2025-08-19
Hamas, sì alla tregua liberando gli ostaggi. Ma il ministro di Bibi: «No intese parziali»
Tank israeliani al confine settentrionale di Gaza (Getty Images)
Gli islamisti accettano la proposta di Egitto e Qatar per cessare le ostilità nella Striscia. Netanyahu: «Ora sono sotto pressione».Fonti arabe ascoltate dalla Reuters hanno riferito che Hamas ha accettato la nuova proposta avanzata da Egitto e Qatar nel quadro degli sforzi diplomatici per fermare il conflitto nella Striscia di Gaza. La decisione del movimento islamista giunge a poche ore dalle dichiarazioni di Donald Trump, secondo cui una soluzione si sarebbe potuta ottenere solo con un confronto diretto: «Vedremo il ritorno degli ostaggi rimasti solo quando Hamas sarà affrontato e distrutto: prima ciò accadrà, maggiori saranno le possibilità di successo». L’intervento di Trump ha consolidato la linea di Benjamin Netanyahu sulla prosecuzione delle operazioni a Gaza, aumentando al tempo stesso la pressione su Hamas perché accettasse la proposta in discussione. Secondo gli analisti, il messaggio rivolto al movimento palestinese è stato inequivocabile: un eventuale rifiuto avrebbe potuto aprire la strada all’offensiva militare israeliana, mentre per Netanyahu si è tradotto in una sorta di via libera ad agire con fermezza in caso di mancata intesa. Stando alle indiscrezioni, il premier israeliano, mentre scriviamo, è in un costante coordinamento con Trump attraverso il ministro per gli Affari strategici, Ron Dermer e ha così commentato le prime indiscrezioni: «Dalle notizie diffuse dai media emerge un dato chiaro: Hamas si trova sotto una forte pressione». In precedenza, l’emittente al-Arabiya aveva reso noto che la maggior parte delle fazioni palestinesi aveva già dato il proprio assenso alla proposta, mentre Hamas aveva chiesto ulteriore tempo per consultazioni interne. L’iniziativa prevede un rilascio graduale degli ostaggi e un ritiro progressivo di Israele da Gaza, includendo modifiche rispetto alle posizioni iniziali del movimento. Secondo al-Hadat, l’Egitto ha chiesto ad Hamas e alle altre fazioni di restare al Cairo fino al raggiungimento di un’intesa definitiva. La proposta, che combina misure parziali e complessive, sarebbe sostenuta anche da garanzie statunitensi. Il piano prevede il rilascio di dieci ostaggi israeliani ancora vivi e di 18 corpi, l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia attraverso organizzazioni internazionali come la Mezzaluna rossa e le Nazioni Unite, e un cessate il fuoco di sessanta giorni. A quel punto i colloqui per arrivare a una tregua permanente dovrebbero cominciare subito dopo l’entrata in vigore della pausa nelle ostilità. Attenzione però a considerare come definitivo quanto scritto in precedenza perché una fonte politica israeliana ha affermato, in seguito alle notizie secondo cui Hamas avrebbe accettato una proposta di cessate il fuoco che comporterebbe il rilascio di dieci ostaggi ancora in vita, che «la posizione di Israele non è cambiata e che il rilascio di tutti gli ostaggi e il rispetto da parte di Hamas delle altre condizioni stabilite da Israele per porre fine alla guerra rimangono le stesse». Poi il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, ha messo in guardia il premier sostenendo che «non dispone di alcun mandato per un’intesa parziale». In un messaggio diffuso su X, il leader dell’ultradestra ha sottolineato: «L’esecutivo ha una chiara maggioranza e una solida base di sostegno per garantire la liberazione degli ostaggi. Netanyahu, questo non è il momento per tentennare: occorre compiere le scelte giuste per la nazione e per la sicurezza». Ben Gvir, che aveva già abbandonato il governo dopo il primo accordo, ha minacciato di rifarlo. In ogni caso secondo quanto riportato da Channel 12, il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane, Eyal Zamir, ha dato il via libera al piano per l’occupazione di Gaza City, che verrà sottoposto stamattina al ministro della Difesa. Durante i recenti colloqui riservati, Zamir avrebbe precisato che l’evacuazione della popolazione civile dovrebbe protrarsi per un periodo inferiore ai due mesi, al termine del quale scatterebbe l’accerchiamento e la conquista della città. Il generale ha inoltre sottolineato che «si cercherà di limitare al massimo l’impiego delle forze di riserva». Il ministro della Difesa Israel Katz ha rimarcato il valore strategico di Gaza City, spiegando che «l’attenzione su questa area deriva dal suo ruolo di fulcro militare, amministrativo e simbolico. È qui che risiede la leadership dell’organizzazione e dove è ancora concentrata la principale infrastruttura armata di Hamas. La conquista di Gaza City rappresenterà la chiave per determinare la sconfitta del movimento». Parallelamente, emergono nuove rivelazioni sul cosiddetto Qatargate secondo l’emittente pubblica Kan, negli ultimi anni Doha avrebbe versato circa dieci milioni di dollari a funzionari israeliani, inclusi stretti consiglieri di Netanyahu, per migliorare l’immagine del Paese del Golfo. La società Perception Media, guidata dall’ex consulente elettorale Yisrael Einhorn, avrebbe ricevuto 45.000 dollari al mese tra il 2022 e il 2024. Parte dei fondi sarebbe finita a due collaboratori di Netanyahu: Jonatan Urich (18.000 dollari al mese) ed Eli Feldstein (11.000). Entrambi sono al centro dell’indagine per presunti legami con agenti stranieri, corruzione e rapporti opachi con lobbisti, mentre lavoravano ancora per il premier. Una brutta storia che potrebbe riservare ancora amare sorprese.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)