio noto alle cronache. Anche quelle giudiziarie. Il suo nome è stato citato nell’inchiesta che ha coinvolto Tarantini, l’imprenditore accusato di rifornire di escort Silvio Berlusconi.Il giro puglieseMa Intini più che a Tarantini era vicino agli amici di sinistra di quest’ultimo, tutti rigorosamente dalemiani, come l’avvocato Salvatore Castellaneta (già presidente del collegio sindacale di Sma, condannato in via definitiva per induzione e favoreggiamento della prostituzione) e il lobbista Roberto De Santis (armatore negli anni 90 della celebre barca a vela di D’Alema, l’Ikarus).De Santis e Intini sono stati anche gli amministratori di un’immobiliare, la Milano Pace, su cui accese i riflettori la procura di Monza per la vicinanza alla politica di sinistra.Tarantini aveva raccontato di aver lavorato come consulente per la Fulgor investiment, società lussemburghese che controllava, attraverso la capogruppo italiana Intini Spa (in liquidazione volontaria), la Sma spa. Gianpi, sfruttando i rapporti con Berlusconi, aveva cercato di far ottenere all’azienda di Intini appalti dalla Protezione Civile, che all’epoca stava costituendo con Finmeccanica una società mista e che era guidata da un fedelissimo del Cavaliere, Guido Bertolaso.Le «cene eleganti»Dall’indagine sulle escort era scaturito un filone giudiziario che riguardava Tarantini e Intini. In uno stralcio dell’inchiesta sulle «cene eleganti» si ipotizzava, infatti, la turbativa d’asta riguardante 14 procedure destinate alla Protezione Civile. Ma al termine della indagini la Procura aveva chiesto al Gip di archiviare le posizioni di Tarantini, di Intini e dei manger del gruppo Finmeccanica coinvolti.Grazie ai contatti ottenuti, Tarantini avrebbe incassato una consulenza da 150.000 euro dalla Sma. Nel 2013 Intini, in un’inchiesta collegata ad appalti truccati per la sicurezza a Napoli, è stato condannato in primo grado a 2 anni per associazione per delinquere, ma oggi, assicura, di avere il casellario giudiziale immacolato.Ma Intini si ricorda del suo presunto consulente Caruso? «Purtroppo no» ci dice, «sono passati tanti anni». E dell’esperto di sicurezza Spinelli? «Forse si riferisce alla Protego Srl partecipa da Sma» butta lì. La conversazione avviene via messaggio. L’imprenditore non vuole dirci altro.«Non lo conosco»Ma Intini non è l’unico a prendere le distanze da Caruso. Anche nella storia dei presunti falsi patrocini dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo utilizzati dal broker per le sue creature (la Camera EuroMediterranea e la Polizia del Mediterraneo) tutti negano di aver dato il sostegno al quarantaduenne pugliese, se non quasi per caso.Noi abbiamo sentito due testimoni che chiave che presto potrebbero essere sentiti dalla Procura di Napoli che indaga sulla vicenda. Caruso, per esempio, sostiene che il primo patrocinio dell’Apm risalente all’agosto del 2013 fosse completamente genuino. In esso veniva chiamato in causa l’allora presidente dell’assemblea, il parlamentare di An Francesco Maria Amoruso. Il quale ci ha detto: «Io ebbi all’epoca una richiesta da Confindustria Lecce che mi chiedeva (io conoscevo molto bene il presidente delle Piccole e medie imprese), che mi chiedeva gentilmente se fosse possibile dare un patrocinio non a un’associazione, ma a una manifestazione che si sarebbe tenuta a Lecce di quest’organismo che gestiva i rapporti tra Italia e Tunisia. Io feci dare solo perché mi era stato sollecitato da Confindustria e non partecipai alla manifestazione».Ma Amoruso ha mai conosciuto di persona Caruso? «Mai visto e mai conosciuto» Mistero patrocinioFacciamo notare all’ex parlamentare che il patrocinio, se autentico, è dato alla «Camera EuroMediterranea per l’industria e l’impresa» e non a una manifestazione. Si legge: «La ringrazio per l’invito rivolto alla nostra organizzazione interparlamentare…». E anche: «Con immenso piacere le comunico la concessione del patrocinio gratuito». E c’è pure qualche sgrammaticatura. La firma è del segretario generale Sergio Piazzi.Amoruso lo legge e poi commenta: «Non so se sia un falso, perché sono cose che fa il segretariato. In effetti, però, la formulazione è un po’ ambigua. Adesso non so se questo sia frutto anche della traduzione, perché la sede all’epoca era a Malta e i dipendenti non erano italiani. Però, questo glielo posso dire con certezza, all’epoca io proposi il patrocinio per la manifestazione, su richiesta di Confindustria. Io questi soggetti non li ho mai conosciuti».Parla Ruggieri FazziAbbiamo chiesto delucidazioni anche a Vito Ruggieri Fazzi, l’esponente di Confindustria che avrebbe chiesto ad Amoruso di patrocinare l’evento di Lecce. Ed ecco che cosa ci ha detto: «Ho incontrato Caruso anni fa, mi chiese un patrocino per Confindustria. Poi i rapporti si sono incrinati e non l’ho più frequentato. L’ho conosciuto tramite degli amici comuni a un caffè, mi ha detto che stava lavorando con l’estero. Poi, diciamo, non siamo entrati molto in sintonia, perché non era chi che credevo che fosse. Mi chiese una cortesia come l’ha chiesta a tanti altri per un patrocinio e lo facemmo e basta». Quindi non era stata una benedizione alla Camera EuroMediterranea? «Il patrocinio è stato dato alla manifestazione». C’è anche la questione della Polizia del Mediterraneo. «Follia pura» commenta l’imprenditore. Che ha proseguito: «Quando l’onorevole Amoruso mi ha parlato di questa storia sono rimasto sconvolto». Non ha più rapporti con Caruso? «Io personalmente ci ho litigato, non mi piaceva che usasse in giro in mio nome e quello di Confindustria. Tramite una persona gli ho fatto sapere che non si doveva più permettere e da allora non ci siamo più salutati. Se lo incontravo in aereo andando a Roma, si girava dall’altra parte, perché io lo avevo allontanato». Adesso sembra che fosse coinvolto in una colossale compravendita di armi... «Ho preso atto di tutte queste cose quando è uscita su tv e giornali la storia D’Alema. È una situazione pazzesca» conclude l’imprenditore.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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