2024-12-30
Franco Introna: «Ho ricostruito il vero volto di “Babbo Natale”»
Il medico legale: «Ho usato la radiografia del cranio di San Nicola di Bari, alla cui figura è ispirato il personaggio di Santa Claus».Accanto alla corposa carrellata di pubblicazioni accademiche e perizie autoptiche, spesso risolutive, dei più aggrovigliati casi di cronaca nera degli ultimi 40 anni, Franco Introna, il più autorevole medico legale italiano, ordinario della disciplina all’Università di Bari, sua città natale, ha condotto anche ricerche non dirette all’identificazione di un killer, ma alla ricostruzione del volto di un santo, san Nicola, patrono del capoluogo pugliese. E, il 6 dicembre 2024, giorno della ricorrenza patronale, è uscito un libro, Bari nel culto di San Nicola (Mario Adda Editore), scritto con Gianvito Chiarello, che è anche un atto di devozione e racconta la complessa vicenda legata al vescovo cristiano nato nel 270 a Pàtara e morto a Myria nel 343, nell’attuale Turchia meridionale, e alla conservazione delle sue spoglie terrene. Nel corso dei secoli, la figura di san Nicola diventò quella di Babbo Natale (o Santa Claus, in olandese san Nicola), l’anziano, con barba candida e slitta trainata da renne, che scende dal cielo, entra nei camini e consegna doni ai fanciulli. Da qui la sua progressiva assimilazione in icona consumistica. Perché ha deciso di pubblicare un libro su san Nicola?«Mi considero l’ultimo “templare” di san Nicola. Mi sono approcciato per la prima volta al santo nel 2005, ricostruendone il volto utilizzando i punti antropometrici rilevati dal prof. Luigi Martino, durante la riesumazione delle spoglie del 1953».Racconti. «La basilica di san Nicola doveva essere ristrutturata a causa delle infiltrazioni d’acqua marina, perché posta a ridosso del mare, con la cripta situata addirittura sotto il livello marino. L’architetto Schettini ne progettò l’impermeabilizzazione delle fondamenta. Pertanto si dovette smontare l’altare della cripta e aprire, per la prima volta dopo 900 anni, il sacello ove riposavano le ossa del santo».Che accadde?«Nessuno aveva idea di cosa ci fosse realmente nella tomba. Le fonti storiche parlavano dell’intero scheletro. Il sacello era protetto da tre enormi lastroni medievali giustapposti. Quando riuscirono a rimuoverli, molti dei prelati presenti svennero per l’emozione. Per la prima volta videro le ossa di san Nicola e il cranio». Pertanto i resti furono analizzati…«La prima ricognizione fu affidata a Luigi Martino, professore di anatomia umana all’Università di Bari che, nel 1957 e, con incredibile lungimiranza, rilevò i parametri antropometrici e craniometrici ed effettuò una radiografia laterale del cranio che rappresenta, allo stato attuale, l’unico dato oggettivo in nostro possesso. Quindi, le ossa furono rimesse a posto e la cosa finì lì».Lei come fu coinvolto per la ricostruzione del volto di san Nicola?«Nel 2005, la Bbc, per un programma, decise di fare una puntata su san Nicola, “The Real Face of Santa Claus”, e chiese di ricostruirne il volto. Con la professoressa Caroline Wilkinson, dell’Università di Manchester, chiedemmo l’autorizzazione ad agire direttamente sul cranio del santo per ricostruirne il volto secondo le tecniche tradizionali della criminalistica, così come oggi si opera su scheletri di soggetti sconosciuti. L’autorizzazione ci fu però negata, in quanto sarebbe stato necessario smontare tutto l’altare della cripta per accedere al cranio. Unica possibilità era utilizzare il lavoro del prof. Martino. Inserimmo quindi i punti craniometrici da lui rilevati in un programma informatico tipo Cad, per ricostruire via software l’immagine tridimensionale del volto».Dal cranio come si arrivò al viso?«Sulla base delle salienze ossee, capimmo lo spessore dei muscoli e così potemmo inserire via software la giusta entità dei tessuti molli del volto, poi il cranio e i muscoli facciali, coperti da uno strato di tessuto cutaneo. Si ottenne così una prima immagine 3d “grezza” del volto del santo, che sovrapponemmo all’unico dato certo: l’Rx laterale del cranio di san Nicola effettuata circa 70 anni prima dal prof. Martino. Combaciavano perfettamente».E il passo successivo? «L’immagine del cranio grezzo fu affidata alla graphic art per la personalizzazione, con inserimento di altre caratteristiche, barba, capelli, colore degli occhi, forma dei padiglioni auricolari, colore della cute, particolari questi che nessuno potrà mai sapere quali in realtà fossero. Unica cosa certa: san Nicola era alto 1,68, aveva una frattura inveterata delle ossa del naso, era prognato e gli mancavano i quattro denti del giudizio e poi, essendo un abitante dell’Asia minore, non poteva che avere una cute olivastra».Ne emersero due immagini con barba. «La barba era segno di saggezza. Abbiamo chiesto alla graphic art di utilizzare sia una barba bianca, curata come nella tradizione greca, sia una un po’ più lunga e meno curata. Si è poi agito sull’aging, modificando le caratteristiche del volto in funzione dell’età».Altri momenti di incontro tra lei e il santo?«Il secondo incontro è avvenuto quando sono stato incaricato di prelevare un frammento osseo dalla tomba del santo, per portarlo in Russia, così come papa Francesco, in un incontro a Cuba, aveva promesso al patriarca di Mosca. In realtà il patriarca Kirill aveva chiesto al Papa di trasferire in Russia “temporaneamente” tutti i resti ossei di san Nicola per esporli alla venerazione dei fedeli russi. Ciò avrebbe implicato smontare una seconda volta l’altare della cripta, il che fu considerato impossibile. Si convenne pertanto di prelevare il frammento osseo più grande possibile attraverso il tunnel, largo 6 centimetri e lungo 60, che attraversa le tre lastre tombali, attraverso il quale, ogni anno, il 9 maggio, si preleva la Santa Manna».Pertanto prelevaste il reperto.«Di notte, d’inverno, con la basilica chiusa e buia e la presenza del Priore di san Nicola e di altri prelati, grazie alla bravura di un collega endoscopista, riuscimmo ad introdurre nella tomba del santo, senza fare danno, un fibroscopio, normalmente utilizzato in laparo-chirurgia, e a prelevare un grosso frammento di costa. Ebbi il compito di notaio. Accompagnai quindi a Mosca la reliquia e mi accertai, al suo rientro che, effettivamente, fosse la stessa costa da noi prelevata mesi prima, per tranquillizzare la popolazione barese che temeva in un non ritorno».Chiesa cattolica, ortodossa e altre confessioni cristiane venerano il santo. «Dopo Gesù e la Madonna, non esiste santo più venerato al mondo. Lo è più di san Giovanni Battista, più dei patriarchi della Chiesa. Ha rischiato più volte la vita a favore della sua gente. Ha contestato aspramente l’imperatore, rischiando sicura morte. È stato un effluvio di donazione, di altruismo. Ha sottratto il grano all’imperatore Costantino per darlo al suo popolo affamato. Ha fornito, anonimamente, la dote a tre fanciulle che, non avendo i soldi per sposarsi, stavano per essere avviate alla prostituzione. Non era l’eremita, il monaco o l’anacoreta. Era un vescovo operativo, fattivo, con il pensiero fisso al sociale, alla giustizia e alla felicità altrui».Fu fatto vescovo pur non avendo ricoperto una carica ecclesiastica. «Come sant’Ambrogio, che da laico fu fatto vescovo, così anche san Nicola fu proclamato vescovo a furor di popolo, senza essere un sacerdote. Tanti sono i punti in comune fra san Nicola e sant’Ambrogio. Entrambi combatterono strenuamente l’arianesimo». Altre azioni memorabili e miracoli?«La restituzione via etere di Adeodato ai genitori, rapito dal sultano di Bagara che lo teneva in schiavitù come coppiere, la rivitalizzazione dei corpi di tre fanciulli maciullati da un oste per poterne utilizzare le carni come cibo per gli avventori, il salvataggio di naufraghi dalle tempeste. Essendo anche un santo mannigeno, dalle cui ossa trasuda un liquido noto come Santa Manna, è anche portatore di soldi». Perché le spoglie di san Nicola sono finite a Bari?«Bari non è mai stata terra di santi o beati. Tutto il traffico delle crociate passava da Trani e Monopoli, perché Bari non aveva un porto. Circa nel 1090, fu deciso di trafugare le ossa di san Nicola per deviare il traffico delle crociate e ridare ossigeno alla popolazione barese. Due imbarcazioni con equipaggio armato, attraverso il porto di Andriake, raggiunsero la chiesa ove era sepolto e prelevarono le ossa per portarle a Bari». Una lunga storia, direbbe Günter Grass. Poi, nel corso dei secoli, san Nicola diventò Babbo Natale… «San Nicola è simbolo di donazione e altruismo. In Italia, come a Trieste, a Molfetta e in tante altre città, nella festa del santo, ai bambini “buoni” veniva dato un dono, e così anche nella società russa e mitteleuropea. Un frutto, una mela, un giocattolino. Nel libro abbiamo raccontato, attraverso le cartoline e i santini, l’evoluzione dell’immagine dal vescovo Nicola a Babbo Natale. In quelli antichi si vede san Nicola con la tiara e i paramenti bianchi da vescovo, su un asinello, mentre porta i doni ai bambini. Poi la mitra bianca diventa rossa, poi un copricapo più corto, fino alla triste immagine del Babbo Natale avvinazzato dei nostri giorni. Oggi i bambini non sanno che il loro Babbo Natale è il nostro san Nicola».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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