Marcello Mancini
(Castelfiorentino, Firenze, 1956). Ha diretto La Nazione, dopo esserne stato capocronista e vicedirettore. Per il quotidiano fiorentino ha seguito l'ascesa di Matteo Renzi da presidente della Provincia a premier. Caporedattore dell'edizione toscana del Giornale dal 1998 al 2000. Opinionista radiofonico e televisivo. Autore di libri su storia di Firenze, politica, calcio e cattolicesimo del Novecento. Di prossima uscita Il parroco cardinale, biografia dell'arcivescovo Silvano Piovanelli.

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Può un’attività abusiva nascere impunemente sotto gli occhi di chi dovrebbe controllare che le norme pubbliche siano rispettate? A Firenze si può. Questo e altro. Tutti fanno quello che vogliono nonostante i divieti, costruiscono dove gli pare e come gli pare, salvo che il Comune si svegli quando tutto è già successo, solo perché sollecitato dall’opinione pubblica, e risponda candidamente «verificheremo… puniremo chi non è in regola». O, come è accaduto in qualche caso, «non sapevo». Oppure, addirittura : «L’ho visto passando…».
Superata, ma non ancora chiarita la famosa vicenda del «Cubo nero», esibizione edilizia di modernismo spuntata senza che nessuno battesse ciglio fra i palazzi di un quartiere ottocentesco al posto del vecchio Teatro del Maggio, ecco un’altra perla. È lo strano caso di un hotel di lusso, che ha preso forma a sorpresa nell’ex Convitto di piazza della Calza, nel cuore dell’Oltrarno, il quartiere più cool del mondo secondo Lonely Planet, in un superbo monastero trecentesco a ridosso delle antiche mura di Porta Romana. Indovinate dove? Proprio di fronte a un distaccamento dei vigili urbani, a nessuno dei quali è venuto di mente di andare a controllare che cosa stessero combinando nel vecchio Convitto della Curia. Oltretutto parliamo di una zona dove è proibito allargare anche una finestra. Ma il problema, ovviamente, non è questo. È che il super albergo non doveva essere nemmeno un albergo, essendo la destinazione d’uso esclusivamente direzionale: ossia un centro benessere con annessa foresteria a disposizione soltanto di chi utilizza i servizi, e stop. Qui, prima c’era l’ex convitto della Calza, e l’immobile era di proprietà della Diocesi di Firenze, che l’ha ceduto alla società fiorentina Domus Rex, già proprietaria dell’hotel Horto Convento, che si trova sul viale Ariosto, all’interno di un antico monastero del XII secolo. Il dettaglio non è marginale, perché l’hotel nel mirino - come ha scritto ieri il Corriere Fiorentino - utilizza lo stesso Cin dell’altro resort, certificandone di fatto l’attività ricettiva. Cioè quella proibita.
Nell’ex Convitto della Calza non sarebbe consentita alcuna forma di destinazione alberghiera per turisti, né un ristorante o attività di somministrazione. Risulta invece che ci sia un bar, il ristorante e le camere siano tranquillamente prenotabili su Booking, indipendentemente dal Centro benessere, a partire dalla modica cifra di 300 euro a notte. E dove c’erano frati e suore, ora ci sono solo turisti, anche piuttosto facoltosi. Quindi la prescrizione del Comune è stata ribaltata, e quella di affittacamere è diventata l’attività primaria, aperta qualche settimana fa, ancora prima dell’inaugurazione ufficiale.
La Polizia Municipale, dirimpettaia appunto dell’ex Convitto, sta effettuando le verifiche su richiesta di Palazzo Vecchio. Sono già state riscontrate irregolarità e pare che non sia autorizzata neanche l’insegna che, comportando una variazione della facciata, dovrebbe interessare la Sovrintendenza.
Siamo di fronte, quindi, a una serie di divieti ignorati. Il sindaco Sara Funaro, promette «controlli accurati e interventi fermi in caso di irregolarità». Ma per sette mesi il Comune da quale parte guardava? Il presidente della Commissione controllo di Palazzo Vecchio, Paolo Bambagioni, della Lista Eike Schmidt si chiede, appunto, «perché solo ora: non prima o durante i lavori. L’amministrazione insegue i privati o li guida? Decide il pubblico o gli investitori?». Cecilia Del Re, capogruppo di Firenze Democratica, ha ricordato che «già ad aprile chiedevamo notizie sui ponteggi, e la giunta rispondeva di “averli visti passando”».
Inevitabile che ne discutesse anche il consiglio comunale, che si è occupato di questo pasticcio dai risvolti politici. Perché tra le pieghe sono riemerse polemiche che hanno tirato in ballo proprio la società Domus Rex, guidata dall’amministratore unico Riccardo Acquari, che ha versato 4.950 euro per la campagna elettorale di Sara Funaro, come ha rivelato La Nazione nell’aprile scorso. Finanziamento perfettamente legale, riconosce pure l’opposizione, ma «siccome il problema era già stato sollevato ad aprile, alla luce di quanto accaduto, appare quantomeno inopportuno».
Il punto, comunque, resta un controllo molto vago. Con questo clima, è preoccupante sapere che si sta ridisegnando Firenze, praticamente senza rete. Ex caserme, ex conventi, ex teatri, palazzi che hanno ospitato aziende di Stato, sono nelle mani di investitori con pochi scrupoli e un’amministrazione pubblica troppo distratta. Intervenire, come è capitato nel caso del Cubo nero, dopo che la trasformazione, spesso «creativa», è già avvenuta, denuncia l’assenza di una programmazione. Passi per i cosiddetti «studentati», insediamenti di lusso con ristoranti piscine e attività ricreative, colate di cemento sui viali che circondano la città e destinati a turisti facoltosi, altro che studenti: ormai Firenze li ha subiti. Ma ora anche basta.
Se diamo un’occhiata a tutte le aree dismesse e trasformate negli ultimi 20 anni, si capisce l’opportunità sprecata da chi ha governato Firenze dal Duemila a oggi. Si contano più di 30 interventi sul corpo della città, lungo i viali ottocenteschi e nei quartieri aristocratici: beni venduti da enti pubblici, grandi officine dismesse delle Ferrovie, il complesso dell’ex Ospedale militare, ex cliniche, sedi di banche importanti come la Cassa di Risparmio, ville ai confini del centro storico. Mai c’era stata una possibilità di queste dimensioni per disegnare la Firenze del nuovo secolo: poteva essere una rivoluzione urbanistica senza precedenti e anche l’occasione per creare alloggi a prezzi bassi. Certo ci voleva un’idea chiara e organica di città e non una navigazione a vista, che ha avuto come obiettivo principale soprattutto quello di fare cassa e consegnare il patrimonio dell’Unesco a una gigantesca operazione economico immobiliaristica, che non ha niente a che vedere con la cultura e con le nuove frontiere dell’architettura. Tutto questo con il benestare del Comune e della Soprintendenza, che non ha battuto ciglio, mentre spesso interviene anche su piccole modifiche edilizie richieste da semplici cittadini.
Politicamente è un clamoroso scivolone della maggioranza di centrosinistra che guida Palazzo Vecchio. Che è rimasta disorientata dalla sollevazione popolare dei fiorentini che, per la prima volta, hanno scoperto di essere d’accordo fra loro e si sono rivoltati contro l’obbrobrio dell’ormai celebre cubo nero, cioè quel cazzotto in un occhio che è sorto sulle ceneri del vecchio Teatro comunale. La maggioranza di Palazzo Vecchio prima si è rifugiata nell’arroganza per confondere con spiegazioni imbarazzate, poi ha cercato di giustificarsi con il rispetto delle regole urbanistiche vigenti e ieri, che avrebbe avuto l’occasione pubblica di rispondere sull’argomento nella prima riunione del Consiglio comunale dopo l’estate, si è rifiutata di parlarne. Provocando l’uscita dall’aula per protesta di tutto il centrodestra, guidato dall’ex sovrintendente degli Uffizi, Eike Schmidt.
Il cubo nero non è solo il cubo nero, è l’ultimo capitolo di una svendita della città a chi si è presentato con i soldi e con il desiderio di fare business. Che di per sé non sarebbe un peccato, ma questa smania va ricondotta dentro scelte coerenti indicate dall’amministrazione pubblica, che ha il dovere di vigilare sulla speculazione e rispondere alla necessità di creare alloggi per chi è senza casa e ha pochi soldi. Invece il Comune è andato nella direzione opposta a quella che sostiene da anni, specialmente dopo il Covid: e cioè la promessa di riportare la residenza nel centro storico per renderlo vivo e riconsegnare ai fiorentini un luogo abitabile, di socialità e aggregazione.
Dario Nardella, quando era sindaco, ha dichiarato guerra agli affitti brevi che sottraggono abitazioni ai residenti per destinarle ai turisti. Ma allora perché - come ha denunciato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa - lo stesso Comune, in cambio di poco più di 2 milioni di euro, avrebbe rinunciato al 20 per cento di case a canone sociale proprio all’interno dell’obbrobrio che è venuto su al posto del Teatro comunale, destinato poi a suite super lusso per turisti ricchi? La Nazione ha rivelato che un appartamento di 42 mq in affitto, costerà 3.500 euro al mese. Non proprio un equo canone. Dalla collina di San Miniato che domina Firenze, dove sono sepolti i grandi fiorentini, l’abate Bernardo Gianni ha tuonato: «La città è stata svenduta a pochi eletti. Così hanno attratto clientele internazionali, allontanando residenti e funzioni». Padre Bernardo confida che la reazione sdegnata dei fiorentini verso il bussolotto nero sui tetti, sia il risveglio di una coscienza lapiriana, perché qui si sono dimenticati che Firenze «è una città universitaria, con carenze di alloggi per studenti e famiglie, e con liste di attesa lunghissime per le case comunali».
Se la maggioranza che governa Palazzo Vecchio butta la palla in calcio d’angolo per non affrontare il dilemma, una risposta bisogna pur darla. Nell’attesa che si concluda il lavoro della magistratura, che sull’onda della sollevazione internazionale ha aperto un’inchiesta, qui ci si chiede che cosa succederà. Finito il tempo dello scaricabarile, una decisione andrà pur presa. Il sindaco, Sara Funaro, si è messa l’animo in pace dicendo che se è tutto in regola non c’è motivo di discutere, e in quanto all’estetica, a lei l’aspetto non interessa; l’ex sindaco Dario Nardella ha rivendicato che lui il progetto non l’avrebbe approvato, ma si è dimenticato di essere stato per dieci anni al governo della città; l’ex sindaco ed ex amico di Nardella, Matteo Renzi, ha accusato Dario di essere caduto dalle nuvole e che non si fa così, perché doveva essere lui a controllare i lavori. Il Soprintendente, dice che non ricorda di aver firmato un obbrobrio del genere: ne consegue che quando ha visto il progetto, non doveva essere così brutto.
Stando così le cose si capisce perché Firenze sia in queste condizioni, senza capo né coda, una città dove tutto può succedere. Anche di svegliarsi una mattina con un altro fungo nero sulla testa, che spunta fra i palazzi beige dell’Ottocento, e nessuno se n’è accorto.
Nella città famosa per le divisioni e le liti, non s’è sentita una voce fuori dal coro di condanna per il cubo nero e bianco di Firenze. Incredibile: quel bussolotto che spunta fra i palazzi ottocenteschi, disegnando un nuovo, orribile skyline, questa volta ha messo d’accordo i fiorentini. Com’è potuto accadere? La Procura ora ha raccolto la sollevazione popolare che è nata da una nostra denuncia sui social e sulla Verità e ha aperto un’inchiesta senza indagati. Un fascicolo esplorativo per verificare che, nel corso della realizzazione dell’opera, non siano state compiute violazioni edilizie. Oggi la chiamano «rigenerazione urbana», prima si definiva «speculazione». Firenze è stata travolta da questa tendenza choc. Non è innovazione. E non c’è alcun nobile confronto estetico fra il moderno e l’antico. Una parte di quel mostro che è sorto al posto del vecchio Teatro comunale, demolito per far posto ad alloggi di lusso, è semplicemente brutto. E non si capisce chi abbia dato i permessi. Questo pugno negli occhi che in una settimana, cioè da quando è partito il nostro allarme («Possibile che nessuno se ne sia accorto»?), ha risvegliato migliaia i cittadini. Anche perché prolunga l’invasione del cemento colato addosso a una città che si vanta, giustamente, di essere patrimonio dell’umanità. E che oggi è disseminata di sfregi, come gli Student hotel: si chiamano così ma in realtà ospitano turisti e lavoratori, anche perché gli studenti veri non potrebbero permettersi locazioni così alte. Morale: Firenze è in svendita, ceduta al migliore offerente, e il potere politico, senza un’idea coerente di città, ha abdicato il governo a urbanisti troppo fantasiosi e immobiliaristi molto pratici.
Infatti il cubo nero ha lasciato quasi indifferente l’amministrazione comunale, e la Soprintendenza è caduta dalle nuvole. L’ex soprintendente, in carica al tempo dei fatti, non ricorda: fra le migliaia di atti firmati, c’era anche questo, ma vai a sapere… Palazzo Vecchio è intervenuto solo perché tirato per i capelli: «Le regole sono state rispettate, dunque che avete da ridire?». Magari le regole sono state rispettate, ma forse, se il risultato è questo, si può sospettare che siano sbagliate le regole: no? Il sindaco non ha molto da aggiungere. Sara Funaro ha detto di non giudicare l’estetica. E ha buttato la palla in calcio d’angolo, promettendo che per i progetti del futuro «bisognerà coinvolgere di più i cittadini». Alla buon’ora. Il sindaco, tuttavia, all’estetica della sua città dovrebbe prestare maggiore attenzione. Anche per motivi, diciamo così, «ereditari». Piero Bargellini, il sindaco dell’alluvione, uno dei più amati e celebrati dai fiorentini, e anche, per l’appunto, illustre nonno di Sara Funaro, oltre 50 anni fa istituì il Comitato per l’estetica cittadina, facendone un cavallo di battaglia, prima come assessore alla Cultura di Giorgio La Pira e poi come primo cittadino. Difensore strenuo della città, Bargellini ammonì: «I problemi di Firenze sono di valore universale». Capito?
Però, ora che la frittata è fatta, bisogna vedere se ci sono rimedi. L’opposizione di Palazzo Vecchio, che fa capo all’ex direttore degli Uffizi, Eike Schmidt - cioè uno del ramo - ha lanciato una raccolta di firme per «cambiare colore al cubo bianconero». Come? «Togliendo il nero e ripristinando il tono dorato e luminoso dell’idea iniziale presentata nel 2022». Possibile?
Il dibattito continua. Ma aspettando il lavoro della Procura, d’ora in avanti i fiorentini sono avvertiti: quando sentiranno parlare di «rigenerazione urbana», terranno gli occhi ben aperti.




