
Bibi Netanyahu nel Golan: «La risposta a Hezbollah sarà dura». Evacuate aree nel Libano del Sud. Arrestati 9 soldati dell’Idf per abusi su un palestinese. Ira dell’ultradestra.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato ieri mattina nel Golan, dove sabato scorso un missile lanciato dagli Hezbollah è caduto su un campo da calcio, causando la morte di 12 bambini e adolescenti. Il premier ha garantito che ci sarà la risposta di Israele: «Questi bambini sono i nostri figli, lo Stato di Israele non lascerà passare questo. La nostra risposta arriverà e sarà severa» tuttavia, è stato contestato da una folla di residenti drusi vestiti di nero che si è riunita davanti al campo da calcio colpito, mentre Netanyahu era in visita con i leader locali. Al suo ritorno, l’ufficio del premier, in risposta alla denuncia di Hamas che ha accusato Netanyahu di ritardare l’intesa, ha risposto che «A impedire l’accordo per Gaza è la leadership di Hamas. Israele non ha modificato né aggiunto alcuna condizione nello schema. Al contrario, fino a questo momento Hamas è stata quella che ha chiesto 29 modifiche». Il gabinetto di sicurezza israeliano ha autorizzato il ministro della Difesa a decidere quando e come reagire al mortale attacco missilistico di sabato. Come e quando reagirà Israele? Nessuno lo sa, tuttavia, sono in corso febbrili attività diplomatiche per contenere la reazione israeliana. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib. Domenica, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha promesso che Israele «colpirà duramente il nemico», dopo il lancio di razzi dal Libano. In un’intervista con la tv locale Al-Jadeed, Bou Habib ha affermato che Stati Uniti, Francia e altri stanno cercando di limitare l’escalation. «Israele agirà in modo contenuto e Hezbollah risponderà in maniera altrettanto moderata. Queste sono le rassicurazioni che abbiamo ricevuto», ha detto Bou Habib. Anche il primo ministro libanese Najib Mikati ha dichiarato che «sono in corso trattative con parti internazionali, europee e arabe per proteggere il Libano e prevenire i pericoli». Il portavoce degli Hezbollah, Jaafar Husseini, ha lanciato una minaccia a Israele, affermando che, se dovesse tentare di alterare la situazione, «le nuove regole di ingaggio si ritorceranno contro di lui. Se l’entità sionista avrà il coraggio di intensificare le operazioni su entrambi i fronti, le nuove regole di ingaggio non saranno a suo favore e qualsiasi operazione israeliana non sarà nell’interesse del suo malvagio sponsor: gli Stati Uniti», ha dichiarato, come riportato dal Jerusalem Post che cita emittenti arabe. In questo contesto sono arrivate le nuove minacce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha parlato della possibilità (peraltro surreale in quanto la Turchia è membro della Nato) di un’invasione di Israele in risposta all’operazione dell’Idf a Gaza: «Dobbiamo mostrarci forti affinché Israele non possa agire in questo modo nei confronti dei palestinesi. Come abbiamo fatto in Karabakh e in Libia, possiamo fare lo stesso con loro», ha dichiarato durante un intervento trasmesso in televisione. Pronta la risposta del ministro degli Esteri Israel Katz su X: «Erdogan sta seguendo le orme di Saddam minacciando di attaccare Israele. Dovrebbe ricordare cosa è successo in Iraq e come è finita»; sotto il suo commento ci sono i volti del presidente turco e quello di un quasi irriconoscibile Saddam Hussein il giorno della sua cattura. La giornata di ieri è stata caratterizzata da quanto accaduto in un centro di detenzione nella base militare di Sde Teiman (sud di Israele) dove gli investigatori della polizia militare hanno fatto irruzione per arrestare dieci soldati sospettati di aver maltrattato gravemente e abusato di un detenuto palestinese accusato di terrorismo. L’Idf ha affermato che l’indagine della polizia militare sui presunti abusi gravi è stata aperta su ordine dell’avvocato generale militare, il maggiore generale Yifat Tomer-Yerushalmi. La struttura di Sde Teiman è da tempo nel mirino dell’Associazione per i Diritti civili in Israele che ha presentato una petizione all’Alta Corte di Giustizia, chiedendo di ordinare allo Stato la chiusura dopo che negli ultimi mesi sono emerse segnalazioni di abusi all’interno della struttura. Le immagini e i video che circolano sulla rete mostrano che si è sviluppata una vivace discussione tra i soldati e gli investigatori della polizia militare, ma il peggio è arrivato quando il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir (che non ha alcuna autorità sulla polizia militare), e altri membri del suo partito di estrema destra Otzma Yehudit, hanno annunciato la loro volontà di recarsi nella struttura nel sud di Israele per protestare contro la detenzione dei soldati. «È semplicemente vergognoso vedere ufficiali della polizia militare venire ad arrestare i nostri migliori eroi a Sde Teiman», ha dichiarato Ben Gvir, il cui ministero sovraintende la polizia israeliana e il Servizio carcerario israeliano. Subito dopo altri politici di estrema destra hanno esortato i loro sostenitori a recarsi a protestare presso il centro di detenzione dove erano stati portati i soldati. Numerosi legislatori e attivisti di estrema destra, incluso il parlamentare Zvi Succot del partito ultranazionalista sionista religioso, hanno fatto irruzione nella base durante le accese manifestazioni all’esterno. Anche il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha deplorato gli arresti dei soldati, dichiarando in un videomessaggio: «I soldati dell’Idf meritano rispetto e non devono essere considerati criminali». Mentre scriviamo il presidente israeliano Isaac Herzog su X si è detto certo che i soldati dimostreranno la loro estraneità ai fatti ma ha condannato i disordini: «L’irruzione in una base militare da parte di civili, e certamente quando avviene con l’incoraggiamento e il coinvolgimento di funzionari eletti, è un atto grave, pericoloso, illegale e irresponsabile, che prima di tutto danneggia noi come popolo e come Paese».
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






