2023-08-29
La tentazione nel dibattito su Cl è quella di «normalizzare» la fede
Julián Carrón (Imagoeconomica)
Stupisce la capacità dei media di piegare la realtà a ideologia. E di inquadrare i movimenti in categorie mondane. La correzione della Chiesa a Julián Carrón però è chiara: il carisma non si trasmette, ma si custodisce.Il dibattito degli ultimi giorni intorno al testo di Marco Ascione, La profezia di Cl - Comunione e Liberazione tra fede e potere. Da Formigoni alla rivoluzione Carrón e oltre, mi ha sorpreso nel metodo e nel merito. Nel metodo, mi ha stupito che una certa stampa (il Corriere della Sera) «vada in soccorso» a un prete; nel merito, stupisce la capacità di «piegare la realtà» a ideologie preconcette o a «desiderata» irrealizzati.La lettura dei «normalizzatori di Cl» (Antonio Polito) procede coerentemente con la loro «visione del mondo», evidenziando la necessità di un senso alla vita: «Chi ha un perché del vivere può sopportare quasi ogni come». Stupisce che a fronte della gratuita capacità di spalancarsi alla realtà, prevalga la necessità di inquadrare un movimento religioso (come altri avvenimenti della vita personale e sociale) in categorie politiche e mondane; è come se i «normalizzatori» avessero la necessità di separare ciò che il cuore dell’uomo domanda («mendicante del cuore di Cristo» lo definì don Luigi Giussani) dall’agire dell’uomo nel mondo; è come voler ridurre la «portata rivoluzionaria» dell’incontro tra desiderio umano infinito e risposta incontrata a tale desiderio.Ancora, molti evidenziano la necessità di separare la Chiesa - una società «sui generis», spirituale e visibile insieme; umana, ma animata dall’azione soprannaturale dello Spirito santo - dalla presenza della stessa Chiesa nel mondo, fastidiosa quando si occupa di cose «materiali», e sociali, perché morali. Come se esistesse una morale a-storica! Si riporta così in auge la «scelta religiosa» di Carlo Carretto, prima, e di Vittorio Bachelet: cioè l’abbandono della speranza di poter costruire un «mondo migliore» o, in termini teologici, «concorrere alla realizzazione del Regno di Dio sulla Terra» o «instaurare omnia in Christo». Siamo quindi a una sostanziale rinuncia a operare secondo la dottrina sociale della Chiesa.Ma la storia umana non è solo necessità e, come amava ripetere don Giussani, la realtà è testarda. Don Giussani non ha mai voluto «fare politica», se non come conseguenza della testimonianza dovuta a Cristo Redentore del mondo, cioè dell’universo creato. Prospettiva difficile da cogliere da parte di chi (Polito e, forse, Ascione), comunque attribuisce all’ex leader di Comunione e Liberazione, don Julián Carrón una sottile capacità: sbianchettare, «anno dopo anno, volantino dopo volantino, elezione dopo elezione, la lista dei politici di riferimento»; reinterpretare «l’approccio al totem dei valori non negoziabili e cassando le partecipazioni ai Family day».Si vorrebbe così determinare se Carrón abbia cercato una «terza» via; se abbia rispettato la storia del movimento; se sia stato coerente con l’insegnamento di Giussani, se sia stato la prosecuzione di Giussani o se si sia «ispirato» a Giussani.Bisogna infatti sempre distinguere se una realtà è di appartenenza e continuità con un’altra o, semplicemente, vi si ispira. Esistono, ad esempio, valori «di ispirazione cristiana», ma che non sono cristianesimo, né cattolicesimo.La certezza di essere permanenza e continuità di un’appartenenza, obbedisce a un semplice criterio: la realtà presente deve mostrare, nel proprio sviluppo, di aderire alla dinamica che l’ha fatta nascere e sviluppare.La correzione teologica della Santa Sede lo dice chiaramente: il carisma non si trasmette, si custodisce.Il cardinale Joseph Ratzinger, nell’omelia funebre per don Giussani - ero presente - affermò: «Ha saputo che incontrare Cristo vuol dire seguire Cristo. Questo incontro è una strada, un cammino; un cammino che attraversa anche la “valle oscura”. Ha guidato le persone non a sé, ma a Gesù Cristo, ha guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del mondo per il cielo; […] ha conservato la centralità di Cristo e proprio così ha aiutato con le opere sociali, con il servizio necessario l’umanità in questo mondo difficile […]. Una libertà isolata, una libertà solo per l’Io, sarebbe una menzogna e dovrebbe distruggere la comunione umana. La libertà per essere vera, e quindi per essere anche efficiente, ha bisogno della comunione, e non di qualunque comunione, ma ultimamente della comunione con la verità stessa, con l’amore stesso, con Cristo, col Dio trinitario».Quello che domina oggi è l’ideologia del dialogo, come se la verità germogliasse dal confronto delle opinioni e non si fosse invece manifestata definitivamente nella carne di Dio: in Gesù di Nazareth Signore e Cristo.Che antipatico questo Gesù che ripete: «In verità, in verità vi dico…»!Il dialogo (dia-logos) è l’espressione di un’identità, testimonianza schietta e coraggiosa, tanto nel segreto del cuore, quanto nel foro pubblico nella società di ogni tempo. I cristiani hanno parlato sempre e senza problemi con tutti, proponendo la verità di Cristo.Il cardinale Angelo Scola, nella prefazione al recentissimo (4 agosto 2023) volume: Giussani e i Padri della Chiesa. Una tradizione vivente (Marcianum Press), a cura di Pierluigi Banna, afferma: «La forza educativa di Giussani non consiste soltanto nel riportare al tempo presente la freschezza originaria dei Vangeli. Per quanto non fosse un esperto studioso delle antichità cristiane, trovava in tutta la tradizione della Chiesa delle origini espressioni, episodi e figure a lui congeniali per descrivere il cuore dell’esperienza cristiana. Stando alle stesse parole di Giussani, questo dinamismo di rivitalizzazione della tradizione si rifà al modo stesso con cui Gesù si presentò all’interno della tradizione giudaica: Quello che incominciò a dire di nuovo, lo disse dentro l’antico: era un nuovo modo di vedere il mondo. Le parole erano le stesse: era un nuovo modo di vedere le parole antiche. Insisto perché questa è la vita del cristiano, essere cristiani è questo: una novità che si apre sempre il varco dentro le parole antiche.L’annuncio del cristianesimo è pertanto sia «principio di redenzione» che assume il nuovo, sia nuovo modo di ridire «le parole antiche». Nuovo e antico sono abbracciati nell’unico avvenimento cristiano». E questo senza mai rinunciare a essere presenza nel mondo, per la salvezza del mondo, senza ritirarsi nella «scelta religiosa», né in un utopistico «piccolo gregge».*Teologo
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli