2022-08-29
La Ferrari cinese che piace a Prodi è su una pista che porta alle Cayman
La supercar S9. Nel riquadro, Romano Prodi (Getty Images)
La Sec americana indaga su una ditta che ha investito nei Caraibi 15 milioni destinati alla Silk (e mai arrivati). Oltre all’assenza dello stabilimento, è giallo sulla lettera di un manager asiatico indirizzata a Bonaccini. Ogni giorno, nella vicenda dei bolidi «Bandiera rossa» (questo il nome) che dovrebbero essere costruiti a Reggio Emilia da una società sino-statunitense, emerge qualche nuova magagna. Anche se la politica non sembra curarsene troppo. Persino il nome è un piccolo mistero. Per esempio, la Silk-Faw automotive group Italy Srl, quella che, a partire dal 2023, dovrebbe costruire le supercar elettriche, il 23 maggio 2022, è stata ribattezzata Silk sports car company Srl. Stesso destino per la controllante irlandese. Il tutto nel giro di cinque giorni. Insomma da tre mesi il marchio cinese Faw è sparito dalle ragioni sociali. Dentro all’azienda la scusa è che Faw era un brand troppo cheap, ma il timore è che ci sia un disimpegno della componente asiatica della joint venture. Tanto che qualcuno è arrivato a pensare che la lettera che ., supposto rappresentante cinese del gruppo, inviata a luglio ai vertici dalla Regione e redatta su carta non intestata, possa essere un clamoroso apocrifo. Anche perché Chongtian Li viene indicato come «board member» di una non meglio indentificata azienda. Resterebbe in pista solo il chiacchierato finanziere Jonathan Adam Krane, cinquantatreenne originario del Connecticut, che si affaccia per la prima volta nel mondo della auto di lusso. Siamo di fronte a un vero progetto internazionale da 1 miliardo di euro o a una riedizione dei Soliti ignoti? Quello che sappiamo è che da quando ha lanciato la sua impresa non è ancora riuscito a formalizzare l’acquisto dei terreni su cui dovrebbe sorgere la fabbrica. Ma non mancano solo quei 30 milioni di euro all’appello.Le grane arrivano anche dagli Stati uniti d’America. Qui la Securities and exchange commission (Sec), l’equivalente della nostra Consob, ha avviato una sorta di procedura di infrazione contro un’azienda produttrice di veicoli elettrici, la Ideanomics, per la mancata conformità di una parte della documentazione societaria, che la ditta si è impegnata a sanare entro settembre. In una nota della Sec si legge che la Ideanomics avrebbe prestato 15 milioni di dollari alla Silk Ev Cayman, una delle scatole cinesi collegate alla Silk italiana. Tale denaro sarebbe dovuto servire «alla costituzione e alle operazioni commerciali di Silk-Faw automotive group limited e/o di alcune delle sue affiliate». In un altro documento si fa espresso riferimento al nostro paese: «Silk Ev è una società di servizi di progettazione e ingegneria automobilistica statunitense/italiana, impegnata principalmente nella progettazione, sviluppo e servizi di produzione per auto premium, di lusso e hypercar completamente elettriche. Ideanomics ha ricevuto le consuete dichiarazioni e garanzie da Silk Ev». Si tratterebbe di una sorta di cambiale che Silk Faw avrebbe dovuto onorare dopo un anno, il 28 gennaio 2022, pagando il 6 per cento di interessi. Sui siti statunitensi che monitorano le società quotate si trova traccia di un’azione legale intrapresa nell’aprile scorso da Ideanomics contro Silk Ev Cayman Lp davanti alla Corte suprema dello Stato di New York. La società americana chiedeva alla Silk Ev 16 milioni di dollari, poco di più del capitale prestato e degli interessi concordati.Va detto che, negli Stati Uniti, anche la reputazione di Ideanomics è controversa. Fondata nel 2004 come China Broadband Inc, dall’ex lottatore di wrestling Shane McMahon, prende l’attuale denominazione nel 2017, quando nella compagine entra il cinese Wu Zheng, detto Bruno Wu. Questi è citato su Internet per aver provato a lanciare un hub tecnologico da 400 milioni di dollari, mai inaugurato, nella città natale di Krane. A sua volta il manager a stelle e strisce ha fondato in Cina una società attiva nel settore dei media, lo stesso da cui proveniva Wu. Solo coincidenze o tracce di un sodalizio finito in tribunale? Oggi Krane è presidente della Silk sports car, fondata nel dicembre 2020. Nel primo e unico bilancio depositato, dichiarava un capitale sociale di 10.000 euro, dato confermato anche dal verbale dell’assemblea dei soci del 30 settembre 2021. Ma dallo statuto della società depositato alla Camera di commercio l’8 ottobre emerge una cifra totalmente diversa: 18,5 milioni di euro. Dalla visura digitale il capitale oggi risulta ancora più alto: 26,66 milioni di euro. Ci sono dentro anche i soldi che il wrestler ha chiesto indietro alla Silk caraibica un mese prima del cambio di nome della Silk italiana e di quella irlandese? Chissà.I problemi comunque non mancano neanche in Italia. Nei giorni scorsi 17 impiegati hanno chiesto la messa in mora della società per il mancato pagamento di tre mensilità di stipendi. Persino uno dei top manager, Carlo Della Casa, a quanto ci risulta si sarebbe rivolto anche a uno studio legale per ricevere i propri emolumenti arretrati. L’amministratore delegato Giovanni Lamorte ha lanciato un grido disperato, spiegando ai creditori che un’azione giudiziaria porterebbe al «fallimento della società». L’ad ha fatto riferimento ad altri «debiti prioritari rispetto agli stipendi». Un dipendente ci ha parlato di 30 milioni di buffi nei confronti dei fornitori. Sarebbe in ritardo anche il bonifico da 10.000 euro, con scadenza il 10 agosto, per la locazione degli uffici di rappresentanza subaffittati da una società comunale. Dunque la Silk, dopo aver annunciato un investimento miliardario non sarebbe in grado di affrontare le spese correnti. La Procura ha aperto un fascicolo esplorativo, delegando le indagini alla Guardia di finanza, dopo aver ricevuto un esposto da parte del deputato di Fratelli d’Italia Gianluca Vinci. Quel che sappiamo è che la società sta cercando investitori ovunque. Ha ricevuto la promessa dalla parte della Regione Emilia Romagna di un finanziamento di 4,5 milioni di euro. Poi ha presentato un’istanza di accordo di sviluppo nell’ambito dello sportello M1C2 del Pnrr (contratti di sviluppo per la competitività e resilienza delle filiere). La domanda è in fase istruttoria presso l’ufficio startup di Invitalia. A quanto risulta alla Verità i dirigenti avrebbero avuto importanti interlocuzioni istituzionali e avrebbero usato come leva di promozione le prospettive occupazionali nell’area di Reggio Emilia e gli impegni presi nell’ambito della ricerca con alcune università italiane. E in questa spasmodica caccia all’accreditamento hanno potuto contare su uno sponsor d’eccezione come l’ex premier di Romano Prodi. Nel frattempo anche il Comune di Reggio Emilia si è molto esposto cancellando con un accordo di programma gli oneri milionari di urbanizzazione normalmente dovuti da chi realizza uno stabilimento del genere. I rappresentanti locali del Movimento 5 stelle Paola Soragni e Giancarlo Setti hanno anche scoperto che la partecipata Società per la trasformazione urbana Reggiane Spa, il 9 giugno 2021, ha siglato un contratto di locazione del valore di 20.000 euro più Iva per un ufficio di 200 metri quadrati con la Ghg holding presieduta dall’ex assessore Graziano Grasselli, locali che il giorno dopo sono stati subaffittati alla Silk-Faw.L’azienda automobilistica paga 34.000 euro l’anno più Iva per 413 metri quadrati (i 200 della Ghg più 213 della Stu), in pratica 17 mila euro ogni 200 metri. «Dunque la Stu Reggiane Spa incassa in proporzione un canone inferiore rispetto a quello che la stessa versa a Ghg» rilevano i grillini che hanno chiesto chiarimenti nelle commissioni comunali interessate alla questione. Ma se le istituzioni, forse persuase dall’entusiasmo del reggiano Prodi, hanno srotolato tappeti rossi, i top manager della Silk-Faw sono quasi tutti scappati.Chi è rimasto nella governance sta cercando disperatamente soldi in giro. Magari sfruttando l’endorsement delle autorità italiane. Aperture di credito potenzialmente utili, per esempio, per convincere, qualche capiente fondo straniero a partecipare all’impresa. A maggio avevamo anticipato che Krane aveva individuato come nuovo socio il Fondo sovrano Kia (Kuwait investment authority) che avrebbe dovuto versare circa 60 milioni di euro (a cui sarebbero dovuti seguire altri 50) per consentire a Krane di onorare gli impegni finanziari presi.Kia avrebbe dovuto inviare il bonifico a fine aprile alla controllante irlandese della Silk e da lì i denari avrebbero dovuto giungere ai primi di maggio sui conti correnti della controllata italiana. Quei soldi sarebbero dovuti servire all’acquisto dei terreni della frazione Gavassa, ma il rogito non è ancora stato firmato. A maggio nostre fonti avevano saputo che alcuni manager della Silk sostenevano che il fondo Kia fosse disponibile a inviare una lettera alle istituzioni locali per formalizzare il proprio impegno finanziario oltre a confermare che il versamento sarebbe dovuto avvenire entro fine maggio.Sull’esistenza di questa missiva non abbiamo ottenuto conferme.
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