
Luigi Di Maio annusa la batosta umbra e mette le mani avanti su Emilia e Campania: «Non ci interessano patti». La sua leadership è sempre più incerta, le ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi disertano il decennale del Movimento. La festa nazionale del M5s a Napoli ha il sapore di un funerale, quello dell'alleanza giallorossa. Pd e M5s resteranno al governo il più possibile - poltrona non olet - e i numeri in Parlamento, per quanto assai risicati, per il momento ci sono e consentono a Giuseppe Conte di restare a Palazzo Chigi. Quello che appare evidente invece a chi si aggira per la Mostra d'Oltremare, sede della kermesse del decennale «Italia 5 stelle», è che l'esperienza umbra, l'alleanza organica anti Salvini, resterà un caso isolato. La probabile sconfitta di Vincenzo Bianconi, candidato giallorosso alla presidenza dell'Umbria, verrà utilizzata dai numerosi esponenti del M5s che sono ormai ai ferri corti con il capo politico, Luigi Di Maio, per rinfacciargli l'ennesimo errore strategico. Di Maio lo sa e cerca di mettere le mani avanti: «Non sono in questo momento all'ordine del giorno», dice il ministro degli Esteri a Sky prima di raggiungere la festa, «patti regionali né tantomeno nazionali. A me più che i patti interessano i fatti. In Umbria se vince Bianconi nessun assessore sarà di un partito. ll M5s si darà un'organizzazione», annuncia Di Maio, «ci saranno 80-90 persone che gestiranno il Movimento in tutta Italia. Abbiamo bisogno di un'organizzazione, di responsabilizzare le persone». In quegli stessi istanti, lo stand dell'Emilia Romagna è affollato di militanti, consiglieri regionali uscenti, deputati. Si ragiona del programma per le elezioni regionali del prossimo 26 gennaio, l'idea di sostenere il governatore uscente, Stefano Bonaccini del Pd, non entusiasma nessuno. Per non parlare di un'altra regione ancora governata dal centrosinistra, la Campania: il presidente della Camera, Roberto Fico, appena mette piede tra gli stand dichiara: «È chiaro che con Vincenzo De Luca non c'è possibilità di alleanza». Niente Bonaccini, niente De Luca, niente di niente: è chiaro che i proclami lasciano il tempo che trovano, ma è altrettanto evidente che Pd e M5s non riescono a mescolarsi, sono due addendi di un'addizione nella quale la somma non fa il totale.Altro elemento di grande fibrillazione sono le defezioni eccellenti: le ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi a Napoli, come annunciato, non ci sono, e le assenze stavolta si notano più delle presenze. «Le persone che dissentono», commenta Davide Casaleggio, presidente dell'associazione Rousseau, «ci sono sempre state, fin dal 2005, quando siamo partiti ancor prima del Movimento. Ci sono tante opinioni diverse, l'importante è riuscire a fare sintesi. La Grillo e la Lezzi secondo me hanno sbagliato», aggiunge Casaleggio, «avrebbero dovuto partecipare a questa grande festa». Beppe Grillo, Luigi Di Maio (con la fidanzata Virginia Saba), Davide Casaleggio, il ministro dell'Ambiente Sergio Costa e la senatrice Patty L'Abbate pranzano insieme al teorico della Blue Economy, Gunter Paul, poi raggiungono la Mostra d'Oltremare: all'ingresso i lavoratori della Whirlpool protestano perché non li lasciano entrare, la tensione sale finché il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, incontra una delegazione.Intorno alle 17.30 arrivano Grillo e Di Maio, gli attivisti li circondano, scatta la caccia al selfie. Alle 18.40, quando arriva Giuseppe Conte, si capisce che ormai è lui la vera star del M5s: scattano applausi, foto, strette di mano, insulti ai giornalisti, insomma il classico repertorio che accompagna le uscite pubbliche dei big. «Sarà un compleanno bellissimo», dice Conte, facendo immediatamente ripensare a quel proclama, «il 2019 sarà un anno bellissimo», che poi ha dovuto lui stesso ridimensionare a «semplice battuta».Alle 20 Di Maio sale sul palco e subito viene interrotto da un gruppo di manifestanti anti Erdogan. «Lunedì al consiglio Ue dei ministri degli Esteri», annuncia, «come governo chiederemo che tutta l'Europa blocchi la vendita di armi alla Turchia. Basta armi alla Turchia, lo diciamo a tutta Europa». Rivendica il reddito di cittadinanza, il taglio dei parlamentari: «E la forza del popolo», sottolinea Di Maio, «che vede il M5s al governo da 16 mesi e abbiamo tagliato i vitalizi, tagliato i parlamentari: ci provavano da 40 anni ma non c'era una forza in parlamento che aveva dei parlamentari disposti a tagliare sé stessi. Non dico che tutti i problemi sono risolti, ma questi 10 anni hanno cambiato per sempre la politica del Paese». Sventola il libretto giallo, quello «con le cose fatte e quelle da fare», Luigi Di Maio. «In 14 mesi ci sono le promesse ai cittadini da mantenere. Ora siamo in un altro governo e abbiamo tre anni per diventare la forza politica che ha realizzato tutto il programma con cui si è presentata agli elettori nel 2018. Di Maio conclude l'intervento e introduce il premier, Giuseppe Conte. I due vengono intervistati sul palco. Conte dice subito che «l'Europa non accetta ricatti sui migranti» dalla Turchia. Poi, sul Russiagate, attacca: «Stiamo parlando di servizi di intelligence e io riferisco nella sede deputata, si chiama Copasir. Un attimo dopo mi sentirò più libero», dice Conte, «di spazzare via una serie di fesserie che sono state scritte».
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.





