2021-08-09
Harvey Risch e Joseph Ladapo: «I dati sottostimano i danni da vaccini»
Harvey Risch e Joseph Ladapo
I due scienziati, che sul «Wall Street Journal» avevano lanciato l'allarme: «Il Cdc Usa è riluttante a registrare gli eventi avversi gravi dei farmaci anti Covid. Vanno inoculati solo ai fragili. E occhio agli effetti sulle varianti...».Il 22 giugno scorso, sul Wall Street Journal, era comparso un articolo: «I vaccini anti Covid sono più rischiosi di quanto finora pubblicizzato?». Lo avevano scritto Joseph A. Ladapo, fisico ed esperto di politiche sanitarie, professore associato alla David Geffen school of medicine di Los Angeles, e Harvey A. Risch, professore di epidemiologia a Yale. Poco dopo, questo pezzo dirompente era stato tradotto e ripubblicato da MF-Milano Finanza. Il testo era un durissimo atto d'accusa nei confronti di un dibattito scientifico politicizzato, in cui «idee impopolari» sono state «ridicolizzate» e poi, magari, rivalutate dal mainstream per puro opportunismo (è il caso della lab leak theory, l'ipotesi per cui il Covid sarebbe «sfuggito» dal laboratorio di Wuhan). Ma gli studiosi lanciavano anche seri allarmi sulla possibile sottovalutazione degli effetti collaterali dei vaccini. Li abbiamo raggiunti per approfondire i delicatissimi temi da loro sollevati sul quotidiano americano. Professori Ladapo e Risch, nel pezzo uscito sul Wsj, voi osservate che «differenze d'opinione» e «preoccupazioni» sui potenziali rischi della vaccinazione di massa sono state relegate alla «periferia del pensiero scientifico», per ragioni essenzialmente politiche. Com'è potuto accadere?«Viviamo in un'era di ipnosi di massa, provocata da un'imponente corruzione mediatica sia nei canali mainstream, sia in quelli medici».Alina Chan, una delle scienziate che aveva siglato una lettera per invocare indagini sulle responsabilità cinesi nell'eventuale fuga del coronavirus dal laboratorio di Wuhan, ha ammesso che, prima che arrivasse Joe Biden alla Casa Bianca, gli esperti avevano ridicolizzato quest'ipotesi per timore di essere «associati a Donald Trump». È una giustificazione accettabile?«Certo che no. Ogni affermazione su un fatto scientifico deve essere basata, appunto, sulla scienza. Non su chi potrebbe trarne beneficio».Per quale motivo affermate che i rischi connessi ai vaccini anti Covid potrebbero essere stati «pubblicizzati» meno del necessario?«In America, il Cdc è stato riluttante ad attribuire granché, nel Vaers (il Sistema di relazione sugli eventi avversi, ndr) ai vaccini. Eppure, ci sono numeri consistenti di eventi avversi e decessi finanche entro i primi due-tre giorni dalla vaccinazione».Addirittura?«E queste sono, per lo più, significative sottovalutazioni dei numeri reali. Il Cdc aveva anche assicurato, nei documenti relativi ai vertici di ottobre, che avrebbe utilizzato molteplici database di registri medici per individuare segnali di eventi avversi».E cos'è accaduto?«Otto mesi dopo, non ha ancora pubblicato alcun dato ai fini di una maggiore trasparenza nei confronti del pubblico».Voi temete che i rischi possano essere sottovalutati soprattutto per quanto riguarda i giovani, i bambini e i guariti. Quali eventi avversi vi preoccupano, in particolare?«I principali sono sindromi da coagulo o emorragia, sindromi neurologiche e sindromi infiammatorie, come le miocarditi e le pericarditi».È possibile che i vaccini abbiano effetti imprevisti sul lungo periodo? «L'assenza di dati non equivale al possesso di dati sull'assenza di un qualcosa. Dunque sì, questa è una preoccupazione. E per via di questa preoccupazione, vìola tutti i principi dell'etica medica rendere obbligatorio l'uso di questi vaccini in assenza di un vero consenso informato e di una vera libertà di scelta».In generale, c'è il pericolo che emergano nuovi, rilevanti effetti collaterali, sul lungo periodo?«Semplicemente non lo sappiamo. C'è una lieve evidenza, nel Regno Unito, di una mortalità da Covid più alta tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, ma c'è bisogno di più dati e di analisi simili altrove, perché si possa ottenere una maggiore comprensione dei fatti».Ed esiste la possibilità che, con la vaccinazione di massa, emergano nuove varianti più resistenti? Insomma, che si crei una pressione evolutiva sul virus, tale da far emerge varianti più resistenti al vaccino stesso?«È corretto. Le persone non si rendono conto che ogni persona che s'infetta, sia essa vaccinata o meno, crea centinaia di migliaia di particelle di virus mutanti».Perché accade questo?«Perché l'enzima che replica il virus a Rna commette un errore sul nuovo Rna a circa tre volte la lunghezza del filamento del virus. Per cui, con milioni di virus replicati in ogni soggetto, c'è un enorme carico di mutazioni».E quindi?«La maggior parte di queste mutazioni non riesce a infettare altre persone, ma alcune, che hanno una maggiore capacità, lo fanno. E ciò succede sia nel caso di vaccinati che di non vaccinati: perciò, non è possibile prendersela con nessuno».Professor Risch, raccomanderebbe la vaccinazione ai giovani tra 18 e 30 anni e ai minori tra 12 e 17? «Siamo fortemente contrari all'idea che si sottoponga a vaccinazione chiunque, a meno che costui non rischi a tal punto dal Covid da rendere meno rischioso il vaccino stesso».E allora?«Per i bambini e i giovani, ciò significa niente vaccinazioni, a meno che il soggetto non sia un obeso, un diabetico, un cardiopatico, eccetera. Condizioni che espongono quella persona a un elevato rischio». Chiaro. È l'orientamento dell'autorità vaccinale tedesca.«Peraltro, ora sappiamo anche che i vaccinati possono avere elevata carica virale nel naso e possono diffondere il virus in modo pressoché analogo ai non vaccinati. In più, i bambini raramente trasmettono il virus agli insegnanti e allo staff delle scuole: in genere, accade il contrario. E negli Stati Uniti non ci sono state morti per Covid tra i bambini senza pregresse condizioni di rischio. I bimbi contraggono quasi esclusivamente lievi infezioni - naso che cola, febbre, mal di testa, stanchezza. E di solito i sintomi spariscono da sé in due-tre giorni».E la sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica?«Quando si manifesta - raramente - è altamente curabile. Non è un motivo per vaccinarsi. L'unica motivazione nel caso dei bambini è se sono davvero ad alto rischio, come gli obesi, i diabetici, eccetera. Altrimenti, niente vaccino, niente mascherina, niente distanziamento a scuola».Addirittura?«La Svezia l'ha fatto per tutto l'ultimo anno. E ha funzionato».Si può dire, almeno, che bimbi, giovani e guariti dal Covid debbano vaccinarsi nelle fasi dell'epidemia in cui aumenta la circolazione virale? Nel pieno delle cosiddette «ondate»?«I bambini sani, i giovani e i guariti non hanno bisogno di vaccinarsi nemmeno nel mezzo di una grande ondata. E abbiamo i nostri dubbi sul fatto che ne ce ne saranno altre, una volta superata quella della Delta. Ma questo lo vedremo».Sul Wsj avete scritto che «non un singolo studio pubblicato ha dimostrato che i pazienti precedentemente infettati traggano beneficio dalla vaccinazione anti Covid». In Italia, però, ai guariti si consiglia comunque una dose entro un anno dalla guarigione.«Sbagliato. Scientificamente sbagliato. Eticamente sbagliato. Solo perché uno studio in laboratorio mostra livelli più alti di anticorpi nel sangue nei guariti che si vaccinano, ciò non vuol dire che costoro siano in qualche modo più immuni».No?«Il sistema immunitario non funziona con anticorpi che circolano continuamente, in attesa di virus e batteri. Altrimenti, visto quello cui sono esposti gli umani, avrebbero il sangue completamente ostruito. Le cellule immunitarie vengono immagazzinate, pronte a produrre anticorpi se necessario. Le persone sono ancora immuni in questo modo. I livelli di anticorpi nel sangue non hanno una forte correlazione con il grado d'immunità. Bisogna sapere quanto tempo è passato dall'infezione, eccetera».Avete menzionato uno studio norvegese sul possibile ruolo della vaccinazione nella morte di dieci residenti in una Rsa. Gli effetti collaterali del vaccino possono essere più facilmente fatali nei fragili?«È possibile che i fragili abbiano più difficoltà nel gestire le reazioni all'iniezione. I vaccini non sono stati studiati così a fondo negli over 80».