2018-11-27
Ecco gli «zero virgola» da limare in manovra
Matteo Salvini apre: «Se è l'unico modo per ottenere il via da Bruxelles va bene, così non hanno più alibi». Durante il vertice notturno Giuseppe Conte, Giovanni Tria e i vicepremier studiano come risparmiare: uscite scaglionate per quota 100 e reddito spalmato anche sulle imprese.Il presidente della Bce conferma: «A dicembre stop al Qe». Ma ribadisce «nuovi stimoli monetari» per alzare l'inflazione.Lo speciale contiene due articoli.Colpite nei sentimenti più cari (spread giù, primi segnali di distensione tra Roma e Bruxelles, narrazione del «baratro imminente» via via meno credibile, a maggior ragione dopo un cenno di ottimismo dello stesso Mario Draghi sulla possibile intesa tra Italia e Ue), le opposizioni e i mainstream media hanno dovuto ripiegare sul loro «piano b», declinato con due diverse sfumature: «Il governo sta cedendo» oppure «il governo si prepara a un trucco contabile». Ma è davvero così? Proviamo a mettere un po' d'ordine.Da 36 ore, il primo a interpretare la nuova fase è stato Matteo Salvini, che ieri, intervistato dal Gr Rai, ha ribadito il concetto: «Se a Bruxelles pensano di tenere in ostaggio 60 milioni di italiani su uno zero virgola, siamo disponibilissimi a togliergli qualunque alibi». Insomma, nessuno vuole morire per uno 0,2: se si tratterà di passare da un deficit del 2,4 a uno del 2,2, non sarà un motivo per strapparsi i capelli. Anche perché (vale la pena di ricordarlo) il punto di partenza era uno striminzito 0,8%. Insomma, di strada se ne sarebbe fatta parecchia, anche se alla fine ci si fermasse al 2,2. E come avverrebbe questa rimodulazione? Cominciamo dalla forma. E' stato lo stesso Salvini a indicarla, facendo riferimento all'iter parlamentare di approvazione della manovra: «Siccome siamo una Repubblica parlamentare, se il Parlamento apporterà modifiche, nessuno potrà dir nulla. Sarebbe auspicabile che, prima di promuovere o bocciare, si aspettasse la manovra come il Parlamento l'approverà». Due messaggi in un colpo solo: disponibilità a usare gli emendamenti (o un maxiemendamento governativo) per introdurre le correzioni, ma Bruxelles non prenda provvedimenti mentre l'iter della legge di bilancio è ancora in corso. Chiarita la forma, passiamo alla sostanza. A quanto ammonterebbe uno 0,2%? Si tratterebbe di 3,3-3,4 miliardi. E che potrebbe succedere? Almeno quattro cose, o un mix di queste soluzioni, con riferimento alle due misure più impegnative: reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni. La prima ipotesi (ed è ciò che La Verità ha già scritto una dozzina di volte, in epoca non sospetta, da almeno due mesi) è uno slittamento in avanti (nel corso del 2019) del momento in cui scatterà il reddito di cittadinanza. Inutile girarci intorno: ai grillini interessa che ciò avvenga prima delle elezioni europee, programmate per il 26 maggio, quindi una partenza a fine aprile andrebbe bene.La seconda è un'intelligente proposta leghista. Per ciò che riguarda quota 100, lo stanziamento di 7 miliardi sarebbe assolutamente sovradimensionato. Basterebbe cioè molto meno per la revisione della Fornero, in particolare grazie al meccanismo delle finestre per razionalizzare i flussi dei lavoratori in uscita. Per ciò che riguarda invece il reddito di cittadinanza, il Carroccio sta cercando di far ragionare il M5s su questo schema: premesso che il percettore del sussidio dovrebbe sanare le sue eventuali posizioni debitorie verso la Pa, una volta ricevuta e accettata l'offerta di lavoro, la misura si trasformerebbe da intervento assistenziale a incentivo per alleggerire il cuneo fiscale sull'azienda che lo assume, praticamente una detassazione. In un colpo solo, si risparmierebbe e si renderebbe la misura più presentabile e seria. La terza possibilità è quella di non rinunciare alle risorse così risparmiate, ma di dirottarle sugli investimenti. La quarta, ancora più forte (e assai auspicabile, come questo giornale ha più volte scritto), sarebbe cogliere l'occasione per rivedere ancora di più il dosaggio delle risorse, e allargare non solo lo spazio degli investimenti, ma pure quello dei tagli di tasse, oggi francamente molto sacrificati. Recandosi al vertice serale di maggioranza, ieri il vicepremier Salvini sulla possibilità di scendere sotto la soglia del 2,4% del deficit/Pil ha detto: «Se questo è l'unico modo per ottenere il via libera alla manovra io così gli tolgo un alibi e se continuano a dire di no significa che è un “no" pregiudiziale. Così usciamo dalla trincea». Concetto ribadito da Di Maio quando si è riferito alla necessità che la manovra arrivi in Parlamento «che è sovrano, e l'unico che potrà innovarla e modificarla». L'ottimismo contagia la Borsa che ha chiuso a +2,7% con spread a 290. Ieri il Telegraph ospitava un commento preoccupato di Roger Bootle (che guida una delle più note società di analisi macroeconomica, Capital Economics). Il ragionamento di Bootle parte dai dati oggettivamente straordinari dell'economia Usa, poi però si fa meno ottimistico. Ad avviso di Bootle, i fattori che hanno determinato la crescita statunitense (i megatagli di tasse e i forti investimenti) sono per definizione soggetti all'incertezza politica. In altre parole, potrebbero non essere confermati a causa della nuova situazione parlamentare scaturita dalle elezioni di midterm. Morale: per Bootle potrebbe verificarsi un rallentamento americano nel 2019-2020, con - a cascata - un riverbero negativo sull'Europa. E qui arriva la conclusione poco rassicurante di Bootle sull'Italia: «Se già vieni da 20 anni di quasi stagnazione» e ora devi ipoteticamente fare i conti «con un rallentamento globale, può essere la goccia che fa traboccare il vaso, ammesso che in Italia il vaso non sia già traboccato». Attenzione: Bootle e il Telegraph non sono né nemici dell'Italia né amici dell'austerity Ue. Quindi questo allarme dovrebbe incoraggiare e spronare proprio le componenti sviluppiste e pro crescita della maggioranza. Sul fronte più politico, ieri il governo ha stoppato la discussione alla Camera ponendo la questione di fiducia sul dl sicurezza. Oggi pomeriggio via alla discussione, voto finale in serata o al più tardi domattina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ecco-gli-zero-virgola-da-limare-in-manovra-2621577116.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="draghi-fa-capire-di-nuovo-che-non-ha-intenzione-di-chiudere-il-portafogli" data-post-id="2621577116" data-published-at="1758065843" data-use-pagination="False"> Draghi fa capire di nuovo che non ha intenzione di chiudere il portafogli Quella di ieri al Parlamento europeo è stata quasi una maratona per il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi. Intervenuto nel primo pomeriggio in audizione di fronte ai membri della Commissione Affari economici e monetari (Econ), il numero uno dell'Eurotower si è quindi reso disponibile a un lungo botta e risposta con gli eurodeputati per poi trattenersi, sempre nella stessa sede, in veste di presidente dell'European systemic risk board. Un'occasione per decifrare eventuali importanti segnali in vista del Board della Bce, previsto per il prossimo 13 dicembre. La parola più chiara il governatore l'ha pronunciata sul quantitative easing, confermando la volontà già espressa lo scorso giugno di terminare il massiccio programma di acquisto titoli lanciato da Francoforte nel 2015. Tuttavia, ha aggiunto Draghi, «per assicurare che l'inflazione continui a procedere verso il nostro obiettivo in modo sostenuto, sarà mantenuto un grado significativo di stimolo monetario anche dopo la fine degli acquisti degli asset», che resta fissata a dicembre. Come ha intenzione di realizzare questo stimolo, in realtà, il capo della Bce non l'ha specificato, però ha aggiunto che «le incertezze chiedono pazienza, prudenza e persistenza nel calibrare la nostra politica monetaria», quindi uno «stimolo significativo è ancora richiesto». Le voci intorno alla partenza di un nuovo programma di Tltro (ovvero finanziamenti di durata massima quadriennale agli istituti di credito per stimolare il sistema bancario), non sono state né confermate né smentite. Durante il dibattito, inoltre, Draghi ha specificato che in effetti la politica monetaria rimarrà «straordinariamente accomodante», ma ciò avverrà per via della combinazione dei reinvestimenti e della politica di tassi bassi. Sembra che nemmeno l'andamento negativo dell'economia tedesca (il terzo trimestre 2018 ha chiuso a -0,2%) abbia convinto il governatore a fare un passo indietro sullo smantellamento del Qe. È vero, infatti, che la crescita economica dell'eurozona ha mostrato una «perdita di slancio» nel penultimo quarto dell'anno, dovuta anche a fattori globali come l'indebolimento del commercio, ma «una parte di questo rallentamento potrebbe anche risultare temporanea». Porta socchiusa sul Tltro a parte, dalla giornata di ieri l'Italia esce a mani vuote. Se da un lato il governatore riconosce che tra Bruxelles e il governo italiano «è in corso un dialogo, un accordo può essere raggiunto e non è opportuno commentare la situazione adesso», d'altro canto non si stanca di ripetere quello che «la Bce ha sempre detto, e cioè che i Paesi con un debito elevato devono ridurlo, perché riducendo il debito si rinforzano». Per il resto, pur omettendo riferimenti diretti, in più di un passaggio il destinatario dell'interlocuzione appare piuttosto chiaro. Le «politiche insostenibili possono portare all'austerità, mettendo a rischio la coesione dell'unione monetaria», ha spiegato il governatore. I rischi per l'eurozona, ha poi aggiunto, «passano attraverso i canali finanziari, la fiducia e commerciali e possono diffondersi in altri ppaesi che hanno fragilità simili o forti connessioni con il Paese dal quale il rischio è derivato». Auspicando in futuro il rafforzamento dell'unione monetaria, Draghi ha dunque affermato che «un sistema efficace di coordinamento delle politiche è vitale per promuovere politiche nazionali equilibrate, riducendo le fonti interne degli shock e aumentando la capacità di assorbimento: ecco perché occorre promuovere politiche di bilancio ed economiche equilibrate, ecco perché occorre riaccendere la fedeltà alle nostre regole comuni e assicurare che siano rispettate». Draghi, infine, è intervenuto anche sul tema dei crediti deteriorati, vero e proprio cavallo di battaglia della Vigilanza bancaria. «Non penso identificare dei livelli assoluti a cui far scendere gli Npl sia la strada migliore da seguire», ha spiegato, «penso che la strada migliore sia quella seguita dal Meccanismo di vigilanza unico, cioè identificare delle attese di riduzione dell'esposizione e dialogare con ogni singola banca sull'obiettivo».