
Con la Germania capofila, l’Ue minaccia di togliere il diritto di voto all’Ungheria. Ha forse violato le regole dell’Unione sul bilancio come fanno i tedeschi? No, Budapest vieta la propaganda gender a scuola, in tv e nelle piazze. Legittimo, ma a 20 Paesi non piace.
L’Europa è impegnata a difendere la democrazia in Ucraina e nel mondo. Però se la democrazia va nella direzione ostinata e contraria che non piace a Bruxelles, all’improvviso non è più da difendere ma soltanto da vietare: con le buone o con le cattive. Lo si è visto quando si è votato in Romania per il presidente della Repubblica, dove la Ue aveva minacciato di intervenire per impedire che il candidato di destra venisse eletto (poi ci ha pensato la Corte costituzionale di Bucarest a farlo fuori). Ma anche in Germania quando, prima che gli 007 di Berlino indagassero su Afd, l’ex commissario Thierry Breton - con una frase volutamente intimidatoria - aveva lasciato intendere che in caso di vittoria del partito guidato da Alice Weidel, l’Unione non sarebbe rimasta con le mani in mano. Avrebbe usato tutti gli strumenti a sua disposizione per ricondurre i tedeschi a più miti consigli.
Non c’era dunque bisogno di un’ulteriore dimostrazione del fatto che la democrazia in Europa è in libertà vigilata e può esistere solo se dà ragione ai vertici della Ue. Tuttavia, alcuni Paesi con la Germania in testa, hanno deciso con un giro di vite di fornirci nuove prove dell’esistenza di quella che i progressisti chiamerebbero democrazia illiberale o, se preferite, autoritaria. Ad anticipare il nuovo corso di Bruxelles è stato ieri il ministro per l’Europa della Germania, Gunther Krichbaum, il quale arrivando al Consiglio degli affari generali della Ue si è lasciato andare ad alcune considerazioni sull’Ungheria. «Nessuno può rimproverarci di non avere avuto pazienza, ma è arrivato il momento di riflettere su come andare avanti e affrontare il nocciolo della questione». In pratica, l’esponente del partito di Friedrich Merz minaccia di privare Budapest del diritto di voto. «Non vogliamo lasciare nulla di intentato», ha dichiarato il democraticissimo Krichbaum, «per questo cercheremo ancora una volta il dialogo. Ma dobbiamo anche riconoscere che ogni pazienza ha un limite. Perché qui non si tratta di una questione banale: si tratta dei diritti dei cittadini».
Eh, già: la Germania, insieme con altri Paesi, non sta ammonendo l’Ungheria perché non rispetta le regole di bilancio. No, quello lo possono fare i tedeschi quando è nel loro interesse, come è accaduto con il surplus di bilancio. Quanto alle famose regole sul deficit e sul debito pubblico, valgono solo per gli altri Stati, in quanto se a Berlino conviene cambiare, si cancellano le regole e ciò che prima era un comandamento inviolabile all’improvviso viene derubricato a peccatuccio veniale, su cui non è opportuno discutere. E allora qual è il problema? Il nocciolo della questione - per restare all’espressione usata da Krichbaum - è il disegno di legge approvato dal Parlamento ungherese a tutela dei diritti dei bambini, che vieta la propaganda gender a scuola, ma anche le campagne pubblicitarie in favore delle comunità Lgbtq+ o di sensibilizzazione su temi come il cambio di sesso e l’omosessualità. In pratica, si proibisce la diffusione di programmi televisivi e altri contenuti simili, a scuola e nei contesti pubblici frequentati dai minori di 18 anni. Beh, che c’è di antidemocratico? Il Parlamento è sovrano e così come può negare il diritto a pubblicizzare fra i minori il consumo di droga, credo che possa stabilire dei paletti per evitare che a scuola, o nelle ore di maggior ascolto dei programmi tv, si faccia propaganda a favore di ciò che - in maniera molto asettica per renderla meno traumatica - chiamano riassegnazione di genere. Semmai di poco sopportabile, in un’Europa che si dice democratica, è la pretesa di costringere gli ungheresi a cambiare le proprie leggi. Il ministro degli Affari europei della Danimarca, sull’onda di ciò che ha sostenuto il collega tedesco, dice che la Ue si muove in difesa dei valori e dei diritti fondamentali dell’Europa «perché è su questo che si fonda l’Unione». Premesso che l’Europa non si fonda su valori e principi condivisi in quanto non ha una Costituzione propria, ma assume quelle dei Paesi che vi hanno aderito e dunque anche quella dell’Ungheria, ciò che colpisce è che in difesa della democrazia si minaccino decisioni antidemocratiche, come l’abolizione del diritto di voto. In pratica, se Budapest non si adegua a ciò che desidera Bruxelles, la si priva di esprimere le proprie decisioni a livello europeo. Un po’ come cancellare la volontà di un parlamentare che non si adegua alle direttive imposte dall’alto. Ovviamente, oggi a essere colpito è il Paese guidato da Viktor Orbán, ma domani potrebbe essere un altro e magari questioni che riguardano temi etici. Ma chi decide quali sono i valori e i principi da difendere? I funzionari di Bruxelles? La maggioranza politica del momento? La verità è che in un’Europa che non ha una carta dei diritti, la sola cosa che avanza è l’abuso del diritto. E lo chiamano democrazia.