2018-05-12
I magistrati chiedono il rinvio a giudizio dei genitori di Renzi, mentre lui lascia in rosso il Pd
Nell'inchiesta di Firenze per false fatture coinvolto pure l'ex socio Luigi Dagostino. A Cuneo chiusa l'indagine sulla madre dell'ex premier.Al Nazareno dovrebbero salvare solo 45 persone considerate «fedelissime». Rischio esuberi anche alla Camera e al Senato. Per finire, L'Unità va all'asta per 300.000 euroLo speciale contiene due articoli.Mentre nei Palazzi della politica si tratta per la nascita di un governo giallo-verde, nelle Procure d'Italia le indagini sui genitori di Matteo Renzi procedono spedite. Ieri l'ufficio fiorentino guidato da Giuseppe Creazzo ha ufficializzato la richiesta di rinvio a giudizio per Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Per i due imprenditori l'accusa, formulata dai pm Christine von Borries e Luca Turco, è di emissione di fatture false.Le cose procedono speditamente anche a Cuneo dove sono terminate le investigazioni su mamma Bovoli, indagata per bancarotta fraudolenta documentale nel procedimento per il fallimento della ditta piemontese Direkta srl, già fornitore della Eventi 6 della famiglia Renzi. Nei prossimi giorni la Procura diretta da Francesca Nanni invierà a Firenze l'avviso di chiusura indagini. La data? «I tempi non saranno lunghi, le posso dire solo questo», ha ammesso la Nanni con La Verità. Per ora Laura Bovoli non ha inteso rispondere ai pm. Il suo legale Federico Bagattini attende l'arrivo delle carte con tutte le accuse per decidere il da farsi, sebbene la linea prescelta sembri quella del silenzio, almeno sino al processo. Entro giugno conosceremo anche i risultati dell'inchiesta Consip. Nella Capitale Tiziano Renzi è iscritto sul registro degli indagati per traffico di influenze illecite e il prossimo mese i pm capitolini potrebbero inviargli un avviso di chiusura indagini oppure, se non avranno raccolto abbastanza prove contro di lui, chiederne l'archiviazione. Ma l'elenco delle beghe non è finito. A Firenze procede a fari spenti pure la delicata inchiesta sul crac della cooperativa Delivery service Italia, fondata nel 2009 da persone di fiducia di babbo Tiziano e colata a picco nel 2015. Nell'inchiesta sono emersi anche strani scambi di fatture tra la Direkta (quella per la cui bancarotta è indagata Laura Bovoli) e la Delivery. In questo procedimento cinque indagati hanno già ricevuto l'avviso di garanzia e sono tutti soggetti che hanno come unico comune denominatore i rapporti con i genitori di Matteo: Roberto Bargilli, ex autista del camper del fu Rottamatore, è ancora consigliere delegato della Eventi 6; Pier Giovanni Spiteri oltre ad aver fondato la Delivery era stato piazzato da Tiziano in altre sue imprese come la Arturo srl e la Marmodiv; Simone Verdolin è stato definito da mamma Laura «il vecchio amministratore messo da noi»; Pasqualino Furii sta ancora collaborando con le aziende dei Renzi; infine Gian Franco Massone, pensionato genovese, oltre ad aver fatto la testa di legno nella Delivery, è stato utilizzato da Tiziano come controparte per la cessione di un ramo della futura Eventi 6, la traballante Chil post (fallita nel 2013).Ovviamente se il fattore comune degli inquisiti è l'aver lavorato alle dipendenze dei Renzi, è facilmente intuibile che al centro di questa inchiesta ci siano proprio Tiziano e Laura, sebbene il procuratore aggiunto Turco, a quanto ci risulta, non gli abbia ancora mandato alcuna informazione di garanzia. Intanto a Firenze i due genitori stanno per andare alla sbarra per due presunte false fatture. Nei prossimi mesi, probabilmente dopo l'estate, un giudice dell'udienza preliminare dovrà decidere se mandare o no a processo Renzi senior e la moglie. L'avvocato Bagattini non si spaventa: «La richiesta di rinvio a giudizio è ampiamente compatibile con la nostra richiesta di andare a processo formulata qualche tempo fa. Siamo certi di poter dimostrare in sede processuale l'assoluta correttezza dei comportamenti tenuti dai signori Renzi». L'accusa per loro è quella di aver incassato 192.800 euro divisi in due fatture per progetti di fattibilità mai realizzati. A dimostrare l'inconsistenza delle consulenze dei coniugi Renzi sarebbero tre mail partite dall'indirizzo della Eventi 6: da esse risulta che l'importo di una delle fatture è schizzato nel volgere di poche ore da 122.000 a 170.800 euro (Iva inclusa). Nella causale della parcella, però, era cambiata una sola parola: l'aggettivo «alberghiera» era stato sostituito dal vocabolo inglese «food», aggiungendo, apparentemente, al concetto di hotellerie quello di ristorazione. Alla terza e ultima mail è stata allegata dai Renzi una relazione di tre paginette, davvero basiche, costate al committente, l'imprenditore Luigi Dagostino, pure lui indagato, quasi 250 euro a parola. Per i magistrati quei soldi sarebbero finiti su un conto intestato ai genitori di Matteo e utilizzato per pagare le rate di un finanziamento bancario da circa 100.000 euro. Ma perché Dagostino avrebbe dovuto versare 192.800 euro in cambio di nulla? L'imprenditore con La Verità ha parlato di un lavoro di lobby. Infatti in quel periodo, mentre stava cercando di aprire alcuni outlet, incontrò insieme con Renzi senior diversi amministratori pubblici in giro per l'Italia.In questo marasma sembra quasi profetico il messaggino inviato al padre da Matteo, dopo altre dichiarazioni di Dagostino a questo giornale: «L'intervista di quello mi conferma nel giudizio: la stragrande maggioranza di quelli che ti circondano mi fanno vomitare», scrisse l'ex premier. Renzi si lamentò anche, riferendosi sempre alle frequentazioni del genitore, del «giro di merda di Firenze». Un giro che non smette di riservare sorprese. Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-magistrati-chiedono-il-rinvio-a-giudizio-dei-genitori-di-renzi-2567978258.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-nazareno-licenzia-130-dipendenti" data-post-id="2567978258" data-published-at="1762422825" data-use-pagination="False"> Il Nazareno licenzia 130 dipendenti Matteo Renzi festeggia con i pop corn la nascita del governo M5s-Lega, ma intanto lascia 140 famiglie per strada, i dipendenti del Pd di cui non si capisce se è ancora segretario. È la triste situazione che stanno vivendo al Nazareno in queste ore, dopo che il tesoriere Francesco Bonifazi ha annunciato martedì scorso che salverà solo 35 persone delle 175 che sono in cassaintegrazione da più di un anno. «Ci ha comunicato» si legge in una mail dei sindacati dopo l'incontro che La Verità ha avuto modo di vedere «che, in base ai loro calcoli per la funzionalità del partito e la sostenibilità economica, il numero di dipendenti che verranno salvaguardati sarà di 35 unità. In sostanza, quindi, ci ha comunicato circa 140 esuberi». La tragedia è il risultato dei 9 milioni di euro spesi per il referendum costituzionale poi perso, ma anche del crollo dei voti alle ultime politiche, con una perdita secca di quasi 19 milioni di euro di entrate, il tutto unito alla fine dei rimborsi elettorali. In sostanza il Pd sta scomparendo, anzi è quasi demolito. Oltre ai 140 del Nazareno vanno aggiunti i 40 del gruppo alla Camera che rischiano anche loro il posto. Non solo, persino al Senato ci sono polemiche per le riduzioni imminenti, anche perché l'avvicendamento tra Luigi Zanda e il renziano Andrea Marcucci come capogruppo fa pensare che anche qui a essere salvati saranno soprattutto i fedelissimi del Giglio magico. Anche i dipendenti dem di Montecitorio hanno scritto nei giorni scorsi una lettera, pubblicata sul sito del responsabile del Lavoro Cesare Damiano. «Siamo un gruppo di lavoratori licenziati dal gruppo del Pd della XVII legislatura e non riassunti dal nuovo gruppo» si legge. «Su 120 licenziati sono stati attualmente riassunti dal gruppo Pd della Camera o direttamente tutelati dalla Camera dei deputati (i cosiddetti allegati A), circa 80 ex dipendenti. Si profilerebbe quindi una riduzione del personale tra le 30 e le 40 unità, quasi tutte donne, una parte delle quali disabili, che hanno iniziato il proprio percorso lavorativo circa 30 anni fa presso i gruppi parlamentari confluiti poi nel gruppo del Partito democratico, e che oggi hanno un'età superiore a 50 anni, con carichi familiari importanti che includono portatori di handicap, figli disoccupati e famiglie monoreddito, per le quali la Naspi (indennità di disoccupazione) rappresenta solo un breve passaggio verso la perdita definitiva del lavoro e della pensione». Nel frattempo, il mese scorso, Renzi ha deciso di chiudere la fondazione Open, quella che organizza la Leopolda, registrando in sei anni incassi per quasi 7 milioni di euro. Nuovo partito? Non si sa. Al momento ci sono i pop corn - anche se il (non) segretario poi ha smentito la battuta riportata dai quotidiani - e l'attesa per il governo Lega-5 stelle. La mossa di Bonifazi appare ai dipendenti messi alla porta un modo per salvare i fedelissimi, i renziani che potrebbero perdere il posto non solo per lo stato delle casse ma anche per l'imminente assemblea del 19 maggio, quando in teoria il Pd dovrebbe eleggere il nuovo segretario. Sull'appuntamento della prossima settimana è il caos. Ieri Renzi ha annunciato che terrà lui la relazione, anche se di fatto è dimissionario perché in teoria ci sarebbe il reggente Maurizio Martina. Con tutta probabilità si fisserà la data del prossimo congresso, ma non è chiaro neppure questo, perché c'era chi si aspettava le elezioni anticipate. Di sicuro a saltare dovrebbe essere il tesoriere, cioè Bonifazi, che è comunque potuto rimanere in carica nonostante le «dimissioni» di Renzi. Come lui anche il presidente Matteo Orfini. La tragicommedia economica del Pd passa pure dall'Unità, il quotidiano che l'ex presidente del Consiglio tentò di rilanciare negli anni passati con l'aiuto dei costruttori Pessina e ora finito all'asta per 300.000 euro. Anche questo è il risultato della cessazione delle pubblicazioni e soprattutto del mancato pagamento degli stipendi dei giornalisti per i mesi di maggio e giugno 2017: si sono rivolti al giudice per riscuotere gli arretrati. C'è tempo fino a giugno per comprarla, perché poi, a distanza di un anno ormai dall'ultima pubblicazione, decadrà la registrazione. Del giornale fondato da Antonio Gramsci rischia di non rimanere più niente, anche perché da qualche mese c'è il quotidiano online Democratica. Il Pd, insomma, è in bancarotta. Peccato che il 9 gennaio scorso proprio Renzi al Nazareno avesse rassicurato i dipendenti dicendo che sarebbero stati salvati. Non è successo. Ora i lavoratori aspettano a giorni le lettere di licenziamento. E intanto c'è già chi minaccia di occupare la sede del Pd e di presentarsi all'assemblea di sabato 19 per manifestare. Forse quel giorno i pop corn saranno finiti. Alessandro Da Rold <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/i-magistrati-chiedono-il-rinvio-a-giudizio-dei-genitori-di-renzi-2567978258.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="particle-2" data-post-id="2567978258" data-published-at="1762422825" data-use-pagination="False"> <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/i-magistrati-chiedono-il-rinvio-a-giudizio-dei-genitori-di-renzi-2567978258.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="particle-3" data-post-id="2567978258" data-published-at="1762422825" data-use-pagination="False">
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